L'Aquila, "non sappiamo più a chi fare domande"

Cronaca
L'Aquila - foto dal gruppo FB "Quelli che a L'Aquila alle 3:32 non ridevano"
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I cittadini colpiti dal terremoto del 6 aprile tornano in piazza domenica 13 febbraio, a un anno esatto dalla nascita del popolo delle carriole. "In città c'è solo un cantiere aperto - dice a Sky.it Giusi Pitari - il resto è abbandonato a se stesso"

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di Pamela Foti

“Tutte le mattine percorro in macchina la strada che passa affianco alla mia città. Da lontano vedo solo una gru. Una sola”.
Quello che doveva essere il più grande cantiere d’Italia, come annunciato da Guido Bertolaso nel settembre 2009, ancora oggi, a 22 mesi dal terremoto del 6 aprile, “è un luogo desolato, senza illuminazioni. Tutto attorno spazzatura, macerie ed erbacce che conquistano le nostre strade e le nostre piazze".
Giusi Pitari, docente di Biotecnologie dell'Università de l'Aquila, descrive così a Sky.it la sua città. L'unico cantiere aperto ad oggi è quello di San Silvestro, spiega, "ma non si stanno facendo lavori di ristrutturazione della chiesa, come invece sarebbe auspicabile, si sta invece costruendo un nuovo manufatto".
Il resto è abbandonato a se stesso, "per questo motivo abbiamo deciso che se non lo fanno gli altri ce ne occuperemo noi".
Domenica 13 febbraio, infatti, gli aquilani si sono dati di nuovo appuntamento in piazza, questa volta armati di guanti, forbici, sacchetti e zappa per ripulire L'Aquila. "RiabbracciAMO la città" questo il nome della manifestazione, che "non vuole essere una protesta, ma più semplicemente un modo per ritrovarci. Perché ancora oggi siamo tutti dispersi". E così, a un anno esatto dalla nascita dell'ormai noto popolo delle carriole, i cittadini si ritroveranno alle ore 10 sulle scalinate della chiesa di San Bernardino, "uno dei pochi spazi riaperti in città, ma completamente abbandonato alla sua sorte. Torneremo in piazza tutte le domeniche e ci prenderemo cura delle nostre strade e delle aiuole abbandonate".
"Occorreranno scope, guanti, rastrelli, pennelli e spatole - si legge nel comunicato che chiama a raccolta la città intera - Le nicchie, quelle non puntellate, sono sporche, piene di scritte varie".

Sono ancora tante, inoltre, le piazze inagibili e le case pericolanti dove giacciono le macerie del 6 aprile.
"Perché non vengono abbattuti gli edifici pericolanti? Forse perché non ci sono siti dove raccogliere le macerie? - si chiede la docente dell'ateneo - Proprio nei giorni scorsi, ci è stato comunicato che per le sedi dell'Università sono stati stanziati 40mila euro, ma dove sono questi soldi? Perché non vengono impiegati?"
Lo chiedono da tempo, infatti, gli aquilani.
Da mesi domandano di poter essere coinvolti nei progetti che li riguardano da vicino e, a questo proposito, hanno organizzato una raccolta firme per presentare una legge di iniziativa popolare, ma "a quanto pare in Italia non siamo abituati a far partecipi i cittadini e si preferisce decidere senza coinvolgerli. Chissà, forse per fare gli interessi di alcuni. Non di certo quelli della comunità".

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