L’allarme del governatore Lombardo che telefona al premier Berlusconi: “Qui è un inferno. Le tendopoli? Anche in Val Padana”. Secondo i dati ufficiali dell’unità di crisi dal 1 gennaio sono arrivati sull’isola oltre 18 mila immigrati
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Dopo 40 giorni "d'inferno" con sbarchi e recuperi in mare a ripetizione in una conta senza fine, a Lampedusa parole come solidarietà, assistenza, umanità stanno lasciando il posto a rabbia, preoccupazione, paura. Tra la gente il passa parola è aspettare fino al 15 aprile e se per quella data il governo non avrà risolto "il caso Lampedusa" sarà posta in atto qualche iniziativa clamorosa. Adesso l'incubo per gli isolani si chiama epidemia. Il rischio è reale, tant'è che il 28 marzo arriveranno gli ispettori sanitari della regione siciliana per verificare le condizioni igieniche in tutti i centri che ospitano circa duemila migranti e per effettuare sopralluoghi nei punti più critici: come la collina detta "della vergogna", nella zona del porto, dove sono ammassati altri tremila tunisini, che vivono in tende di fortuna, tra blatte e sporcizia, altri vivono sotto i cavalcavia, o nell'area del depuratore, mentre i più fortunati si lavano nelle docce del campo sportivo.
In un'assemblea nell'aula consiliare che si è aperta proprio mentre giungevano in porto tre barconi con 200 migranti, circa trecento lampedusani si sono sfogati col governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, giunto nell'isola per rendersi conto della situazione. Il presidente della Regione ha contattato in giornata il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Dieci minuti di conversazione, durante i quali tutto d' un fiato Lombardo spiega che "l'isola è un inferno", riferendo al premier tutto quello che ha visto con i propri occhi: "cose disumane", dice. E ancora: “Su Lampedusa non possono stare che gli ottocento uomini che può accogliere con le strutture che ci sono ora. Le tendopoli le facciano pure in Val Padana e non solo in Sicilia, visto che siamo un Paese unito". Il colloquio finisce con l'impegno di Berlusconi a convocare un Consiglio dei ministri alla presenza del governatore. Lombardo ha poi parlato al telefono anche col prefetto Giuseppe Caruso, commissario per l'emergenza:" Le risposte sono sono state inadeguate". E con Caruso che replica: "Stiamo facendo il possibile e l'impossibile".
All'ora di pranzo di domenica 27 marzo, intanto, nell'area della stazione marittima va in scena la solita protesta, con centinaia di tunisini che chiedono di andare via gettandosi in maniera plateale per terra, invocando Allah e lamentandosi della scarsa razione di cibo: un piatto di riso e due panini. Per assisterli arriva un tir della Caritas con indumenti. Gianmaria Sparma, che coordina l'ufficio della Regione a Lampedusa, aspetta l'ok dall'unità di crisi del commissario per l'emergenza per far partire l'autoarticolato con una cucina da campo che ha una capacità di duemila pasti al giorno, la stessa messa a disposizione dalla protezione civile regionale a Tornimparte per la gestione del post-terremoto in Abruzzo.
Intanto in base ai dati ufficiali dell'unità di crisi, risulta che dal primo gennaio a oggi sono sbarcati a Lampedusa complessivamente 18.501 migranti: nello stesso periodo del 2010 erano giunti nelle Pelagie in 27. Solo nelle ultime 24 ore a nelle Pelagie sono approdati 1.700 extracomunitari e ne sono partiti mille. Per Lombardo una soluzione può essere "l'uso di navi militari e civili come primo approdo per i migranti recuperati in mare, che poi vanno trasferiti altrove, non a Lampedusa: un'isola morta che ha perso la stagione turistica pasquale e rischia di perdere anche quella estiva".
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