Da Addis Abeba a Lampedusa: la storia di Dagmawi Ymer

Cronaca
Dagmawi Ymer, ragazzo etiope giunto in Italia come clandestino
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Cinque anni fa è scappato dall'Etiopia e passando per la Libia ha raggiunto l'isola siciliana. Ora vive a Roma e fa il documentarista, per cercare di raccontare con le immagini ciò che i suoi occhi hanno visto. LA TESTIMONIANZA

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"Cinque anni fa non me lo sarei mai immaginato". Dagmawi Ymer è etiope, è arrivato in Italia da clandestino via mare nel 2006 ed è sbarcato a Lampedusa. "Sull'isola sono rimasto una settimana in un centro di accoglienza vicino all'aeroporto. L'unica cosa che ricordo bene sono gli aerei dei turisti" racconta Dagmawi ai microfoni di SkyTG24. Oggi ha trovato il modo di far sentire la sua voce attraverso il cinema e i documentari.

Quando Dagmawi è scappato dall'Etiopia era il periodo delle manifestazioni contro le elezioni presidenziali del 2005 accusate di esser state truccate. "Invece di morire per niente o di essere arrestato, ho deciso di associarmi ad un gruppo di ragazzi che avevano pensato di partire per la Libia. Ma nessuno prevede niente, nessuno sa a cosa sta andando incontro". Una volta arrivati in Libia, Dagmawi e i suoi compagni di fuga sono stati arrestati dalla polizia libica e deportati in un container nella prigione di Cufra in attesa dell' "espulsione". "Lì c'è un meccanismo per cui la polizia ti cede ad intermediari", dichiara Dag. E' il cosiddetto sistema dei poliziotti, una consuetudine piuttosto semplice e redditizia che costringe gli immigrati a pagare una somma per poter essere portati in una delle città portuali libiche e da li essere nuovamente venduti ad altri intermediari che li caricano su dei barconi per fare la traversate. Un giro d'affari di 20 milioni di euro: dopo il petrolio lo sfruttamento dei clandestini è una voce molto florida per l'economia libica. "Una volta che arrivi in Italia, da dove puoi chiamare la tua famiglia e poter di dire di stare bene e essere consapevole che comunque non sarai maltrattato, è un sollievo".

Dagmawi una volta arrivato in Italia in soli due mesi è riuscito ad ottenere lo status di protezione umanitaria, e si è trasferito a Roma dove ha imparato l'italiano e fatto un corso di video partecipato e da quel momento ha deciso di iniziare a raccontare attraverso le immagini la sua storia: "Mi dichiaro un documentarista per caso. Questo mi ha dato la possibilità di dare voce a chi a differenza di me, non ce l'ha fatta a scappare".

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