Secondo diversi quotidiani, i pm di Napoli sarebbero convinti che il premier avrebbe spinto Tarantini a mentire. L'indagine potrebbe quindi tornare in Campania. L'avvocato Longo: la competenza è di Roma
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Da parte lesa a indagato. Il ruolo di Berlusconi nella vicenda Tarantini-Lavitola potrebbe cambiare e in maniera sostanziale: da vittima di un ricatto a istigatore di bugie riferite ai giudici.
Al momento è solo uno scenario di una inchiesta che sta presentando profili giuridici ogni giorno più complessi, ma è uno scenario che diversi quotidiani, in edicola sabato 24 settembre, danno per probabile, se non addirittura per certo.
Da vittima a indagato - Il nuovo colpo a sorpresa è costituito da un argomento, uno dei tanti affrontati nel corso dell'udienza davanti al Tribunale del Riesame durata oltre 4 ore, introdotto dai pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock: in sintesi i magistrati affidano ai giudici del Riesame il compito di valutare, oltre alla sussistenza del reato contestato nelle ordinanze cautelari a carico di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola (estorsione ai danni del premier), anche un'ipotesi alternativa che si è fatta strada nel prosieguo delle indagini e alla luce degli atti acquisiti da Bari sulla vicenda delle escort, ovvero la prospettazione del reato di induzione a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria. Un illecito sanzionato dall'articolo 377 bis del codice penale.
L'indagine potrebbe tornare a Napoli - Una mossa questa che, se confermata potrebbe rimettere in discussione pure la questione della competenza, come scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della sera. Nei giorni scorsi, infatti, l'indagine era passata da Napoli a Roma. "I pubblici ministeri attendono il giudizio del tribunale del riesame - scrive Sarzanini - ma appaiono determinati a procedere con l'iscrizione nel registro degli indagati accusando il presidente del Consiglio di aver 'pilotato' i comportamenti processuali di Tarantini in cambio di soldi e di altre utilità".
Gli avvocati: "In ogni caso è di competenza di Roma" -Una interpretazione respinta, ancora informalmente, dal collegio difensivo del premier: "Se loro avessero iscritto Berlusconi nel registro degli indagati - spiega l'avvocato Longo a Virginia Piccolillo sempre sul Corriere - perché, a loro giudizio, avrebbe spinto Tarantini a non rivelare la verità sul presunto ricatto, anche questo reato non sarebbe stato di loro competenza. Perché sarebbe stato commesso a Roma e non a Napoli, dove Berlusconi non è mai stato".
L'ingorgo di competenze con le altre indagini - E la possibile, nuova decisione dei pm provocherebbe, come scrive Liana Milella su Repubblica, un "ingorgo di competenze, di reati, di big coinvolti. Un intrico da perdere la testa e che si può ricapitolare in questi termini. Un nuovo scontro sulla competenza, stavolta tra Roma e Bari, per via delle indagini sugli appalti, dopo quello tra Napoli e Roma per i soldi versati da Berlusconi a Tarantini via Lavitola. Poi il 'busillis' degli effettivi reati da contestare, estorsione o induzione a dire il falso o a celare la verità. Poi gli interrogativi, per ora, sull'effettiva posizione di Berlusconi, se vittima di un reato (l'estorsione) o autore a sua volta di un reato (il 377bis)".
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