Un gruppo creato dal Comune di Milano e Atm sul social network si è trasformato in una community partecipata e ricca di proposte. Gli esperti apprezzano, ma avvertono: non si tratta di strumenti di consenso
di Raffaele Mastrolonardo
Quando l'utente Domenico Sannicandro ha chiesto un “progettino” che re-immaginasse Corso di Porta Romana ha raccolto 56 commenti che dibattevano sulla pericolosità del pavé e sull'estensione di piste ciclabili. Mentre l'allargamento di un marciapiede in Corso Indipendenza, segnalato da Massimo Moruzzi, ha dato vita a ben 180 interventi in cui ci si chiedeva dove sarebbero andate a sostare le automobili senza quegli spazi e si dibatteva sui pro e contro dei parcheggi sotterranei. Molto partecipata anche la discussione su come gli introiti dell'Area C vengono utilizzati e sulla necessità di rendere pubbliche queste informazioni. Oltre cento, invece, sono stati i contributi suscitati dal grafico pubblicato da Davide Davs: il confronto tra i dati di inquinamento nei primi 3 mesi del 2011 e del 2012 nella centralina di Via Senato ha innescato una discussione sul perché di alcuni picchi e sul peso delle automobili sulla qualità dell'aria rispetto al riscaldamento domestico.
Che Area C, l'iniziativa di contenimento del traffico nel centro storico di Milano attraverso l'introduzione di un pedaggio, avrebbe suscitato polemiche era tutto sommato prevedibile. Che i conflitti – che ancora esistono, a cominciare da un ricorso al Tar di alcuni residenti - avrebbero dato vita ad una comunità online vibrante dalla quale emergono idee e proposte, meno. Eppure il gruppo ufficiale di Area C aperto su Facebook dal Comune e da Atm, l'azienda locale dei trasporti pubblici, è proprio questo. Un luogo in cui le posizioni divergenti di automobilisti, pedoni e ciclisti (qualche centinaio) si confrontano e talvolta scontrano in un contesto civile e fanno avanzare la discussione pubblica sul provvedimento e sui temi della mobilità. Tanto che alcuni esperti giudicano l'esperienza come un esempio di un nuovo modello di partecipazione.
Argomenti - Per chi di studia il ruolo di Internet nelle politiche pubbliche quanto accade nel gruppo Facebook di Area C non è una sorpresa. “Le comunità online, se ben indirizzate e gestite, tendono ad autoregolarsi; col tempo il discorso diventa più argomentato e fattuale”, afferma Alberto Cottica, che si occupa di processi decisionali partecipati e alla comunità di Area C ha recentemente dedicato un'analisi elogiativa. Certo, non si tratta di pranzi di gala, come ha ricordato l'utente Emilio Balasso che ha parlato di “origini burrascose” della pagina. Ma quel che conta – insiste Cottica, autore del saggio Wikicrazia - è il risultato del processo. E per un'amministrazione un clima dialogante comporta un doppio vantaggio: da una parte si riduce il conflitto canalizzandolo in un luogo dove il Comune può dire la sua, dall'altra può sfruttare idee con cui altrimenti non entrerebbe in contatto. “C'è più intelligenza fuori da un'organizzazione, privata o pubblica, che dentro”, nota Cottica. Un esempio di questa osmosi si è dato nei primi giorni di entrata in vigore di Area C. Anche grazie alle segnalazioni arrivate dal gruppo, il Comune ha emesso un'ordinanza nella quale, tra le altre cose, si autorizzava l'accesso libero all'interno della zona a pedaggio anche a “motoveicoli e ciclomotori Euro 0 a quattro tempi”.
Contributi inattesi - Contaminazioni a parte, ciò che colpisce del gruppo ufficiale di Area C è la qualità dei contributi. Come per esempio quelli dell'utente Davide Davs, che si è preso la briga di farsi inviare dall'Arpa i dati sull'inquinamento e ha trovato il tempo per rielabolarli in grafici a beneficio della conversazione. Statistiche sul PM10 tra gennaio e marzo con raffronti con l'anno precedente e informazioni analoghe sul benzene che hanno innescato discussioni su fatti e non solo su opinioni, come invece spesso accade online. Insomma, visto dalla parte del Comune, chi crea una community trova un tesoro. O quasi. L'importante – avvertono coloro che seguono questi fenomeni - è non caricare gli strumenti di eccessive aspettative considerandoli, per esempio, bacchette magiche per il consenso. “Si tratta di ottimi mezzi per ascoltare - afferma Claudio Forghieri, fino a pochi mesi fa responsabile della rete civica del Comune di Modena e pioniere della partecipazione online - che servono molto meno a convincere le persone”. Anche perché esiste un problema di rappresentatività: in Italia chi usa Internet appartiene a fasce di popolazione ben definite. “Da noi – aggiunge Forghieri - un cittadino su due non naviga”. Il successo della community non va quindi letta come un plebiscito a favore dell'Area C.
Pro e contro Area C - Sull'Area C pende un ricorso al Tar (la decisione è prevista per ottobre) avanzato da un gruppo di residenti riuniti nel gruppo No Charge. Il movimento, a cui hanno aderito via email 2000 persone ha conquistato anche un certo seguito online, tra i contrari all'Area C ma non solo. "Riceviamo 6-7 email al giorno di residenti che hanno difficoltà nella relazione con l'amministrazione riguardo ad Area C: vengono rimbalzati dallo 020202 al numero verde e chiedono lumi a noi", spiega Luca Scalmana, portavoce dei No Charge. Intanto i commercianti all'interno della Cerchia dei Bastioni, che delimita la zona a pagamento, continuano la loro battaglia (anche se con alcuni distinguo). La decisione del Comune di Milano di istituire l'Area C, vale la pena ricordarlo, è arrivata comunque dopo un partecipato referendum consultivo. E gli esiti sono confortanti, secondo l'amministrazione: "I primi 52 giorni di Area C (dal 16 gennaio al 31 marzo 2012) il traffico in ingresso nel centro città è calato del 35,9% rispetto allo stesso periodo del 2011 con in media 49mila ingressi al giorno in meno (diminuzione totale: 2.548.000 ingressi)".
Baruffi: restare in ascolto - E allora, a che serve mettere in piedi un gruppo come quello dedicato ad Area C potrebbe chiedersi il politico a caccia di voti? “Innanzitutto costa poco – rassicura Forghieri – e poi è un mezzo incredibile per capire le prospettive dei portatori di interesse e rimodulare l'intervento dell'amministrazione”. Il che significa però, da parte dell'ente, assumere la prospettiva corretta e interpretare il proprio ruolo diversamente: meno persuasione e più ascolto, meno pubblicità e più gestione delle regole. "Le pubbliche amministrazioni devono capire che questa è la realtà in cui stare se si vuole governare in modo partecipato e condiviso", dice Maurizio Baruffi, capo di Gabinetto del sindaco Pisapia e grande sponsor della community su Facebook. "Si prendono le decisioni ma poi si resta in ascolto e si corregge dove è il caso".
Senza dimenticare che il nuovo posizionamento dell'amministrazione passa anche per scelte simboliche. “Abbiamo deciso di aprire un 'gruppo' e non una 'pagina' come di solito fanno le istituzioni su Facebbok per dare fin da subito un segnale”, afferma Marco Massarotto fondatore di Hagakure, società di comunicazione che per conto del Comune e di Atm gestisce la community. Insomma, il Comune si mette se non da parte, almeno un po' di lato. “Qui si tratta soprattutto di ascoltare e garantire lo svolgimento della discussione”, conclude Massarotto. Il resto, cioè quasi tutto, lo hanno fatto gli utenti, compreso – in alcuni casi – difendere la scelta della giunta. Il che, conclude Cottica, è un vantaggio non da poco per il Comune: “Il ruolo di arbitro è più appropriato per un'amministrazione rispetto a quello di parte in causa che deve 'vendere' una decisione: la toglie dalla mischia e lo mette in una condizione super-partes”.
Quando l'utente Domenico Sannicandro ha chiesto un “progettino” che re-immaginasse Corso di Porta Romana ha raccolto 56 commenti che dibattevano sulla pericolosità del pavé e sull'estensione di piste ciclabili. Mentre l'allargamento di un marciapiede in Corso Indipendenza, segnalato da Massimo Moruzzi, ha dato vita a ben 180 interventi in cui ci si chiedeva dove sarebbero andate a sostare le automobili senza quegli spazi e si dibatteva sui pro e contro dei parcheggi sotterranei. Molto partecipata anche la discussione su come gli introiti dell'Area C vengono utilizzati e sulla necessità di rendere pubbliche queste informazioni. Oltre cento, invece, sono stati i contributi suscitati dal grafico pubblicato da Davide Davs: il confronto tra i dati di inquinamento nei primi 3 mesi del 2011 e del 2012 nella centralina di Via Senato ha innescato una discussione sul perché di alcuni picchi e sul peso delle automobili sulla qualità dell'aria rispetto al riscaldamento domestico.
Che Area C, l'iniziativa di contenimento del traffico nel centro storico di Milano attraverso l'introduzione di un pedaggio, avrebbe suscitato polemiche era tutto sommato prevedibile. Che i conflitti – che ancora esistono, a cominciare da un ricorso al Tar di alcuni residenti - avrebbero dato vita ad una comunità online vibrante dalla quale emergono idee e proposte, meno. Eppure il gruppo ufficiale di Area C aperto su Facebook dal Comune e da Atm, l'azienda locale dei trasporti pubblici, è proprio questo. Un luogo in cui le posizioni divergenti di automobilisti, pedoni e ciclisti (qualche centinaio) si confrontano e talvolta scontrano in un contesto civile e fanno avanzare la discussione pubblica sul provvedimento e sui temi della mobilità. Tanto che alcuni esperti giudicano l'esperienza come un esempio di un nuovo modello di partecipazione.
Argomenti - Per chi di studia il ruolo di Internet nelle politiche pubbliche quanto accade nel gruppo Facebook di Area C non è una sorpresa. “Le comunità online, se ben indirizzate e gestite, tendono ad autoregolarsi; col tempo il discorso diventa più argomentato e fattuale”, afferma Alberto Cottica, che si occupa di processi decisionali partecipati e alla comunità di Area C ha recentemente dedicato un'analisi elogiativa. Certo, non si tratta di pranzi di gala, come ha ricordato l'utente Emilio Balasso che ha parlato di “origini burrascose” della pagina. Ma quel che conta – insiste Cottica, autore del saggio Wikicrazia - è il risultato del processo. E per un'amministrazione un clima dialogante comporta un doppio vantaggio: da una parte si riduce il conflitto canalizzandolo in un luogo dove il Comune può dire la sua, dall'altra può sfruttare idee con cui altrimenti non entrerebbe in contatto. “C'è più intelligenza fuori da un'organizzazione, privata o pubblica, che dentro”, nota Cottica. Un esempio di questa osmosi si è dato nei primi giorni di entrata in vigore di Area C. Anche grazie alle segnalazioni arrivate dal gruppo, il Comune ha emesso un'ordinanza nella quale, tra le altre cose, si autorizzava l'accesso libero all'interno della zona a pedaggio anche a “motoveicoli e ciclomotori Euro 0 a quattro tempi”.
Contributi inattesi - Contaminazioni a parte, ciò che colpisce del gruppo ufficiale di Area C è la qualità dei contributi. Come per esempio quelli dell'utente Davide Davs, che si è preso la briga di farsi inviare dall'Arpa i dati sull'inquinamento e ha trovato il tempo per rielabolarli in grafici a beneficio della conversazione. Statistiche sul PM10 tra gennaio e marzo con raffronti con l'anno precedente e informazioni analoghe sul benzene che hanno innescato discussioni su fatti e non solo su opinioni, come invece spesso accade online. Insomma, visto dalla parte del Comune, chi crea una community trova un tesoro. O quasi. L'importante – avvertono coloro che seguono questi fenomeni - è non caricare gli strumenti di eccessive aspettative considerandoli, per esempio, bacchette magiche per il consenso. “Si tratta di ottimi mezzi per ascoltare - afferma Claudio Forghieri, fino a pochi mesi fa responsabile della rete civica del Comune di Modena e pioniere della partecipazione online - che servono molto meno a convincere le persone”. Anche perché esiste un problema di rappresentatività: in Italia chi usa Internet appartiene a fasce di popolazione ben definite. “Da noi – aggiunge Forghieri - un cittadino su due non naviga”. Il successo della community non va quindi letta come un plebiscito a favore dell'Area C.
Pro e contro Area C - Sull'Area C pende un ricorso al Tar (la decisione è prevista per ottobre) avanzato da un gruppo di residenti riuniti nel gruppo No Charge. Il movimento, a cui hanno aderito via email 2000 persone ha conquistato anche un certo seguito online, tra i contrari all'Area C ma non solo. "Riceviamo 6-7 email al giorno di residenti che hanno difficoltà nella relazione con l'amministrazione riguardo ad Area C: vengono rimbalzati dallo 020202 al numero verde e chiedono lumi a noi", spiega Luca Scalmana, portavoce dei No Charge. Intanto i commercianti all'interno della Cerchia dei Bastioni, che delimita la zona a pagamento, continuano la loro battaglia (anche se con alcuni distinguo). La decisione del Comune di Milano di istituire l'Area C, vale la pena ricordarlo, è arrivata comunque dopo un partecipato referendum consultivo. E gli esiti sono confortanti, secondo l'amministrazione: "I primi 52 giorni di Area C (dal 16 gennaio al 31 marzo 2012) il traffico in ingresso nel centro città è calato del 35,9% rispetto allo stesso periodo del 2011 con in media 49mila ingressi al giorno in meno (diminuzione totale: 2.548.000 ingressi)".
Baruffi: restare in ascolto - E allora, a che serve mettere in piedi un gruppo come quello dedicato ad Area C potrebbe chiedersi il politico a caccia di voti? “Innanzitutto costa poco – rassicura Forghieri – e poi è un mezzo incredibile per capire le prospettive dei portatori di interesse e rimodulare l'intervento dell'amministrazione”. Il che significa però, da parte dell'ente, assumere la prospettiva corretta e interpretare il proprio ruolo diversamente: meno persuasione e più ascolto, meno pubblicità e più gestione delle regole. "Le pubbliche amministrazioni devono capire che questa è la realtà in cui stare se si vuole governare in modo partecipato e condiviso", dice Maurizio Baruffi, capo di Gabinetto del sindaco Pisapia e grande sponsor della community su Facebook. "Si prendono le decisioni ma poi si resta in ascolto e si corregge dove è il caso".
Senza dimenticare che il nuovo posizionamento dell'amministrazione passa anche per scelte simboliche. “Abbiamo deciso di aprire un 'gruppo' e non una 'pagina' come di solito fanno le istituzioni su Facebbok per dare fin da subito un segnale”, afferma Marco Massarotto fondatore di Hagakure, società di comunicazione che per conto del Comune e di Atm gestisce la community. Insomma, il Comune si mette se non da parte, almeno un po' di lato. “Qui si tratta soprattutto di ascoltare e garantire lo svolgimento della discussione”, conclude Massarotto. Il resto, cioè quasi tutto, lo hanno fatto gli utenti, compreso – in alcuni casi – difendere la scelta della giunta. Il che, conclude Cottica, è un vantaggio non da poco per il Comune: “Il ruolo di arbitro è più appropriato per un'amministrazione rispetto a quello di parte in causa che deve 'vendere' una decisione: la toglie dalla mischia e lo mette in una condizione super-partes”.