Tre lavoratori della Vinyls di Porto Marghera hanno protestato per sette ore: non percepiscono lo stipendio da 5 mesi. Solidarietà dal sindaco della città lagunare. Intanto anche in Basilicata in quattro salgono su una ciminiera per protestare
E' durata sette ore la protesta degli operai della Vinyls di Marghera che hanno abbandonato il campanile di San Marco a Venezia dove erano saliti in tre giovedì 4 ottobre. Con il gruppetto di lavoratori sono rimasti fino all'ultimo, sulla cella campanaria a circa 50 metri d'altezza dal suolo, alcuni agenti della Digos di Venezia, i quali hanno anche rifocillato i tre operai portando loro alcune pizze. La protesta si è conclusa quindi pacificamente ed ora i lavoratori della Vinyls attendono con apprensione l'incontro che il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, avrà venerdì 5 con un istituto di credito per cercare di sbloccare intanto gli anticipi delle mensilità arretrate
Da cinque mesi senza stipendio - Per la seconda volta in 15 anni "il paron di casa", come affettuosamente i veneziani chiamano il campanile, è stato utilizzato come megafono per una iniziativa eclatante. Nel maggio 1997 ad occuparlo fu una pattuglia di venetisti, con tanto di 'tanko' armato, che vi issarono la bandiera del leone di San Marco. Oggi a campeggiare dalla cima dell'edificio è stato un lenzuolo bianco sul quale i manifestanti hanno scritto tutta la loro rabbia: "Vinyls la vergogna". Rabbia per un futuro che appare giorno dopo giorno sempre più incerto, dopo il naufragare delle ipotesi di acquisto (l'ultima dell'oleificio Medio Piave di Fontanelle di Treviso) e per la mancata corresponsione degli stipendi. "E' una vergogna che va avanti da tre anni - racconta Nicoletta Zago, la 'pasionaria' e unica donna del gruppo - Sono 5 mesi che non percepiamo né cassa integrazione né stipendio ma andiamo lo stesso a lavorare. Siamo in cassa integrazione dal 2009 e nessuno ci dice come stanno le cose". La stessa disperazione nelle parole di Lucio Sabbadin. "Abbiamo scelto il campanile di San Marco perché è chiamato 'il paron di Venezia' - spiega - come sono padroni i commissari che ci hanno portato a questo punto".
Il sindaco di Venezia sale per parlare con gli operai - Attenderanno nel silenzio della notte veneziana qualche segnale che indichi un cambio di rotta per il loro futuro lavorativo. Una luce di speranza è nel frattempo arrivato dalla conferma che il ministero dello sviluppo economico affronterà la questione Vinyls il 16 ottobre in un incontro con azienda e sindacati. Per tamponare nel frattempo la difficile situazione economica delle famiglie dei lavoratori ha promesso un interessamento personale anche il sindaco Giorgio Orsoni, che è voluto salire in cima al campanile per parlare con i manifestanti. Domani incontrera' i vertici della Cassa di Risparmio di Venezia per tentare di sbloccare almeno gli stipendi.
Protesta anche in Basilicata - Intanto anche in Basilicata quattro lavoratori sono saliti sulla ciminiera della centrale a biomasse del Mercure, in provincia di Potenza. L'impianto è fermo perché il consiglio di Stato ha bloccato la riconversione dell'impianto che originariamente funzionava ad oli combustibili. La centrale del Mercure e' al centro della battaglia degli ambientalisti perche' avrebbe un impatto negativo sull'ambiente, mentre i sostenitori asseriscono che l'inquinamento e' pari a quello di duemila caminetti accesi.
Il futuro dei duecento lavoratori è, dunque, appeso ad un filo, cosa che ha scatenato la protesta. I quattro dipendenti sono decisi a restare sulla torre, a cinquanta metri d'altezza, se non avranno garanzie che l'impianto possa tornare a funzionare.
Da cinque mesi senza stipendio - Per la seconda volta in 15 anni "il paron di casa", come affettuosamente i veneziani chiamano il campanile, è stato utilizzato come megafono per una iniziativa eclatante. Nel maggio 1997 ad occuparlo fu una pattuglia di venetisti, con tanto di 'tanko' armato, che vi issarono la bandiera del leone di San Marco. Oggi a campeggiare dalla cima dell'edificio è stato un lenzuolo bianco sul quale i manifestanti hanno scritto tutta la loro rabbia: "Vinyls la vergogna". Rabbia per un futuro che appare giorno dopo giorno sempre più incerto, dopo il naufragare delle ipotesi di acquisto (l'ultima dell'oleificio Medio Piave di Fontanelle di Treviso) e per la mancata corresponsione degli stipendi. "E' una vergogna che va avanti da tre anni - racconta Nicoletta Zago, la 'pasionaria' e unica donna del gruppo - Sono 5 mesi che non percepiamo né cassa integrazione né stipendio ma andiamo lo stesso a lavorare. Siamo in cassa integrazione dal 2009 e nessuno ci dice come stanno le cose". La stessa disperazione nelle parole di Lucio Sabbadin. "Abbiamo scelto il campanile di San Marco perché è chiamato 'il paron di Venezia' - spiega - come sono padroni i commissari che ci hanno portato a questo punto".
Il sindaco di Venezia sale per parlare con gli operai - Attenderanno nel silenzio della notte veneziana qualche segnale che indichi un cambio di rotta per il loro futuro lavorativo. Una luce di speranza è nel frattempo arrivato dalla conferma che il ministero dello sviluppo economico affronterà la questione Vinyls il 16 ottobre in un incontro con azienda e sindacati. Per tamponare nel frattempo la difficile situazione economica delle famiglie dei lavoratori ha promesso un interessamento personale anche il sindaco Giorgio Orsoni, che è voluto salire in cima al campanile per parlare con i manifestanti. Domani incontrera' i vertici della Cassa di Risparmio di Venezia per tentare di sbloccare almeno gli stipendi.
Protesta anche in Basilicata - Intanto anche in Basilicata quattro lavoratori sono saliti sulla ciminiera della centrale a biomasse del Mercure, in provincia di Potenza. L'impianto è fermo perché il consiglio di Stato ha bloccato la riconversione dell'impianto che originariamente funzionava ad oli combustibili. La centrale del Mercure e' al centro della battaglia degli ambientalisti perche' avrebbe un impatto negativo sull'ambiente, mentre i sostenitori asseriscono che l'inquinamento e' pari a quello di duemila caminetti accesi.
Il futuro dei duecento lavoratori è, dunque, appeso ad un filo, cosa che ha scatenato la protesta. I quattro dipendenti sono decisi a restare sulla torre, a cinquanta metri d'altezza, se non avranno garanzie che l'impianto possa tornare a funzionare.