Lavitola: io imprenditore ittico, massone e filantropo

Cronaca

L'ex direttore dell'Avanti, latitante in Sud America, a tutto campo su La7. Invia messaggi ai magistrati e non solo, fa resoconti surreali della sua vita, dei suoi rapporti col premier e delle sue avventure economiche. I TWEET DI COMMENTO

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"Ho intenzione di rimanere latitante fino a che la giustizia non mi darà ragione". Così Valter Lavitola, ex direttore dell'Avanti, chiude la sua partecipazione a Bersaglio mobile, il programma di Enrico Mentana su La7. Un intervento fiume, iniziato con una calma apparente, quasi surreale e via via alimentato dalla tensione. Perché Lavitola è in collegamento da un posto non meglio identificato del Sud America. E' latitante. Su di lui pende un'ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dalla procura di Napoli per estorsione nella vicenda che ha coinvolto anche Gianpaolo Tarantini e sua moglie.
Tenta di difendersi in tv, l'indagato che si è negato ai magistrati. E attacca sostenendo che ci sarebbe una telefonata, tra lo stesso Lavitola e Berlusconi, inspiegabilmente non finita agli atti. Sostiene l'ex direttore dell'Avanti di non essersi appropriato indebitamente di parte dei 500mila euro ricevuti al premier perché li consegnasse a Gianpaolo Tarantini.

La versione di Valter - L'ex direttore de L'Avanti riferisce di avere avuto la disponibilità di tanti soldi, da anticipare per conto di un multimiliardario come Berlusconi, grazie alla vendita di alcuni suoi pescherecci in Sudamerica. Motivo: "I Tarantini mi assillavano, mi facevano anche due telefonate al giorno e quando Gianpi mi chiese aiuto per un'attività imprenditoriale all'estero feci salti di gioia". In altre parole, grazie a quei soldi Tarantini avrebbe potuto avviare l'agognata attività imprenditoriale all'estero e ciò - dice Lavitola - Ho messo a disposizione di Tarantini 500mila euro perché così poteva svolgere la sua attività all'estero e loro due non mi avrebbero più massacrato...le biglie".

Lavitola riferisce che, dopo aver parlato con Tarantini, avrebbe poi contattato Berlusconi. Al terzo tentativo (i primi sarebbero andati falliti) il faccendiere sarebbe riuscito a parlare telefonicamente "per nove minuti" con il premier. "Gli ho detto: 'presidente, mi ha contattato Tarantini: ha notizia dei 500mila euro e vuole che gli sia consegnata questa somma. Che faccio? Gliela metto a disposizione? Guardi che lui consuma come una Ferrari"'. Al che il premier - riferisce Lavitola - gli avrebbe detto: "No, no, lui deve fare un'attività (con quella somma, ndr)".
Parlando con scioltezza di centinaia di migliaia di euro prestati e del premier come "il Dottore" racconta che  "Le foto che chiedevo a Marinella (la segretaria di Berlusconi con la quale è stata intercettata una telefonata, ndr) erano soldi. Erano parte di quel rimborso di 500mila euro che avevo anticipato", ha sostenuto.

"Ma lei che lavoro fa?" (è la domanda dei giornalisti in studio che scatena i commenti su Twitter) - "Sono stato definito uomo nero, spregiudicato, o faccendiere, anche se non ne conosco il significato. Ci sono più episodi - ha aggiunto Lavitola - per dimostrare che sono un filantropo, ho aiutato Tarantini perché Berlusconi mi aveva manifestato l'esigenza di aiutare lui e la moglie. Lui disse 'poveretti' quando gli raccontai la loro storia e alla mia richiesta di aiutarli mi disse di farlo. Così mi sono adoperato. Io sono un imprenditore nel settore ittico, magari è strano ma è il mio lavoro, non c'è nulla di disdicevole".

Chi sono i coniugi Tarantini
- "Tarantini è uno scapestrato e non un criminale, anche un po' fesso... I Tarantini - aggiunge - non sono i mostri che sono stati dipinti, ma ragazzi viziati scapestrati con tre ossessioni: vedere il premier in più occasioni possibili; riuscire ad aiutare un loro amico, l'imprenditore Pino Settani a fare affari con una società vicino all'Eni; avere lavoro e soldi per le loro esigenze".

Il rapporto con Silvio Berlusconi
- "Da giornalista e osservatore attento, parlavo con il premier di questioni politiche, non certo ludiche. Faccio politica da 25 anni e dopo una lunghissima gavetta sono riuscito a far sì che il premier ascoltasse anche le mie analisi". Ma assicura: "Mai avuto bonifici da Berlusconi su conti esteri".
Le relazioni con il Palazzo non sono sempre facili: "Io sono determinato e non soffro di timori reverenziali verso nessuno. Sono inviso a buona parte dei collaboratori del Presidente. Alcuni di loro mi sono cordialmente antipatici... Io ero socialista e la maggior parte dei socialisti era migrata in Forza Italia. Nel '94 ci furono due riunioni, a Milano e Fiuggi, e in quelle occasioni vidi Berlusconi. Successivamente, ho cercato di vederlo e di farmi apprezzare, puntavo a fare il parlamentare ma non ci sono mai riuscito".

"Io, consulente Finmeccanica per 300 mila euro l'anno" - Il latitante ha parlato anche dei suoi rapporti con Finmeccanica. "Pozzessere (ex direttore commerciale di Finmeccanica, ndr), pensava di avermi 'fregato' perché mi aveva fatto un contratto da 30mila euro l'anno più rimborsi spese". E ha aggiunto: quando ho proposto la cifra, "pensavo di aver chiesto uno sproposito, ma lui (Pozzessere, ndr) mi strinse la mano". Il contratto scadeva il 30 giugno scorso e Lavitola chiese un aumento a 70mila euro.
"Ho scoperto che mondo era Finmeccanica dove avrei potuto mettere a frutto le conoscenze e le frequentazioni che avevo con importanti personaggi della politica, della cultura e dello spettacolo. Nel 2010 chiesi al presidente Berlusconi se era possibile nominarmi suo rappresentante in America Latina, non mi disse né sì né no. Almeno mi metta alla prova, lo pregai, così potrà valutare meglio la cosa. Mi disse che andava bene, forse per togliersi il sottoscritto dalle scatole, ma poi per la questione delle ballerine di San Paolo, si ritenne che non avessi più alcuna chance".

"Mi sono iscritto alla massoneria a 18 anni" - Sollecitato dai giornalisti presenti in studio, ha raccontato dell'iscrizione, a 18 anni, alla massoneria. "Mi sembrò, leggendo un libro, che fosse il miglior apprendimento per imparare a stare zitti". "Per quasi due anni sono stato apprendista, il grado più basso - ha ricordato Lavitola - e non conosco gli altri gradi. In quel periodo la mia famiglia ebbe grossi problemi finanziari tanto che furono altri a pagarmi la quota per la Loggia. Poi sono andato in sonno. Se Berlusconi fosse massone, penso che si saprebbe".

Il coinvolgimento nel caso Fini-Montecarlo - "La questione della casa di Montecarlo era oggetto di una mia inchiesta giornalistica. Non c'era alcun movente politico nello scoop che esibii in occasione della conferenza stampa del ministro di Santa Lucia. Io feci quello scoop per il mio giornale, per l'Avanti". Lo ha detto Lavitola parlando della mail che lui stesso tirò fuori e che sarebbe servita a sostenere un legame tra la casa di Montecarlo, che apparteneva ad An, e Giancarlo Tulliani, fratello della compagna del presidente della Camera Gianfranco Fini.

Il rapporto con la giustizia - "Non voglio assolutamente fare un processo in televisione. Io ho un sacro terrore della magistratura, ho una paura che mi si porta via. Figurarsi se voglio fare irritare i pm. Ho una paura dannata e per questo mi sono reso latitante: ho fatto bene perché Tarantini si è fatto un mese di carcere e la moglie una decina di giorni in cella. E dopo un mese stanno fuori. Io avrei fatto la loro stessa fine".

Di sicuro, dopo questa intervista tv, i magistrati sarebbero ancora più felici di interrogarlo. Ma Lavitola non si scompone: "Ho intenzione di rimanere latitante fino a che la giustizia non mi darà ragione".

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