Concordia, il testimone: equipaggio generoso, ma impreparato
CronacaIl racconto di un superstite. Giuseppe Lanzafame, 44 anni, ex marinaio, era a bordo con le due figlie e la moglie: "Ho capito dal primo sussulto della nave che qualcosa non andava, nonostante gli avvisi di una situazione sotto controllo". LO SPECIALE
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LA CONFERENZA STAMPA: Costa Crociere: "Un errore umano"
LA TELEFONATA - "Schettino, salga a bordo": l'audio della telefonata
di Alfredo Alberico
Volti, racconti, briciole di speranza per chi è ancora disperso. Della nave da crociera Costa Concordia, a sei giorni dalla tragedia del Giglio, oltre al relitto resta soprattutto questo. E poi la rabbia di chi ha vissuto questa orribile storia con l’ansia di dover salvare la propria famiglia e se stesso. "Eravamo a cena quando c'è stata la collisione con lo scoglio. Ho avvertito un leggero tremolio e al mio gruppo ho subito detto che eravamo finiti su una secca”. Giuseppe Lanzafame, quarantaquattrenne messinese, descrive così gli attimi che hanno preceduto il naufragio. Era sulla nave con le due figlie (7 e 14 anni), la moglie e alcuni amici. Ex marittimo, la sua è la testimonianza di chi il mare lo conosce: "Esperienza o istinto, non so – spiega a Sky.it -. Per me era chiaro che qualcosa non andava, anche se non c'è stato il boato di cui molti hanno parlato e nonostante arrivassero dagli altoparlanti comunicazioni di una situazione sotto controllo". Esperienza o istinto, dunque, di certo circostanze sufficienti a evitare di trasformare un'esperienza sconvolgente in tragedia.
Lanzafame a diciotto anni ha infatti preso parte a due imbarchi con una compagnia genovese per il trasporto di etilene: "In alto mare ho lavorato solo tre mesi, ma ci sono arrivato dopo una seria preparazione. E considero eroico l'equipaggio di quella nave. Avrebbero sacrificato la vita per noi. Sono rimasti lì, nonostante tutto, nonostante il terrore che era anche nei loro occhi. Ecco, forse questo è l'aspetto che avrebbero dovuto controllare meglio per non alimentare il panico tra gli ospiti. Considerazioni da marinaio, ovvio. Poi trovarsi in una situazione del genere è altra cosa". Un parere in controtendenza su un equipaggio messo sotto accusa da alcuni passeggeri: "Non c'erano graduati attorno a noi –aggiunge- io non li ho visti. Però non posso escludere fossero in borghese dopo aver terminato il servizio. Quando la situazione è diventata più tesa, dopo i vari blackout, c'era soprattutto personale addetto alla ristorazione".
Così come alla scialuppa di salvataggio che il superstite ha raggiunto con i familiari: "Non mi ha sorpreso trovare un cameriere, perché tutti sono addestrati per evenienze simili. Lui però era in difficoltà, tant'è che sono salito io sulla lancia per far entrare le persone. Ho avuto l'impressione, al di là dell’inclinazione della nave, che nessuno sapesse come calare le scialuppe in mare". Un'operazione per la quale le funi d’acciaio che legano il natante vanno tenute perpendicolari per evitare scossoni, e invece in molti hanno affermato di essere scesi tra le onde con pericolosi scossoni.
Polemiche e accuse soprattutto a carico di Francesco Schettino, il comandante della Concordia ora agli arresti domiciliari: "Dopo la collisione, ma ben prima di andare verso le scialuppe, ho portato il gruppo che era con me al punto di ritrovo 4 e ho distribuito i salvagente. Prima ho rifiutato l'invito di una hostess a rientrare in cabina, se l'avessimo ascoltata non ne saremmo usciti vivi, poi ho iniziato a seguire da poppa le manovre della nave. Avevo preso dei punti di riferimento, e più li perdevo di vista più mi rendevo conto che ci stavamo inclinando. E' stato devastante ascoltare la registrazione della telefonata tra la Capitaneria di Porto di Livorno e Schettino. Se è scappato, se è venuto meno ai suoi doveri, lo stabilirà la giustizia. Quel documento però è forte, sono scoppiato in lacrime ascoltandolo". Un crollo emotivo che l’ex marinaio non ha avuto nei momenti più difficili sulla Concordia, quando non ha esitato a dare una mano a chi gli stava intorno. "Non sono un eroe", dice, "c'era la mia famiglia e mi sono comportato come tanti altri a bordo".
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di Alfredo Alberico
Volti, racconti, briciole di speranza per chi è ancora disperso. Della nave da crociera Costa Concordia, a sei giorni dalla tragedia del Giglio, oltre al relitto resta soprattutto questo. E poi la rabbia di chi ha vissuto questa orribile storia con l’ansia di dover salvare la propria famiglia e se stesso. "Eravamo a cena quando c'è stata la collisione con lo scoglio. Ho avvertito un leggero tremolio e al mio gruppo ho subito detto che eravamo finiti su una secca”. Giuseppe Lanzafame, quarantaquattrenne messinese, descrive così gli attimi che hanno preceduto il naufragio. Era sulla nave con le due figlie (7 e 14 anni), la moglie e alcuni amici. Ex marittimo, la sua è la testimonianza di chi il mare lo conosce: "Esperienza o istinto, non so – spiega a Sky.it -. Per me era chiaro che qualcosa non andava, anche se non c'è stato il boato di cui molti hanno parlato e nonostante arrivassero dagli altoparlanti comunicazioni di una situazione sotto controllo". Esperienza o istinto, dunque, di certo circostanze sufficienti a evitare di trasformare un'esperienza sconvolgente in tragedia.
Lanzafame a diciotto anni ha infatti preso parte a due imbarchi con una compagnia genovese per il trasporto di etilene: "In alto mare ho lavorato solo tre mesi, ma ci sono arrivato dopo una seria preparazione. E considero eroico l'equipaggio di quella nave. Avrebbero sacrificato la vita per noi. Sono rimasti lì, nonostante tutto, nonostante il terrore che era anche nei loro occhi. Ecco, forse questo è l'aspetto che avrebbero dovuto controllare meglio per non alimentare il panico tra gli ospiti. Considerazioni da marinaio, ovvio. Poi trovarsi in una situazione del genere è altra cosa". Un parere in controtendenza su un equipaggio messo sotto accusa da alcuni passeggeri: "Non c'erano graduati attorno a noi –aggiunge- io non li ho visti. Però non posso escludere fossero in borghese dopo aver terminato il servizio. Quando la situazione è diventata più tesa, dopo i vari blackout, c'era soprattutto personale addetto alla ristorazione".
Così come alla scialuppa di salvataggio che il superstite ha raggiunto con i familiari: "Non mi ha sorpreso trovare un cameriere, perché tutti sono addestrati per evenienze simili. Lui però era in difficoltà, tant'è che sono salito io sulla lancia per far entrare le persone. Ho avuto l'impressione, al di là dell’inclinazione della nave, che nessuno sapesse come calare le scialuppe in mare". Un'operazione per la quale le funi d’acciaio che legano il natante vanno tenute perpendicolari per evitare scossoni, e invece in molti hanno affermato di essere scesi tra le onde con pericolosi scossoni.
Polemiche e accuse soprattutto a carico di Francesco Schettino, il comandante della Concordia ora agli arresti domiciliari: "Dopo la collisione, ma ben prima di andare verso le scialuppe, ho portato il gruppo che era con me al punto di ritrovo 4 e ho distribuito i salvagente. Prima ho rifiutato l'invito di una hostess a rientrare in cabina, se l'avessimo ascoltata non ne saremmo usciti vivi, poi ho iniziato a seguire da poppa le manovre della nave. Avevo preso dei punti di riferimento, e più li perdevo di vista più mi rendevo conto che ci stavamo inclinando. E' stato devastante ascoltare la registrazione della telefonata tra la Capitaneria di Porto di Livorno e Schettino. Se è scappato, se è venuto meno ai suoi doveri, lo stabilirà la giustizia. Quel documento però è forte, sono scoppiato in lacrime ascoltandolo". Un crollo emotivo che l’ex marinaio non ha avuto nei momenti più difficili sulla Concordia, quando non ha esitato a dare una mano a chi gli stava intorno. "Non sono un eroe", dice, "c'era la mia famiglia e mi sono comportato come tanti altri a bordo".