Ritorno a Genova nel suo venerdì più nero

Cronaca
Una via di Genova, quasi vuota dopo il nubifragio
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Il racconto di chi, a Milano per lavoro ma aggiornato al telefono e via internet sull’alluvione che ha colpito la sua città, ritrova a sera le solite strade che non sono più le stesse e rinuncia a recuperare una figlia al sicuro dai nonni

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di Raffaele Mastrolonardo

Sono le 20 di un venerdì di novembre ma – è uno dei primi pensieri - potrebbero essere le 3 del mattino di un martedì qualsiasi. Le strade sono quasi deserte. Non c’è quel movimento serale che dà il via al fine settimana. Poche macchine, lente. E' buio, non piove ma il fondo è bagnato e qua e là ci si imbatte in larghe pozzanghere che danno un'idea di quanto è accaduto. Al casello autostradale di Nervi, levante cittadino, c'è coda per uscire ma il flusso di vetture si dissolve in corso Europa, l'arteria che collega la zona ovest con il centro della città.

Procedo in direzione ponente. Al semaforo di Via Timavo, dove a quest'ora si forma generalmente la fila, ad aspettare il verde ci sono solo io. Poco più oltre, un camion dei pompieri scarica acqua sulla strada estraendola, così mi pare, da un garage probabilmente allagato. A tratti l'illuminazione stradale di Corso Europa è assente: forse si va piano anche per questo. L'unica vettura veloce è un'ambulanza che mi supera a destra.

Sono appena rientrato a Genova dopo una giornata di lavoro a Milano con Carola, la mia socia. Avevamo lasciato la città alle 9.15 del mattino dopo aver consegnato mia figlia all'asilo. Che cosa sia accaduto nel frattempo lo so dalle telefonate di familiari e colleghi, dagli aggiornamenti via Twitter e dai video che Carola ha seguito sull'iPad durante il viaggio di ritorno e ha descritto ad alta voce mentre guidavo. Il tragitto da Nervi a Principe è la prima occasione che ho per farmi un'idea diretta di quanto è successo dopo tante parole e immagini di altri.

All’altezza della Casa dello studente, Corso Europa è chiusa. Vengo dirottato lungo il quartiere collinare di Albaro. Un chilometro più avanti la strada sarebbe sboccata a Brignole, uno dei quartieri più colpiti dall'alluvione. Evidentemente, la zona non è ancora agibile e questo vuol dire, fra l'altro, che non posso recuperare mia figlia: è rimasta tutto il pomeriggio dai nonni, che abitano vicino all'asilo. Ci resterà anche la notte.

Le vie laterali sono più scure. In zona Foce – il nome del quartiere si riferisce allo sbocco del Bisagno, il torrente principale della città –  oltre alla luce, sono saltati pure i semafori. Gli incroci in serie che si incontrano fino a Corso Torino, sono coperti da pozzanghere e foglie secche fradice. La pulitura delle strade non è ancora cominciata: le priorità, ormai, sono altre. All'angolo tra via Casaregis e Via Pisacane lampeggia la sirena, silenziosa, di un'ambulanza.

I semafori degli incroci principali, per fortuna, funzionano regolarmente. Via Brigate Partigiane, la strada che scorre sopra il Bisagno accompagnandolo fino al mare, è bloccata da transenne all'altezza della Questura in direzione mare. L'idea di salire lungo la collina di Carignano e poi ridiscendere a Brignole dalla parte opposta per provare comunque a raggiungere mia figlia non è praticabile. Non mi è immediatamente chiaro quali siano i percorsi alternativi. Mentre ci penso un paio di guidatori più decisi prendono una direzione plausibile (anche se non so quanto corretta dal punto di vista del codice stradale), li seguo. C'è un che di anarchico in questa risoluzione ma non ci sono vigili in zona, al più qualche signore in tuta rifrangente che ha altro da fare. C'è pure una giovane donna che cammina con un ombrello: sa dove andare se è fuori in questo anomalo venerdì di novembre, ma sembra smarrita in una Piazza della Vittoria così poco frequentata. 

Salgo verso Piazza Dante e incrocio Via XX settembre: è la via principale che i video della giornata hanno mostrato percorsa dall'acqua come fosse il letto di un fiume, auto e cassonetti accatastati in fondo alla via. Ora si può attraversarla, ma non imboccarla: in direzione levante è transennata. Due vigili controllano l'accesso. Superandola scorgo solo luci che lampeggiano lontane in fondo ad una larga discesa deserta.

Il resto del tragitto è una lenta risalita per i tornanti che conducono verso la parte alta del quartiere Principe, la zona collinare dove abito. Qui l'alluvione ha fatto pochi danni a parte le luci che non ci sono più. E tornano le prime gocce di pioggia.

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