‘Ndrangheta, estorsioni sui lavori dell’A3: 6 arresti

Cronaca

In manette anche tre operai, impegnati nell’opera di ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, affiliati alla cosca Nasone-Gaietti. Ricattavano, con furti e danni, i titolari delle imprese obbligandoli a nuove assunzioni o a pagare il pizzo

L'ombra della 'ndrangheta sui lavori di ammodernamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito due ordinanze di Custodia Cautelare in Carcere, emesse dal gip del locale Tribunale, nei confronti di sei presunti affiliati alla cosca 'Nasone -Gaietti', operante nel territorio di Scilla (Reggio Calabria), indagati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione e furto aggravati dall'aver favorito un sodalizio di tipo mafioso. Al centro dell'indagine, la "capillare pressione estorsiva" esercitata dalla cosca su imprenditori e commercianti locali, con particolari interessi delle famiglie mafiose sugli importanti appalti dei lavori dell'Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, con furti e danneggiamenti sul territorio per imporre la forza intimidatrice della 'ndrangheta.

Particolarmente preziosa per lo sviluppo delle indagini, spiegano gli inquirenti, è stata la decisione coraggiosa da parte di alcuni imprenditori di non sottostare al giogo mafioso e di denunciare le arroganti richieste estorsive, specie se si considera l'eccezionalità dell'evento in un territorio come quello reggino, caratterizzato dall'elevata pervasività della 'ndrangheta

Tra le persone arrestate ci sono anche tre operai accusati di essere collusi con la 'ndrangheta ed impegnati nei lavori di ammodernamento dell'autostrada A3. I tre, Francesco Alampi, Giuseppe Piccolo e Francesco Spano', insieme a Francesco Nasone, ritenuto elemento di spicco della cosca e già detenuto dopo l'operazione 'Alba di Scilla', sono accusati di estorsione e furto aggravati dall'aver favorito un sodalizio di tipo mafioso. Gli operai, che svolgevano anche funzioni di rappresentanza dei lavoratori dell'azienda, e Spano' ricopriva anche il ruolo di rappresentante sindacale, erano dipendenti della ditta Santa Trada che aveva vinto un subappalto dei lavori e, secondo l'accusa, estorcevano denaro alla ditta appaltante.

In particolare i tre sono accusati di avere rubato, nell'aprile scorso, materiale da lavoro e avere danneggiato un furgone della ditta. Quindi era seguita una richiesta di denaro per la restituzione del materiale e per mettere "a posto" il cantiere. Gli operai accusati di essere collusi, che secondo le indagini si muovevano sotto le direttive di Nasone, per l'accusa erano veri e propri grimaldelli che, agendo dall'interno, potevano muoversi liberamente sul cantiere, senza destare sospetti. Avvicinavano le vittime con le loro richieste che poi venivano riportate ai vertici dell'organizzazione, per concertare le modalità di intervento.

Con un secondo provvedimento sono stati arrestati Giuseppe Fulco, 41 anni, anche lui già detenuto dopo essere stato arrestato in flagranza di reato il primo giugno 2011, e sua madre Gioia Nasone, 68 anni, cui sono stati contestati l'associazione di tipo mafioso. Fulco, nipote diretto del defunto boss di Scilla Giuseppe Nasone, secondo l'accusa, si è più volte recato su un cantiere esigendo da un imprenditore 6.000 euro, pari al 3% dell'importo dei lavori, come condizione necessaria alla prosecuzione degli stessi. In questo caso, secondo l'accusa, la cosca ha esercitato la pressione con due danneggiamenti subiti dalla ditta nel cantiere Anas nel tratto Scilla-Favazzina sulla statale statale 18. La madre svolgeva secondo le indagini il ruolo di collante tra il figlio recluso ed i vertici del clan.

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