Delitto via Poma, la perizia: “Segno su seno non è un morso"

Cronaca

Arrivano i risultati dei periti nominati dalla corte d'assise d'Appello per chiarire le cause della morte di Simonetta Cesaroni, uccisa nel 1990. Smonterebbero una delle prove regine del processo di primo grado che si è concluso con la condanna di Busco

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Oltre 200 pagine che riscriverebbero la “verità” sull’omicidio di via Poma. Oltre 200 pagine che contengono i risultati della super perizia svolta per chiarire le cause della morte di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 a Roma. Risultati che sembrerebbero scagionare Raniero Busco, ex fidanzato della vittima, che il 26 gennaio del 2011 è stato condannato in primo grado a 24 anni di reclusione per omicidio volontario. La perizia, fortemente sollecitata dalla difesa dell’uomo, smonterebbe una delle prove regine del processo: quello sul capezzolo di Simonetta Cesaroni non sarebbe un morso. Non solo. I consulenti nominati dalla corte d'assise d'Appello spostano l’ora del delitto e individuano tracce biologiche ed ematiche non riconducibili né alla vittima né a Busco.

Il morso, “potrebbe essere di tutto”. “Le due minime lesioni escoriative seriate poste al quadrante supero-mediale della base d'impianto del capezzolo sinistro – si legge nella perizia – non sono in grado di configurare alcun morso, oltretutto mancando l'evidente traccia di opponente, per cui restano di natura incerta”. “Potrebbe essere di tutto”, dicono i periti. Anche “una unghiatura parziale per strizzamento tra due dita del capezzolo”. Gli esperti si pronunciano pure sulla posizione e sulla dinamica con cui il presunto morso sarebbe stato lasciato sul seno di Simonetta Cesaroni: una ricostruzione che appare “inverosimile” e “impossibile a un essere umano”. Proprio il segno sul seno della ragazza, nel processo di primo grado, era stato considerato la firma dell’assassino: l’impronta della dentatura particolare di Raniero Busco.

“Sul corpetto il dna di tre uomini”. Nuovi motivi di speranza per l’imputato, che si è sempre dichiarato innocente, arrivano anche dall’analisi delle tracce biologiche ed ematiche. Gli esperti hanno esaminato 12 campioni di tracce biologiche prelevate tra il corpetto e il reggiseno della vittima. Quelle prelevate sul reggiseno sono attribuibili a Raniero Busco. Quelle sul corpetto, invece, identificano “con certezza la presenza di almeno tre soggetti maschili”.
Dubbi pure sulle tracce ematiche individuate sul luogo dell’omicidio. Quella sulla porta della stanza dove Simonetta Cesaroni fu trovata senza vita, “è attribuibile a un soggetto maschile di gruppo sanguigno A e di genotipo 1.1/4 al locus Dqalfa e quindi certamente non all'imputato”. Anche il sangue trovato sul telefono della camera è dello stesso gruppo sanguigno e quindi “non può essere attribuito né alla vittima né all'imputato”. Sullo specchio dell'ascensore dello stabile di via Poma furono trovate altre due tracce ematiche: una, secondo i periti, è di Simonetta, l'altra è “attribuibile a un soggetto di sesso maschile allo stato ignoto”.

Cambia l’ora del delitto. La super perizia sposta anche in avanti l’ora del delitto nello stabile di via Poma. I consulenti sostengono che “la cronologia della morte si può collocare tra le ore 18 circa e le ore 19 circa, con qualche piccola variazione adattata sulla scorta degli elementi circostanziali”. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, invece, i giudici della III corte d'assise avevano sostenuto che “può fondatamente ritenersi che l'orario della morte vada a collocarsi dopo le 17.15-17.30 e prima delle 18-18.30”.

Le reazioni. I risultati dei periti sono stati accolti in modo diverso dagli avvocati di Raniero Busco e della famiglia Cesaroni. “L'impianto accusatorio è rimasto inalterato. Non è stato scalfito nulla. Inoltre la perizia, specie nelle conclusioni, è piena di forse e di potrebbe, va tutta spiegata. Vedremo cosa diranno in aula questi professori", ha detto Massimo Lauro, legale della madre di Simonetta Cesaroni. Prudenza anche nelle parole di Paolo Loria, difensore di Raniero Busco: “Non siamo ancora vicini all'assoluzione. Il processo è ancora tutto da discutere. È sicuramente positivo il fatto che i periti abbiano supportato, con il loro esame, la tesi difensiva”. L’avvocato Loria ha riferito di aver parlato con il suo assistito: “Mi ha chiesto se i risultati della perizia erano una cosa buona. Lui sa che il cammino da compiere è ancora lungo”.
I risultati della perizia verranno discussi in aula il 27 marzo, durante la prossima udienza del processo d’appello a carico di Busco. Per l’omicidio di via Poma l’uomo non è mai finito in carcere. In cella, invece, c’è finito per un mese Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile in cui Simonetta Cesaroni è stata trovata morta. Fu arrestato, con l’accusa di omicidio, tre giorni dopo il delitto. Nel 1993 venne prosciolto dal gip perché “il fatto non sussiste”. La decisione divenne definitiva nel 1995 dopo il ricorso in Cassazione. Vanacore venne trovato annegato nel marzo del 2010 in Puglia. Pochi giorni dopo avrebbe dovuto testimoniare proprio nel processo contro Raniero Busco.

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