Crac Cirio, chiesti 15 anni per Cragnotti e 8 per Geronzi

Cronaca
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Queste le richieste dei pm nel processo per il fallimento del gruppo che aveva fatto andare in default per 1,125 miliardi di euro le obbligazioni emesse tra il 2000 e il 2002

Al processo di primo grado per il crac Cirio, la procura di Roma ha chiesto la condanna a 15
anni di carcere per l'ex patron del gruppo Sergio Cragnotti e a 8 anni per Cesare Geronzi, presidente di Generali. Al termine della requisitoria, la pubblica accusa - rappresentata dai pm Rodolfo Sabelli, Gustavo De Marinis e Tiziana Cugini - ha chiesto anche la condanna di alcuni familiari di Cragnotti: 6 anni di carcere per la moglie Flora Pizzichemi,
8 anni per il figlio Andrea Cragnotti, 12 anni per il genero Filippo Fucile.

Commentando la richiesta dell'accusa, il collegio che difende Geronzi - all'epoca dei fatti numero uno di Capitalia - l'ha definita "generica e immotivata", si legge in un comunicato.
"Anche quando il cliente è solido e vitale, le banche dovrebbero coltivare la logica del sospetto e pronosticare esiti rovinosi pur se si convincono che una impresa gode di buona
salute. E' questo il pensiero cui si ispira la requisitoria dei pubblici ministeri nel processo Cirio, là dove prospetta responsabilità penali al di fuori della cerchia degli amministratori del Gruppo Cragnotti", dice la nota. "I giudici sapranno certamente andare al di là di queste implausibili presunzioni contenute in una requisitoria generica e immotivata". La nota conclude che i giudici "potranno così riconoscere che tutti i manager della allora Banca di Roma, a cominciare dal suo presidente Cesare Geronzi, che, peraltro, non aveva specifici poteri in materia, hanno agito con la correttezza e l'equilibrio di chi è attento alle esigenze del cliente, ma si guarda bene dal farsi trascinare dalle sue incontrollate aspirazioni".

I pm hanno chiesto la condanna anche di alcuni funzionari della banca romana: 4 anni di carcere per Michele Casella, 8 anni per Antonio Nottola.

Cirio fallì nel 2003, facendo andare in default le obbligazioni emesse fra il 2000 e il 2002.
Il processo conta oltre 30 imputati, con capi di imputazione che vanno, a vario titolo, dalla bancarotta fraudolenta al falso. Sul banco degli accusati anche 11 società.
Il processo riprende dopodomani, venerdì 4 marzo, con gli interventi delle parti civili.
Dopo le dichiarazioni degli avvocati della difesa di Geronzi, anche fonti vicine alla presidenza delle Generali hanno fatto "presente, nel rispetto dell'autorità giudiziaria, di confidare pienamente in una decisione del collegio giudicante che, per le ragioni esposte dalla difesa, riconosca la correttezza dell'operato del presidente Geronzi, ricordando altresì che tutte le volte che la sua condotta, nell'esercizio dell'attività di banchiere, è stata sottoposta al vaglio della magistratura, essa è risultata sempre corretta, con la conseguenza della dichiarazione di non colpevolezza".

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