Veneto, un anno dopo l’alluvione la pioggia fa ancora paura

Cronaca
Un'immagine dall'alto dell'alluvione del 1 novembre del 2010 a Cresole di Caldogno (Vicenza)

A Cresole, la frazione più colpita dall’ondata di maltempo che causò tre vittime, la vita è ripartita e i negozi hanno riaperto. Ma nelle case restano il fango, le crepe sui muri, le difficoltà economiche e l’ansia di un nuovo nubifragio

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di Chiara Ribichini

“La porta si è spalancata. Improvvisamente. La corrente era molto forte e l‘acqua e il fango hanno invaso rapidamente le stanze”. Erano le 8:30 del 1 novembre di un anno fa. Il Veneto veniva colpito da un’ondata di maltempo tra le più violente degli ultimi 50 anni. Le province di Vicenza, Padova e Verona restarono per tre giorni completamente isolate. Le strade sembravano letti di fiumi. Fu un’alluvione, come quella che pochi giorni fa ha devastato la Liguria e la Toscana. Tre vittime, 262 comuni sott’acqua, 426 milioni di euro di danni, 500 mila le persone coinvolte. Oggi, esattamente un anno dopo, la vita è ripartita. Camminando per le vie di Cresole, la frazione del comune di Caldogno più colpita dall’alluvione e dove è morto annegato Giuseppe Spigolon, non c’è più traccia della devastazione dello scorso anno. Ma basta entrare in una casa per trovare i segni dell’alluvione, come raccontano alcuni cittadini a Sky.it.

Crepe, malta non asciutta, acqua che continua a uscire dai muri. “C’è ancora fango nelle sedie, sulle pareti, in garage. E anche in giardino il terreno sembra non asciugarsi mai” dice Laura Faccin, proprietaria di un’impresa di scavi. La sua azienda, adiacente al suo appartamento, un anno fa è stata distrutta dall’acqua sotto i suoi occhi. “Ho visto arrivare l’acqua dal fiume (il Tomonchio, l’affluente del Bacchiglione, ndr). Ha sommerso il nostro ufficio e tutti i nostri mezzi. Non potevamo fare niente. Per tre giorni siamo rimasti bloccati dentro casa e isolati. Guardavo dalla finestra l’estremità superiore della serranda del bar davanti a noi, era il mio punto di riferimento: l’acqua continuava a salire”. E a portare via tutto dall’ufficio. “Vent’anni di lavoro, di documenti. In realtà le carte le ho ancora, ma sono tutte impacchettate dal fango”. In tutto circa 60 mila euro di danni. “Fortunamente io e mio marito abbiamo riaperto subito, dopo dieci giorni. Merito dell’aiuto davvero inaspettato arrivato da tante persone che conoscevamo appena. Ci hanno regalato computer, librerie, scaffali, ogni cosa”.

L’alluvione ha distrutto anche il negozio di merceria e bricolage di Rossana Sinigaglia. “Avevo aperto da venti giorni. Non ho trovato più niente: né una perlina né un filo. Finestre spaccate, vetrine distrutte, un metro e mezzo di melma” ricorda. “Sono riuscita a riaprire solo tre mesi dopo. Ho rimesso le finiestre ma non ho ancora i riscaldamenti. Non ho soldi per comprarli”. Molti si lamentano delle difficoltà economiche del post alluvione. “Siamo appena stati da una famiglia che, un anno dopo, non ha ancora i serramenti. I fondi ricevuti li ha usati per rifare i pavimenti” racconta Nicola Biasin, portavoce del comitato locale degli alluvionati. E spiega: “Subito dopo l’alluvione sono arrivati degli assegni, ma non sono bastati. E non bastano nenache i rimborsi perché la regione ti riconosce solo una parte della spesa sostenuta. Senza contare che i soldi deve anticiparli il cittadino”.

Oltre alle difficoltà economiche, ciò che resta a Cresole a un anno dall’alluvione è la paura della pioggia. Nonostante i lavori fatti per la sistemazione idraulica del territorio. Per il Genio Civile, infatti, sulle 277 opere definite di somma urgenza 202 sono già state definite, 40 sono in corso e 35 da avviare. Non solo. Tre bacini di laminazione sono stati già avviati con copertura finanziaria garantita dal decreto Milleproroghe, tra cui quello di Caldogno. "Ci sentiamo più sicuri" confessa Luciano Zanin del comitato Caldogno Avanti. Ma non tutti la pensano così. “Il punto in cui l’argine si è rotto è stato messo a posto. Ma da lì in avanti, per 5 km, non è stato fatto nulla. Inoltre, con l’alluvione il letto del fiume si è riempito di sabbia e ghiaia e quindi passa meno acqua. Per questo se dovesse esserci un altro nubifragio il Timonchio non romperà l’argine, ma esonderà” dice Nicola Biasin. “La scorsa settimana per la pioggia non abbiamo dormito - racconta Laura – E’ stato fatto un gran poco e viviamo in una situazione di perenne allerta. E ogni giorno di pioggia è un giorno di ansia”. E l’alluvione in Liguria ha riacceso il ricordo dell’ansia e del terrore vissuta un anno fa a Cresole. “Noi siamo stati più fortunati degli abitanti di Vernazza o Borghetto Vara. Cosa ho pensato quando ho visto scorrere le immagini in tv? Di andare subito lì e di aiutarli. Se non avessi tre bimbe sarei partita” dice Laura .

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