Gli scandali bancari, i legami del Vaticano con Calvi e il Banco ambrosiano, l'appoggio ai movimenti integralisti: Galeazzi e Pinotti in una "controinchiesta" raccontano tutte le zone d'ombra del pontificato di Giovanni Paolo II. LEGGINE UN ESTRATTO
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di Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti
Uno dei capitoli più controversi nella battaglia di Karol Wojtyla contro il blocco comunista è quello dei finanziamenti segreti fatti arrivare al sindacato polacco Solidarność. Lo testimoniano documenti giudiziari e varie fonti che contribuiscono a illuminare un quadro per molti aspetti sconvolgente.
Solidarność nasce in Polonia nel settembre 1980, in seguito agli scioperi nei cantieri navali di Danzica. Guidato da Lech Wałęsa, alla fine del 1981 conta gia nove milioni di iscritti. Attraverso scioperi, contestazioni e altre forme di dissenso politico e sociale – tutte azioni pianificate all’insegna della non violenza – il movimento mira alla destabilizzazione e allo smantellamento del monopolio del partito unico di governo.
La battaglia contro il comunismo è solo all’inizio, la posta in gioco e alta, e il papa polacco sceglie di giocare un ruolo nella partita, con ogni mezzo necessario. Wojtyla e figura di primo piano ma c’è bisogno di soldi, ingenti capitali per sponsorizzare una rivoluzione i cui obiettivi andavano ben oltre i confini della sola Polonia. Qui non è in gioco un nostalgico desiderio di stalinismo; è naturale che l’azione di Solidarność sia da interpretare storicamente come un fatto positivo: l’avanzare coraggioso di un movimento di liberazione fatto di milioni di lavoratori.
Ma nelle scelte e nell’azione della Chiesa romana diretta dall’ex arcivescovo di Cracovia si moltiplicano le zone d’ombra e si parla addirittura, con documenti e testimonianze alla mano, di soldi della mafia impiegati per la battaglia contro il comunismo.
Dietro tutto questo c’è un uomo, ormai passato alla storia come il più spregiudicato banchiere della Chiesa: Paul Casimir Marcinkus, l’americano, tasso di spiritualità vicino allo zero, il vescovo amico di Roberto Calvi, il banchiere di Dio, e molto vicino a Giovanni Paolo II. Una storia nera che si consuma in tre anni, dal 1980 – anno di nascita di Solidarność e secondo anno nel pontificato di Wojtyla – fino al 1983. In questo breve intervallo di tempo accade di tutto. E importante partire dall’inizio.
I soldi del Banco ambrosiano
Nel biennio 1980-1981 il Banco ambrosiano, tramite il suo presidente Roberto Calvi, inizia a versare capitali enormi al sindacato di Wałęsa. Tutto è avviato nella più assoluta segretezza. La cittadella di Solidarność ha bisogno di aiuto; la battaglia di resistenza in Polonia è solo una tappa nel più impegnativo confronto con l’impero sovietico.
Nei cantieri di Danzica gli operai sventolano le immagini della Madonna nera di Częstochowa e i ritratti di papa Wojtyla assieme alle bandiere biancorosse della Polonia. I dollari, i marchi, i franchi svizzeri dell’Ambrosiano girano il mondo prima di tornare in Europa e imboccare la strada per Varsavia. Insieme a Roberto Calvi, deus ex machina dell’intera operazione e Marcinkus, l’anima nera dello Ior, la banca del Vaticano.
Nato nel 1922 a Cicero, sobborgo di Chicago che all’epoca era il feudo di Al Capone, Marcinkus viene ordinato sacerdote nel 1947. Negli anni Cinquanta si trasferisce a Roma per studiare diritto canonico alla Pontificia Universita Gregoriana.
Si capisce subito che ha tutte le carte in regola per una carriera fulminante. A soli trent’anni dispone già di una scrivania presso la Segreteria di Stato. E' intimo di vescovi e cardinali. E' alto, robusto, amante del golf e della bella vita. Molto spesso lo si vede girare con il sigaro cubano in bocca.
Marcinkus diventa segretario dello Ior nel 1971. Ma è già da anni un nome che conta in Vaticano. Il suo primo sponsor è Giovanni Battista Montini, che diventerà papa Paolo VI nel 1963. Del rapporto tra i due si ricorda un celebre episodio, un incidente avvenuto nel 1964 mentre Paolo VI e in visita al centro di Roma.
La folla spinge e quasi lo schiaccia. Lo scatto di Marcinkus è immediato. Il papa è salvo grazie al sacerdote che proprio il giorno dopo sarà scelto come guardia del corpo del pontefice: diventerà responsabile per la sicurezza del papa nei suoi viaggi in ogni angolo del mondo. La strada è spianata e Marcinkus ha le idee chiare, come testimonia una sua frase famosa: "Si puo vivere in questo mondo senza preoccuparsi del denaro? Non si puo dirigere la Chiesa con le Avemaria". Pochi anni piu tardi Marcinkus sarà la figura chiave della politica di papa Wojtyla contro il comunismo. Una battaglia, lo ricordiamo, da vincere con ogni mezzo. Anche soldi sporchi, passando per i paradisi fiscali.
Con Roberto Calvi, Marcinkus imbastisce una rete di società fantasma nei paradisi fiscali di mezzo mondo, dove arrivano fiumi di soldi. Forte della benedizione vaticana, Calvi allaccia relazioni pericolose con Michele Sindona e il giro della Loggia P2, di cui è affiliato.
La scoperta della P2 nel marzo 1981 lo priva dei suoi padrini. Nello stesso anno viene condannato per reati valutari, e finisce nel carcere di Lodi, dove tenterà il suicidio. Il banchiere ha un problema che gli toglie il sonno. Deve restituire decine di milioni di dollari ai peggiori criminali: il mafioso Pippo Calò e la banda della Magliana.
Rimesso in libertà dopo la prima condanna in attesa del processo d’appello, Calvi chiede indietro allo Ior di Marcinkus i soldi "prestati", ma invano. Inizia a questo punto una corsa contro il tempo. Verso la fine di agosto del 1981 decide di andare a Roma per incontrare Marcinkus. Mentre la città semideserta si scioglie nella canicola estiva, Calvi avvia con il monsignore una drammatica trattativa che lo condurrà a ottenere dagli alti dirigenti dello Ior Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel il riconoscimento che le principali società beneficiarie dei maxiprestiti che produrranno il crac del Banco ambrosiano erano di proprietà dello Ior.
Ma questo riconoscimento, che avviene attraverso l’emissione delle cosiddette lettere di patronage, è il risultato di una folle trattativa: Calvi e l’Ambrosiano sollevavano lo Ior da ogni responsabilità. Come se il passaggio di quei fiumi di soldi fosse opera della provvidenza. Il dirigente del settore estero del Banco ambrosiano, Giacomo Botta, dichiarerà ai magistrati che seguono le indagini sul crac Ambrosiano che "il dominio dello Ior sul Gruppo del Banco ambrosiano era reso palese da una lunga serie di circostanze: la fulminea carriera di Alessandro Mennini [figlio dell’amministratore delegato dello Ior, Luigi, nda], entrato inopinatamente in banca con il grado di vicedirettore; il trasferimento dallo Ior al Gruppo ambrosiano della Banca Cattolica del Veneto, cui non era seguito cambiamento alcuno nella direzione e nell’organo di amministrazione; il finanziamento cospicuo dello Ior (150 milioni di dollari) che aveva aiutato la neonata società Cisalpine [poi Baol-Banco ambrosiano overseas limited, nda] ad affermarsi come banca; la presenza di monsignor Marcinkus nel consiglio di amministrazione della stessa banca di Nassau; la gelosia con la quale Calvi custodiva e gestiva il proprio esclusivo rapporto con lo Ior; l’appartenenza allo Ior di Ulricor e Rekofinanz, azioniste del Banco ambrosiano, nonché di quattro società titolari dei pacchetti di azioni del Banco ambrosiano che la Rizzoli aveva costituito in pegno per un finanziamento ottenuto da Baol".
Botta racconterà ancora: "Già nel 1977-1978, quando divenni consigliere [del Banco ambrosiano di Managua], Calvi mi disse che il gruppo che controllava il pacchetto di controllo dell’Ambrosiano era lo Ior, che deteneva all’estero una consistente partecipazione del Banco. Seppi anche che le società che a quell’epoca l’Ambrosiano di Managua finanziava erano del Vaticano. Calvi probabilmente intendeva mettermi al corrente di questi segreti che lui tutelava gelosamente e intendeva altresì giustificare i finanziamenti, dicendo che erano imposti dal Vaticano, che era in sostanza il padrone del Banco ambrosiano".
Calvi aveva firmato un documento che liberava la banca del papa e Marcinkus da ogni responsabilità per l’indebitamento delle società panamensi verso il Gruppo ambrosiano; in cambio aveva ottenuto dallo Ior lettere a garanzia della situazione debitoria di quelle stesse società, con scadenza al 30 giugno 1982.
Entro quella data Calvi avrebbe dovuto trovare gli ingenti capitali necessari al salvataggio del suo impero finanziario. Marcinkus, infatti, non risponde dei debiti pur riconoscendo che le società estere alla base del crac dell’Ambrosiano erano da attribuirsi allo Ior.
Panama, Bahamas, Lima, Managua. Arriva da lì il tesoro per sostenere Solidarność. Intanto il papa e nella sua residenza di Castel Gandolfo, a riprendersi dall’attentato che nel maggio 1981 rischiava di vederlo ammazzato.
Ma sa dello Ior e di quanto andava facendo Marcinkus? Roberto Calvi fugge all’estero, braccato dai creditori. Finirà la sua corsa il 17 giugno 1982 sotto un ponte di Londra, appeso a una corda con dei mattoni nelle tasche. Solo pochi giorni prima scrivera una lettera drammatica, indirizzata a sua santità Giovanni Paolo II.
Una lettera che fotografa un pezzo importante di storia italiana e ci dice anche, con molta probabilità, che Wojtyla non poteva non sapere.
Santità,
Ho pensato molto, molto, in questi giorni. E ho capito che c’è una sola speranza per cercare di salvare la spaventosa situazione che mi vede coinvolto con lo Ior in una serie di tragiche vicende che vanno sempre più deteriorandosi e che finirebbero per travolgerci irreversibilmente. Ho pensato molto, Santità, e ho concluso che Lei è l’ultima speranza, l’ultima. Da molti mesi, ormai, mi vado dibattendo a destra e a manca, alla disperata ricerca di trovare chi responsabilmente possa rendersi conto della gravità di quanto è accaduto e di quanto piu gravemente accadrà se non intervengono efficaci e tempestivi provvedimenti, essenziali per respingere gli attacchi concentrici che hanno come principale bersaglio la Chiesa e, conseguentemente, la mia persona e il gruppo a me facente capo. La politica dello struzzo, l’assurda negligenza, l’ostinata intransigenza e non pochi altri incredibili atteggiamenti di alcuni responsabili del Vaticano, mi danno la certezza che Sua Santità sia poco e male informata di tutto quanto ha per lunghi anni caratterizzato i rapporti intercorsi tra me, il mio gruppo e il Vaticano.
Santità, sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonche delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior, comprese le malefatte di Sindona, di cui ancora subisco le conseguenze; sono stato io che, su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti paesi e associazioni politico-religiose dell’Est e dell’Ovest; sono stato io che, di concerto con autorita vaticane, ho coordinato in tutto il Centro-Sudamerica la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l’espandersi di ideologie filomarxiste; e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato proprio da queste stesse autorità a cui ho rivolto sempre il massimo rispetto e obbedienza.
Santità, la domanda che mi pongo e questa: "Ma a chi giova un tale atteggiamento? Certo non a me o al mio gruppo, ma anche piu certamente non giova agli interessi morali ed economici della Chiesa. E allora, Santità, mi convinco sempre di più che chi vuole male alla Chiesa (e non sono in pochi) trova, all’interno di essa, numerosi e autorevoli alleati. Ora si tratta di stabilire quanti di questi alleati sono in buona fede e quanti non lo sono. Dunque, le ipotesi sono due: per quelli che sono coscienti del male che hanno fatto e che potrebbero ancora fare, non c’è alcun dubbio: Lei, Santità, è l’obiettivo! Per quelli che invece sono in buona fede (ed e l’ipotesi meno credibile), Santità, non indugi un secondo, li allontani urgentemente dal loro incarico prima che sia troppo tardi!
Certo, occorre molta buona volontà, per non dire che bisogna essere ciechi, per non vedere che si sta preparando una grande congiura contro la Chiesa e la Persona di Sua Santità. E ciò è facile dedurlo dalle assurde risposte che si continua a dare alle mie disperate grida di pericolo e ai miei reiterati inviti di chiarimento.
Forse, senza forse, la grande popolarità e simpatia di cui Lei, Santità, gode in molte parti del mondo e l’espandersi di essa, preoccupano, e non poco, i Suoi avversari interni ed esterni, sino al punto da far pensare a quelli interni, si capisce, il tanto peggio, tanto meglio! Gli avversari esterni lo sappiamo chi sono e Lei, Santità, lo sa meglio di tutti e li combatte meglio di tutti; ma quelli interni, interni alla Chiesa voglio dire, e quelli affini, come alcuni democristiani, Lei, Santità, li conosce? Io credo proprio di no! Non sono un pettegolo e neanche uno che accusa per dispetto o per vendetta. E non mi interessa, perciò, soffermarmi sulle tante chiacchiere che si fanno su alcuni prelati e in particolare sulla vita privata del segretario di Stato cardinale Casaroli (si sa, questo genere di chiacchiere non giova mai alla dignità e al buon nome della Chiesa), ma mi interessa moltissimo segnalarLe il buon rapporto che lega quest’ultimo ad ambienti e a personaggi notoriamente anticlericali, comunisti e filocomunisti, come quello con il ministro democristiano Nino Andreatta col quale, sembra, abbia trovato l’accordo per la distruzione e spartizione del Gruppo ambrosiano.
Ma a quale disegno vuole o deve obbedire il segretario di Stato del Vaticano? A quale ricatto? Santità, un eventuale crollo del Banco ambrosiano provocherebbe una catastrofe di inimmaginabili proporzioni in cui la Chiesa ne subirebbe i danni piu gravi! Bisogna evitarla a ogni costo! Molti sono coloro che mi fanno allettanti promesse di aiuto a condizione che io parli delle attività da me svolte nell’interesse della Chiesa; sono proprio molti coloro che vorrebbero sapere da me se ho fornito armi o altri mezzi ad alcuni regimi di paesi del Sudamerica per aiutarli a combattere i nostri comuni nemici, e se ho fornito mezzi economici a Solidarność o anche armi e finanziamenti ad altre organizzazioni di paesi dell’Est; ma io non mi faccio e non voglio ricattare; io ho sempre scelto la strada della coerenza e della lealtà anche a costo di gravi rischi! Santità, a Lei mi rivolgo perché solo attraverso il Suo alto intervento è ancora possibile raggiungere un accordo tra le parti interessate e respingere il terribile spettro di una immane sciagura.
Ora, altro non mi rimane che sperare in una Sua sollecita chiamata che mi consenta di mettere a Sua disposizione importanti documenti in mio possesso e di spiegarLe a viva voce tutto quanto e accaduto e sta accadendo, certamente a Sua insaputa. Grato e nel bacio del Sacro Anello, mi confermo della Santità Vostra.
Roberto Calvi
Le indagini sulla morte del banchiere porteranno alla sbarra Pippo Calo, Flavio Carboni e un bandito della Magliana dal cognome adeguato alla trama: Ernesto Diotallevi. Avrebbero ucciso Calvi per punirlo dello "sgarro" (non ha restituito i soldi) e per dare un avvertimento a Marcinkus.
I tre finiranno assolti per insufficienza di prove, ma le sentenze, quella di primo grado nel 2007 e d’appello nel 2010, confermeranno che si e trattato di assassinio.
Qui riportiamo una parte della sentenza d’appello del 7 maggio 2010 che ha visto assolti tutti gli imputati:
La provvista argomentativa accusatoria e risultata consolidata, sia pure, come si dira in maniera non risolutiva, per effetto della riapertura dell’istruttoria dibattimentale che ha confermato talune conclusioni: Cosa nostra, nelle sue varie articolazioni, impiegava il Banco ambrosiano e lo Ior come tramite per massicce operazioni di riciclaggio. Il fatto nuovo, rispetto alle acquisizioni di primo grado, consiste nell’assunzione del dato per cui tali operazioni avvenivano quanto meno anche ad opera di Vito Ciancimino, oltre che di Giuseppe Calo. Ciò, tuttavia, se conferma la possibilità di individuare un valido movente dell’omicidio, allarga la platea delle persone a cui tale movente e possibile riferire.
© Chiarelettere editore srl
Tratto da Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, Wojtyla Segreto, Chiarelettere, pp. 315, euro 16
Ferruccio Pinotti è nato a Padova nel 1959. Giornalista e scrittore, è autore di molti libri di successo, tra cui Poteri forti (Bur 2005), Opus Dei segreta (Bur 2006, nel 2008 è uscita un’edizione spagnola), Fratelli d’Italia (Bur 2007) sulla massoneria; Colletti sporchi (con Luca Tescaroli, Bur 2008), L’unto del Signore (con Udo Gumpel, Bur 2009), La lobby di Dio (Chiarelettere 2010). All’estero ha pubblicato Berlusconi Zampano. Die Karriere eines genialen Trickspielers (con Udo Gumpel, Riemann-Random House 2006) e Opus Dei Secreta (Campo Das Letras 2008). Il suo sito è www.ferrucciopinotti.it.
Giacomo Galeazzi è vaticanista de «La Stampa». Dopo aver trascorso sei anni a girare il mondo per il Tg1, ha curato L’Islam dalla A alla Z, dizionario di guerra scritto per la pace (Garzanti 2001), ha scritto L’Ultimo profeta, biografia di Karol Wojtyla (Spedalgraf 2005), L’ultimo tabu. Storie vere di amori segreti nella Chiesa (con Maria Corbi, Cairo 2007) e Karol e Wanda, Giovanni Paolo II e Wanda Poltawska, storia di un’amicizia durata tutta la vita (con Francesco Grignetti, Sperling & Kupfer 2010).
Le foto di Giovanni Paolo II
La storia di Giovanni Paolo II nelle prime pagine dei quotidiani
Anche Mugabe alla beatificazione di Wojtyla. Ed è polemica
di Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti
Uno dei capitoli più controversi nella battaglia di Karol Wojtyla contro il blocco comunista è quello dei finanziamenti segreti fatti arrivare al sindacato polacco Solidarność. Lo testimoniano documenti giudiziari e varie fonti che contribuiscono a illuminare un quadro per molti aspetti sconvolgente.
Solidarność nasce in Polonia nel settembre 1980, in seguito agli scioperi nei cantieri navali di Danzica. Guidato da Lech Wałęsa, alla fine del 1981 conta gia nove milioni di iscritti. Attraverso scioperi, contestazioni e altre forme di dissenso politico e sociale – tutte azioni pianificate all’insegna della non violenza – il movimento mira alla destabilizzazione e allo smantellamento del monopolio del partito unico di governo.
La battaglia contro il comunismo è solo all’inizio, la posta in gioco e alta, e il papa polacco sceglie di giocare un ruolo nella partita, con ogni mezzo necessario. Wojtyla e figura di primo piano ma c’è bisogno di soldi, ingenti capitali per sponsorizzare una rivoluzione i cui obiettivi andavano ben oltre i confini della sola Polonia. Qui non è in gioco un nostalgico desiderio di stalinismo; è naturale che l’azione di Solidarność sia da interpretare storicamente come un fatto positivo: l’avanzare coraggioso di un movimento di liberazione fatto di milioni di lavoratori.
Ma nelle scelte e nell’azione della Chiesa romana diretta dall’ex arcivescovo di Cracovia si moltiplicano le zone d’ombra e si parla addirittura, con documenti e testimonianze alla mano, di soldi della mafia impiegati per la battaglia contro il comunismo.
Dietro tutto questo c’è un uomo, ormai passato alla storia come il più spregiudicato banchiere della Chiesa: Paul Casimir Marcinkus, l’americano, tasso di spiritualità vicino allo zero, il vescovo amico di Roberto Calvi, il banchiere di Dio, e molto vicino a Giovanni Paolo II. Una storia nera che si consuma in tre anni, dal 1980 – anno di nascita di Solidarność e secondo anno nel pontificato di Wojtyla – fino al 1983. In questo breve intervallo di tempo accade di tutto. E importante partire dall’inizio.
I soldi del Banco ambrosiano
Nel biennio 1980-1981 il Banco ambrosiano, tramite il suo presidente Roberto Calvi, inizia a versare capitali enormi al sindacato di Wałęsa. Tutto è avviato nella più assoluta segretezza. La cittadella di Solidarność ha bisogno di aiuto; la battaglia di resistenza in Polonia è solo una tappa nel più impegnativo confronto con l’impero sovietico.
Nei cantieri di Danzica gli operai sventolano le immagini della Madonna nera di Częstochowa e i ritratti di papa Wojtyla assieme alle bandiere biancorosse della Polonia. I dollari, i marchi, i franchi svizzeri dell’Ambrosiano girano il mondo prima di tornare in Europa e imboccare la strada per Varsavia. Insieme a Roberto Calvi, deus ex machina dell’intera operazione e Marcinkus, l’anima nera dello Ior, la banca del Vaticano.
Nato nel 1922 a Cicero, sobborgo di Chicago che all’epoca era il feudo di Al Capone, Marcinkus viene ordinato sacerdote nel 1947. Negli anni Cinquanta si trasferisce a Roma per studiare diritto canonico alla Pontificia Universita Gregoriana.
Si capisce subito che ha tutte le carte in regola per una carriera fulminante. A soli trent’anni dispone già di una scrivania presso la Segreteria di Stato. E' intimo di vescovi e cardinali. E' alto, robusto, amante del golf e della bella vita. Molto spesso lo si vede girare con il sigaro cubano in bocca.
Marcinkus diventa segretario dello Ior nel 1971. Ma è già da anni un nome che conta in Vaticano. Il suo primo sponsor è Giovanni Battista Montini, che diventerà papa Paolo VI nel 1963. Del rapporto tra i due si ricorda un celebre episodio, un incidente avvenuto nel 1964 mentre Paolo VI e in visita al centro di Roma.
La folla spinge e quasi lo schiaccia. Lo scatto di Marcinkus è immediato. Il papa è salvo grazie al sacerdote che proprio il giorno dopo sarà scelto come guardia del corpo del pontefice: diventerà responsabile per la sicurezza del papa nei suoi viaggi in ogni angolo del mondo. La strada è spianata e Marcinkus ha le idee chiare, come testimonia una sua frase famosa: "Si puo vivere in questo mondo senza preoccuparsi del denaro? Non si puo dirigere la Chiesa con le Avemaria". Pochi anni piu tardi Marcinkus sarà la figura chiave della politica di papa Wojtyla contro il comunismo. Una battaglia, lo ricordiamo, da vincere con ogni mezzo. Anche soldi sporchi, passando per i paradisi fiscali.
Con Roberto Calvi, Marcinkus imbastisce una rete di società fantasma nei paradisi fiscali di mezzo mondo, dove arrivano fiumi di soldi. Forte della benedizione vaticana, Calvi allaccia relazioni pericolose con Michele Sindona e il giro della Loggia P2, di cui è affiliato.
La scoperta della P2 nel marzo 1981 lo priva dei suoi padrini. Nello stesso anno viene condannato per reati valutari, e finisce nel carcere di Lodi, dove tenterà il suicidio. Il banchiere ha un problema che gli toglie il sonno. Deve restituire decine di milioni di dollari ai peggiori criminali: il mafioso Pippo Calò e la banda della Magliana.
Rimesso in libertà dopo la prima condanna in attesa del processo d’appello, Calvi chiede indietro allo Ior di Marcinkus i soldi "prestati", ma invano. Inizia a questo punto una corsa contro il tempo. Verso la fine di agosto del 1981 decide di andare a Roma per incontrare Marcinkus. Mentre la città semideserta si scioglie nella canicola estiva, Calvi avvia con il monsignore una drammatica trattativa che lo condurrà a ottenere dagli alti dirigenti dello Ior Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel il riconoscimento che le principali società beneficiarie dei maxiprestiti che produrranno il crac del Banco ambrosiano erano di proprietà dello Ior.
Ma questo riconoscimento, che avviene attraverso l’emissione delle cosiddette lettere di patronage, è il risultato di una folle trattativa: Calvi e l’Ambrosiano sollevavano lo Ior da ogni responsabilità. Come se il passaggio di quei fiumi di soldi fosse opera della provvidenza. Il dirigente del settore estero del Banco ambrosiano, Giacomo Botta, dichiarerà ai magistrati che seguono le indagini sul crac Ambrosiano che "il dominio dello Ior sul Gruppo del Banco ambrosiano era reso palese da una lunga serie di circostanze: la fulminea carriera di Alessandro Mennini [figlio dell’amministratore delegato dello Ior, Luigi, nda], entrato inopinatamente in banca con il grado di vicedirettore; il trasferimento dallo Ior al Gruppo ambrosiano della Banca Cattolica del Veneto, cui non era seguito cambiamento alcuno nella direzione e nell’organo di amministrazione; il finanziamento cospicuo dello Ior (150 milioni di dollari) che aveva aiutato la neonata società Cisalpine [poi Baol-Banco ambrosiano overseas limited, nda] ad affermarsi come banca; la presenza di monsignor Marcinkus nel consiglio di amministrazione della stessa banca di Nassau; la gelosia con la quale Calvi custodiva e gestiva il proprio esclusivo rapporto con lo Ior; l’appartenenza allo Ior di Ulricor e Rekofinanz, azioniste del Banco ambrosiano, nonché di quattro società titolari dei pacchetti di azioni del Banco ambrosiano che la Rizzoli aveva costituito in pegno per un finanziamento ottenuto da Baol".
Botta racconterà ancora: "Già nel 1977-1978, quando divenni consigliere [del Banco ambrosiano di Managua], Calvi mi disse che il gruppo che controllava il pacchetto di controllo dell’Ambrosiano era lo Ior, che deteneva all’estero una consistente partecipazione del Banco. Seppi anche che le società che a quell’epoca l’Ambrosiano di Managua finanziava erano del Vaticano. Calvi probabilmente intendeva mettermi al corrente di questi segreti che lui tutelava gelosamente e intendeva altresì giustificare i finanziamenti, dicendo che erano imposti dal Vaticano, che era in sostanza il padrone del Banco ambrosiano".
Calvi aveva firmato un documento che liberava la banca del papa e Marcinkus da ogni responsabilità per l’indebitamento delle società panamensi verso il Gruppo ambrosiano; in cambio aveva ottenuto dallo Ior lettere a garanzia della situazione debitoria di quelle stesse società, con scadenza al 30 giugno 1982.
Entro quella data Calvi avrebbe dovuto trovare gli ingenti capitali necessari al salvataggio del suo impero finanziario. Marcinkus, infatti, non risponde dei debiti pur riconoscendo che le società estere alla base del crac dell’Ambrosiano erano da attribuirsi allo Ior.
Panama, Bahamas, Lima, Managua. Arriva da lì il tesoro per sostenere Solidarność. Intanto il papa e nella sua residenza di Castel Gandolfo, a riprendersi dall’attentato che nel maggio 1981 rischiava di vederlo ammazzato.
Ma sa dello Ior e di quanto andava facendo Marcinkus? Roberto Calvi fugge all’estero, braccato dai creditori. Finirà la sua corsa il 17 giugno 1982 sotto un ponte di Londra, appeso a una corda con dei mattoni nelle tasche. Solo pochi giorni prima scrivera una lettera drammatica, indirizzata a sua santità Giovanni Paolo II.
Una lettera che fotografa un pezzo importante di storia italiana e ci dice anche, con molta probabilità, che Wojtyla non poteva non sapere.
Santità,
Ho pensato molto, molto, in questi giorni. E ho capito che c’è una sola speranza per cercare di salvare la spaventosa situazione che mi vede coinvolto con lo Ior in una serie di tragiche vicende che vanno sempre più deteriorandosi e che finirebbero per travolgerci irreversibilmente. Ho pensato molto, Santità, e ho concluso che Lei è l’ultima speranza, l’ultima. Da molti mesi, ormai, mi vado dibattendo a destra e a manca, alla disperata ricerca di trovare chi responsabilmente possa rendersi conto della gravità di quanto è accaduto e di quanto piu gravemente accadrà se non intervengono efficaci e tempestivi provvedimenti, essenziali per respingere gli attacchi concentrici che hanno come principale bersaglio la Chiesa e, conseguentemente, la mia persona e il gruppo a me facente capo. La politica dello struzzo, l’assurda negligenza, l’ostinata intransigenza e non pochi altri incredibili atteggiamenti di alcuni responsabili del Vaticano, mi danno la certezza che Sua Santità sia poco e male informata di tutto quanto ha per lunghi anni caratterizzato i rapporti intercorsi tra me, il mio gruppo e il Vaticano.
Santità, sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonche delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior, comprese le malefatte di Sindona, di cui ancora subisco le conseguenze; sono stato io che, su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti paesi e associazioni politico-religiose dell’Est e dell’Ovest; sono stato io che, di concerto con autorita vaticane, ho coordinato in tutto il Centro-Sudamerica la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l’espandersi di ideologie filomarxiste; e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato proprio da queste stesse autorità a cui ho rivolto sempre il massimo rispetto e obbedienza.
Santità, la domanda che mi pongo e questa: "Ma a chi giova un tale atteggiamento? Certo non a me o al mio gruppo, ma anche piu certamente non giova agli interessi morali ed economici della Chiesa. E allora, Santità, mi convinco sempre di più che chi vuole male alla Chiesa (e non sono in pochi) trova, all’interno di essa, numerosi e autorevoli alleati. Ora si tratta di stabilire quanti di questi alleati sono in buona fede e quanti non lo sono. Dunque, le ipotesi sono due: per quelli che sono coscienti del male che hanno fatto e che potrebbero ancora fare, non c’è alcun dubbio: Lei, Santità, è l’obiettivo! Per quelli che invece sono in buona fede (ed e l’ipotesi meno credibile), Santità, non indugi un secondo, li allontani urgentemente dal loro incarico prima che sia troppo tardi!
Certo, occorre molta buona volontà, per non dire che bisogna essere ciechi, per non vedere che si sta preparando una grande congiura contro la Chiesa e la Persona di Sua Santità. E ciò è facile dedurlo dalle assurde risposte che si continua a dare alle mie disperate grida di pericolo e ai miei reiterati inviti di chiarimento.
Forse, senza forse, la grande popolarità e simpatia di cui Lei, Santità, gode in molte parti del mondo e l’espandersi di essa, preoccupano, e non poco, i Suoi avversari interni ed esterni, sino al punto da far pensare a quelli interni, si capisce, il tanto peggio, tanto meglio! Gli avversari esterni lo sappiamo chi sono e Lei, Santità, lo sa meglio di tutti e li combatte meglio di tutti; ma quelli interni, interni alla Chiesa voglio dire, e quelli affini, come alcuni democristiani, Lei, Santità, li conosce? Io credo proprio di no! Non sono un pettegolo e neanche uno che accusa per dispetto o per vendetta. E non mi interessa, perciò, soffermarmi sulle tante chiacchiere che si fanno su alcuni prelati e in particolare sulla vita privata del segretario di Stato cardinale Casaroli (si sa, questo genere di chiacchiere non giova mai alla dignità e al buon nome della Chiesa), ma mi interessa moltissimo segnalarLe il buon rapporto che lega quest’ultimo ad ambienti e a personaggi notoriamente anticlericali, comunisti e filocomunisti, come quello con il ministro democristiano Nino Andreatta col quale, sembra, abbia trovato l’accordo per la distruzione e spartizione del Gruppo ambrosiano.
Ma a quale disegno vuole o deve obbedire il segretario di Stato del Vaticano? A quale ricatto? Santità, un eventuale crollo del Banco ambrosiano provocherebbe una catastrofe di inimmaginabili proporzioni in cui la Chiesa ne subirebbe i danni piu gravi! Bisogna evitarla a ogni costo! Molti sono coloro che mi fanno allettanti promesse di aiuto a condizione che io parli delle attività da me svolte nell’interesse della Chiesa; sono proprio molti coloro che vorrebbero sapere da me se ho fornito armi o altri mezzi ad alcuni regimi di paesi del Sudamerica per aiutarli a combattere i nostri comuni nemici, e se ho fornito mezzi economici a Solidarność o anche armi e finanziamenti ad altre organizzazioni di paesi dell’Est; ma io non mi faccio e non voglio ricattare; io ho sempre scelto la strada della coerenza e della lealtà anche a costo di gravi rischi! Santità, a Lei mi rivolgo perché solo attraverso il Suo alto intervento è ancora possibile raggiungere un accordo tra le parti interessate e respingere il terribile spettro di una immane sciagura.
Ora, altro non mi rimane che sperare in una Sua sollecita chiamata che mi consenta di mettere a Sua disposizione importanti documenti in mio possesso e di spiegarLe a viva voce tutto quanto e accaduto e sta accadendo, certamente a Sua insaputa. Grato e nel bacio del Sacro Anello, mi confermo della Santità Vostra.
Roberto Calvi
Le indagini sulla morte del banchiere porteranno alla sbarra Pippo Calo, Flavio Carboni e un bandito della Magliana dal cognome adeguato alla trama: Ernesto Diotallevi. Avrebbero ucciso Calvi per punirlo dello "sgarro" (non ha restituito i soldi) e per dare un avvertimento a Marcinkus.
I tre finiranno assolti per insufficienza di prove, ma le sentenze, quella di primo grado nel 2007 e d’appello nel 2010, confermeranno che si e trattato di assassinio.
Qui riportiamo una parte della sentenza d’appello del 7 maggio 2010 che ha visto assolti tutti gli imputati:
La provvista argomentativa accusatoria e risultata consolidata, sia pure, come si dira in maniera non risolutiva, per effetto della riapertura dell’istruttoria dibattimentale che ha confermato talune conclusioni: Cosa nostra, nelle sue varie articolazioni, impiegava il Banco ambrosiano e lo Ior come tramite per massicce operazioni di riciclaggio. Il fatto nuovo, rispetto alle acquisizioni di primo grado, consiste nell’assunzione del dato per cui tali operazioni avvenivano quanto meno anche ad opera di Vito Ciancimino, oltre che di Giuseppe Calo. Ciò, tuttavia, se conferma la possibilità di individuare un valido movente dell’omicidio, allarga la platea delle persone a cui tale movente e possibile riferire.
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Tratto da Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, Wojtyla Segreto, Chiarelettere, pp. 315, euro 16
Ferruccio Pinotti è nato a Padova nel 1959. Giornalista e scrittore, è autore di molti libri di successo, tra cui Poteri forti (Bur 2005), Opus Dei segreta (Bur 2006, nel 2008 è uscita un’edizione spagnola), Fratelli d’Italia (Bur 2007) sulla massoneria; Colletti sporchi (con Luca Tescaroli, Bur 2008), L’unto del Signore (con Udo Gumpel, Bur 2009), La lobby di Dio (Chiarelettere 2010). All’estero ha pubblicato Berlusconi Zampano. Die Karriere eines genialen Trickspielers (con Udo Gumpel, Riemann-Random House 2006) e Opus Dei Secreta (Campo Das Letras 2008). Il suo sito è www.ferrucciopinotti.it.
Giacomo Galeazzi è vaticanista de «La Stampa». Dopo aver trascorso sei anni a girare il mondo per il Tg1, ha curato L’Islam dalla A alla Z, dizionario di guerra scritto per la pace (Garzanti 2001), ha scritto L’Ultimo profeta, biografia di Karol Wojtyla (Spedalgraf 2005), L’ultimo tabu. Storie vere di amori segreti nella Chiesa (con Maria Corbi, Cairo 2007) e Karol e Wanda, Giovanni Paolo II e Wanda Poltawska, storia di un’amicizia durata tutta la vita (con Francesco Grignetti, Sperling & Kupfer 2010).