Milano, "il vigile che ha ucciso mio marito è ancora libero"

Cronaca

Ruth Cardillo, moglie di Marcelo Cortes, il cittadino cileno morto dopo un inseguimento con la polizia municipale, dice a SkyTG24: "I miei figli ancora non sanno nulla". L'agente, accusato di omicidio volontario: "Ho sparato verso un terrapieno"

"Non è giusto, non si ammazza una persona in questo modo: voglio giustizia". Si sfoga così ai microfoni di SkyTG24 Ruth Cardillo, moglie di Marcelo Valentino Gomez Cortes, il cittadino cileno ucciso con un colpo di pistola da un vigile a Milano, lunedì 13 febbraio ( FOTO ).
"Eravamo separati ma avevamo un buon rapporto - prosegue la donna -. Quello che ha ammazzato mio marito adesso sta facendo la sua vita normale. E' libero come se niente fosse e lavora. Se fosse stato il contrario io penso che mio marito non sarebbe stato a casa".
I due figli della coppia ancora non sanno nulla: "Mi chiedono tutti i giorni quando arriva papà", spiega la madre: "Non stanno andando neanche a scuola perché ho paura che sappiano qualcosa dagli amici".

La versione del vigile -
Mentre si attendono i risultati dell'autopsia della vittima e mentre montano le polemiche politiche , emergono nuovi dettagli sulle indagini che vedono indagato per omicidio volontario il vigile Alessandro Amigoni. L'uomo ha raccontato ai pm di Milano la sua versione dei fatti: "Ho solo sparato verso un terrapieno", che si trovava lì vicino, per spaventare i due fuggitivi, mentre un collega intimava l'alt.
Ha spiegato di essere stato il primo dei quattro agenti in borghese a scendere dalla macchina, dopo che quest'ultima si era scontrata con l'auto dei due fuggitivi. Dopo aver visto i due scendere dall'auto e fuggire, li ha rincorsi per alcune decine di metri, forse una cinquantina. Ha detto poi al pm di aver visto "un revolver a canna corta" in mano a uno dei due (non quello che è rimasto ucciso) e, mentre un altro agente gridava ai due di fermarsi, ha sparato mirando all'altezza di una 'collinetta' che si trovava a poca distanza. E non in aria perché, avrebbe spiegato ancora, aveva il timore che il proiettile potesse finire chissà dove. Non ha saputo però chiarire la dinamica della traiettoria che ha raggiunto, stando ai primi accertamenti, il cileno alla schiena mentre era voltato di spalle.  Tra lui e la vittima, ha aggiunto, c'erano "circa 20 metri". Amigoni ha poi confermato di aver esploso un solo colpo e, stando a quanto risulta, infatti, nella pistola di ordinanza, che contiene 10 proiettili, ne sono rimasti nove.   

I dubbi dei colleghi -
La versione dell'agente, però, confrontata con quella dei colleghi, non sembra aver convinto gli inquirenti che infatti al termine dell'interrogatorio hanno cambiato il capo di imputazione, da eccesso colposo in legittima difesa a omicidio volontario, con dolo eventuale. 

Le perizie - Per quanto riguarda le perizie si preannuncia una 'battaglia' tra esperti nominati come consulenti da accusa, difesa e parte civile. In particolare, per quanto riguarda l'autopsia sul cadavere, il legale dell'agente, l'avvocato Giampiero Biancolella, ha nominato l'anatomopatologa forense Cristina Cattaneo - che ha eseguito in passato l'autopsia di Yara Gambirasio e che si è occupata anche del caso di Elisa Claps - e il professore di scienze biomediche dell'Università Statale di Milano, Marco Aurelio Grandi.
Il pm di Milano Roberto Pellicano ha dato invece l'incarico di seguire gli esami autoptici al professore di medicina forense dell'Istituto di medicina legale di Milano, Carlo Goj. Il legale dei familiari del cileno, l'avvocato Corrado Limentani, ha conferito l'incarico a Ombretta Campari, esperto medico legale.

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