Il gip boccia il piano dell'Ilva. E la protesta continua
CronacaMentre il Tribunale dice no al progetto di risanamento, i sindacati annunciano lo sciopero e gli operai restano sull'altoforno a 60 metri di altezza. Ferrante: "Mantenere i nervi saldi"
"Noi non scendiamo. Abbiamo figli, abbiamo mutui da pagare. Siamo disposti a tutto". I lavoratori che dalla sera di martedì 25 settembre sono sulla 'torre' dell'AFO 5, a circa 70 metri di altezza, e quelli che dalla mattina del 26, in nove, si sono incatenati sul camino E312, quello incriminato perché sputa veleno, rifiutando cibo e acqua, vogliono che la loro fabbrica non chiuda.
"L'Ilva deve vivere. Il mercato c'è. L'Ilva è competitiva a livello nazionale e internazionale. Occorre uno sforzo da parte di tutti per rendere gli impianti ecocompatibili, ma senza spegnerli": questo chiedono le tute blu e i tecnici dell'impianto mai così tanto amato e tanto odiato a Taranto.
Dà lavoro, ma fa male alla salute.
La decisione del gip che ha detto no al piano dell'azienda di interventi immediati per il risanamento degli impianti inquinanti e un no secco anche al mantenimento minimo di produzione chiesto dall'Ilva non è giunta inaspettata. In fabbrica l'esasperazione la si può toccare con mano già da giorni. Fim e Uilm hanno indetto due giorni di sciopero: da giovedì 27 alle 9 e fino alle 7 di sabato 29. Ci saranno blocchi stradali, probabilmente saranno interessate le statali 100 e 106 ionica. Intanto serata alcuni operai - ha fatto sapere la Uilm - sono saliti sulla ciminiera dell'agglomerato.
"Arrestare la produzione vuol dire spegnere le speranze ed il futuro dei lavoratori", hanno fatto scrivere su un volantino i segretari provinciali delle due sigle sindacali, Mimmo Panarelli e Antonio Talò.
In azienda - assicurano - "c'è un forte clima di tensione tra i dipendenti che vedono a serio rischio la tutela del proprio posto di lavoro".
Ci saranno ripercussioni ora per i livelli occupazionali? Bruno Ferrante, il presidente dell'azienda, applaudito dagli operai al suo ingresso in fabbrica, dice di no: "Noi avevamo previsto il fermo dell'altoforno 1 senza ripercussioni sui livelli occupazionali". "Naturalmente però - avvisa - se ci verrà chiesto di intervenire sull'altoforno 5 lo scenario cambierà completamente ma cambierà completamente non soltanto per noi". Il momento - ammette - "è molto difficile, dobbiamo mantenere i nervi saldi". Lo sciopero? "E' un legittimo diritto dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali", dice il patron. L'Ilva è disposta a fare di più? L'impegno dei 400 milioni, secondo Ferrante, non è stato capito: "Era solo l'inizio del piano di investimenti", dice. "Al di là di quelli previsti dal nostro piano - aggiunge - ce ne sono altri molto più importanti che sono collegati alla applicazione in Italia delle direttive europee non ancora applicate nel nostro Paese che entreranno in vigore nel 2016 e che noi abbiamo detto che vogliamo applicare subito, nel 2012".
L'Ilva, insomma, ribadisce che vuole certezze normative prima di aprire in maniera piu' cospicua il portafoglio.
"L'Ilva deve vivere. Il mercato c'è. L'Ilva è competitiva a livello nazionale e internazionale. Occorre uno sforzo da parte di tutti per rendere gli impianti ecocompatibili, ma senza spegnerli": questo chiedono le tute blu e i tecnici dell'impianto mai così tanto amato e tanto odiato a Taranto.
Dà lavoro, ma fa male alla salute.
La decisione del gip che ha detto no al piano dell'azienda di interventi immediati per il risanamento degli impianti inquinanti e un no secco anche al mantenimento minimo di produzione chiesto dall'Ilva non è giunta inaspettata. In fabbrica l'esasperazione la si può toccare con mano già da giorni. Fim e Uilm hanno indetto due giorni di sciopero: da giovedì 27 alle 9 e fino alle 7 di sabato 29. Ci saranno blocchi stradali, probabilmente saranno interessate le statali 100 e 106 ionica. Intanto serata alcuni operai - ha fatto sapere la Uilm - sono saliti sulla ciminiera dell'agglomerato.
"Arrestare la produzione vuol dire spegnere le speranze ed il futuro dei lavoratori", hanno fatto scrivere su un volantino i segretari provinciali delle due sigle sindacali, Mimmo Panarelli e Antonio Talò.
In azienda - assicurano - "c'è un forte clima di tensione tra i dipendenti che vedono a serio rischio la tutela del proprio posto di lavoro".
Ci saranno ripercussioni ora per i livelli occupazionali? Bruno Ferrante, il presidente dell'azienda, applaudito dagli operai al suo ingresso in fabbrica, dice di no: "Noi avevamo previsto il fermo dell'altoforno 1 senza ripercussioni sui livelli occupazionali". "Naturalmente però - avvisa - se ci verrà chiesto di intervenire sull'altoforno 5 lo scenario cambierà completamente ma cambierà completamente non soltanto per noi". Il momento - ammette - "è molto difficile, dobbiamo mantenere i nervi saldi". Lo sciopero? "E' un legittimo diritto dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali", dice il patron. L'Ilva è disposta a fare di più? L'impegno dei 400 milioni, secondo Ferrante, non è stato capito: "Era solo l'inizio del piano di investimenti", dice. "Al di là di quelli previsti dal nostro piano - aggiunge - ce ne sono altri molto più importanti che sono collegati alla applicazione in Italia delle direttive europee non ancora applicate nel nostro Paese che entreranno in vigore nel 2016 e che noi abbiamo detto che vogliamo applicare subito, nel 2012".
L'Ilva, insomma, ribadisce che vuole certezze normative prima di aprire in maniera piu' cospicua il portafoglio.