Apertura dell'anno giudiziario. Il Pg denuncia: "Lo Stato è ormai all'insolvenza". Il ministro Alfano: "Resistenze corporative contro la riforma del sistema giudiziario"
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(in fondo al pezzo gli interventi in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario)
"L'incapacità di fare squadra e le resistenze corporative" hanno "ostacolato" i "tentativi di riforma del sistema giudiziario italiano". A dolersene è il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in un passaggio del suo intervento all'inaugurazione dell'Anno giudiziario. Il Guardasigilli spiega di apprezzare in particolare l'osservazione fatta sul tema dell'efficienza della giustizia, terreno in cui nessuno può chiamarsi fuori. Ma, sottolinea Alfano, "constato con amarezza che, purtroppo, spesso questa giusta considerazione è rimasta inascoltata per l'incapacità di fare squadra e le resistenze corporative che da più parti ostacolano qualsiasi tentativo di riforma del sistema giudiziario".
Riforme difficili - Il ministro della Giustizia riconosce che "si tratta di un percorso di riforma difficile, perché destinato ad incidere su una realtà molto complessa, su diritti inviolabili dell'uomo e garanzie di sicurezza e di libertà, ma anche su rendite di posizione, su privilegi duri a morire, su posizioni di retroguardia che si limitano ad ostacolare ogni proposta bollandola a priori come inefficace. Ma - conclude Alfano - un percorso di riforma è necessario per garantire al Paese adeguati livelli di civiltà e competitività".
Pg della Cassazione: "Giustizia fallimentare" - In precedenza il Procuratore Generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, aveva denunciato che "è oramai sotto gli occhi di tutti come la situazione quasi fallimentare della Giustizia e dei suoi tempi si stia trasformando in una situazione che si può definire quasi di insolvenza per lo Stato". Sono molti i motivi, denuncia Vitaliano, "che stanno trasformando la crisi della giustizia in una vera e propria situazione di ingiustizia".
La mancanza dei fondi - Lo Stato italiano non riesce a pagare gli indennizzi riconosciuti in base alla Legge Pinto per l'eccessiva lunghezza dei processi, e la situazione è destinata a peggiorare prosegue Vitaliano Esposito in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario. "A fine anno, esattamente il 21 dicembre scorso, la Corte europea di Strasburgo ha constatato in 475 casi la violazione della Convenzione europea da parte dello Stato italiano per i ritardi nella corresponsione dell'indennizzo liquidato dalle Corti d'appello", ha detto il pg nella sua relazione di inaugurazione dell'Anno giudiziario alla Suprema corte. Nel 2008 e' stato pari a circa 81 milioni di euro la somma che lo Stato italiano e' stato condannato a pagare in indennizzi per l'eccessiva durata di processi. Di questa enorme cifra, ben 36 milioni e mezzo di euro "non risultano pagati malgrado l'esecutività del titolo". "Lo Stato - prosegue Esposito - preferisce pagare invece che risolvere la problematica dell'esorbitante durata dei processi ma, per di più, non è neppure in grado di adempiere a tali obblighi di pagamento. Cosa poco consona per un Paese che fa parte della elitaria cerchia del G20".
Mezzi limitati - L'alto magistrato segnala poi "le note e soventi gravi carenze, le vacanze determinate prevalentemente da impiegati collocati a riposo e non più sostituiti e il blocco del turn-over. A ciò va anche aggiunto - ricorda il pg - che negli uffici giudiziari, già da alcuni anni, serpeggia un tangibile malcontento derivante dalla mancata riqualificazione e progressione di carriera del personale, che nuoce alla serenità del lavoro".
Invito al riserbo - Nella sua relazione di inaugurazione dell'Anno giudiziario alla Suprema corte, il pg ha poi scritto che "uno dei doveri (dei magistrati) è quello del riserbo. Non sempre adesso i magistrati, soprattutto taluni, si attengono, senza rendersi probabilmente conto che una notizia o un giudizio da loro riferita o espresso, data la funzione svolta, assumono una rilevanza tutt'affatto diversa da quelli provenienti dalla generalità dei cittadini". Il pg ha precisato che questo non significa limitare la libertà di pensiero dei magistrati, ma "si vuol solo segnalare la necessità di riserbo, equilibrio e prudenza, ai quali deve essere improntato il comportamento di magistrati anche al di fuori dell'esercizio delle funzioni". Esposito ha poi sottolineato i rischi che le dichiarazioni rese dai pm alla stampa possono avere in termini di risarcimento, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea sui canoni del giusto processo.
Le parole di Lupo, presidente della Cassazione - L'apertura dell'anno giudiziario "cade in una fase particolarmente delicata e critica della vita del Paese, in cui sembrano prevalere contrapposizioni, frammentazioni e interessi settoriali" ma "i magistrati continueranno ad adempiere alle loro funzioni con serenità e con impegno". E' quanto spiega nella sua relazione Ernesto Lupo, presidente della Corte Suprema di Cassazione. Tutto questo nonostante le tante "difficoltà d'ordine strutturale: il crescente aumento della domanda di giustizia penale, non bilanciato da qualche segnale di rallentamento della domanda di giustizia civile; l'anacronistica distribuzione geografica degli uffici giudiziari; la carenza di strutture e risorse; le difficolta' e la lentezza che patisce il processo di informatizzazione; la scopertura di organici". Uno scenario nel quale - conclude Lupo - è necessario fortificare il senso della dimensione comune e della coesione collettiva come presupposto per uscire dalle difficoltà".
Allarme criminalità organizzata - L'espansione della 'ndrangheta è una "emergenza nazionale" e per affrontarla serve un "potenziamento straordinario del settore investigativo e giudiziario, ai quali non possono essere lesinate le necessarie risorse economiche". Lupo segnala la "pressione estorsiva" esercitata a danno delle imprese "impegnate nella costruzione di tratti autostradali calabresi e aggiunge che la penetrazione della 'ndrangheta ha assunto ormai dimensioni interregionali e internazionali, acquisendo le peggiori connotazioni delle altre piu' antiche organizzazioni criminali, anche con tendenza al superamento della dimensione di microcosmi a struttura familiare e localistiche verso la caratterizzazione di cellule interdipendenti e collegate al vertice da strutture sovraordinate".
Indipendenza della magistratura - Occorre mantenere l'obbligatorietà dell'azione penale perché il suo venir meno "altererebbe l'assetto complessivo" dei principi basilari del sistema costituzionale sostiene Lupo, nella sua relazione. "L'indipendenza garantita da questo modello ordinamentale ai magistrati, ha permesso al sistema di giustizia di affermare il primato della legalità nell'esercizio del potere politico, amministrativo ed economico, a prescindere dalle variabili e contingenti maggioranze politiche".
Malagiustizia - "Occorre dare priorità assoluta al tema dei tempi della Giustizia" sottolinea il primo presidente della Cassazione. Lupo ricorda l'ultima 'bacchettata ricevuta dall'Italia, lo scorso 2 dicembre dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, che nell'ultima risoluzione ha ribadito che "i tempi eccessivi nell'amministrazione della giustizia italiana costituiscono un grave pericolo per il rispetto dello stato di diritto, conducendo alla negazione dei diritti consacrati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo". L'allarme per la 'giustizia lumaca' ricorre da tanti anni nelle relazioni sullo stato della Giustizia con dati sempre più allarmanti.
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(in fondo al pezzo gli interventi in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario)
"L'incapacità di fare squadra e le resistenze corporative" hanno "ostacolato" i "tentativi di riforma del sistema giudiziario italiano". A dolersene è il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in un passaggio del suo intervento all'inaugurazione dell'Anno giudiziario. Il Guardasigilli spiega di apprezzare in particolare l'osservazione fatta sul tema dell'efficienza della giustizia, terreno in cui nessuno può chiamarsi fuori. Ma, sottolinea Alfano, "constato con amarezza che, purtroppo, spesso questa giusta considerazione è rimasta inascoltata per l'incapacità di fare squadra e le resistenze corporative che da più parti ostacolano qualsiasi tentativo di riforma del sistema giudiziario".
Riforme difficili - Il ministro della Giustizia riconosce che "si tratta di un percorso di riforma difficile, perché destinato ad incidere su una realtà molto complessa, su diritti inviolabili dell'uomo e garanzie di sicurezza e di libertà, ma anche su rendite di posizione, su privilegi duri a morire, su posizioni di retroguardia che si limitano ad ostacolare ogni proposta bollandola a priori come inefficace. Ma - conclude Alfano - un percorso di riforma è necessario per garantire al Paese adeguati livelli di civiltà e competitività".
Pg della Cassazione: "Giustizia fallimentare" - In precedenza il Procuratore Generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, aveva denunciato che "è oramai sotto gli occhi di tutti come la situazione quasi fallimentare della Giustizia e dei suoi tempi si stia trasformando in una situazione che si può definire quasi di insolvenza per lo Stato". Sono molti i motivi, denuncia Vitaliano, "che stanno trasformando la crisi della giustizia in una vera e propria situazione di ingiustizia".
La mancanza dei fondi - Lo Stato italiano non riesce a pagare gli indennizzi riconosciuti in base alla Legge Pinto per l'eccessiva lunghezza dei processi, e la situazione è destinata a peggiorare prosegue Vitaliano Esposito in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario. "A fine anno, esattamente il 21 dicembre scorso, la Corte europea di Strasburgo ha constatato in 475 casi la violazione della Convenzione europea da parte dello Stato italiano per i ritardi nella corresponsione dell'indennizzo liquidato dalle Corti d'appello", ha detto il pg nella sua relazione di inaugurazione dell'Anno giudiziario alla Suprema corte. Nel 2008 e' stato pari a circa 81 milioni di euro la somma che lo Stato italiano e' stato condannato a pagare in indennizzi per l'eccessiva durata di processi. Di questa enorme cifra, ben 36 milioni e mezzo di euro "non risultano pagati malgrado l'esecutività del titolo". "Lo Stato - prosegue Esposito - preferisce pagare invece che risolvere la problematica dell'esorbitante durata dei processi ma, per di più, non è neppure in grado di adempiere a tali obblighi di pagamento. Cosa poco consona per un Paese che fa parte della elitaria cerchia del G20".
Mezzi limitati - L'alto magistrato segnala poi "le note e soventi gravi carenze, le vacanze determinate prevalentemente da impiegati collocati a riposo e non più sostituiti e il blocco del turn-over. A ciò va anche aggiunto - ricorda il pg - che negli uffici giudiziari, già da alcuni anni, serpeggia un tangibile malcontento derivante dalla mancata riqualificazione e progressione di carriera del personale, che nuoce alla serenità del lavoro".
Invito al riserbo - Nella sua relazione di inaugurazione dell'Anno giudiziario alla Suprema corte, il pg ha poi scritto che "uno dei doveri (dei magistrati) è quello del riserbo. Non sempre adesso i magistrati, soprattutto taluni, si attengono, senza rendersi probabilmente conto che una notizia o un giudizio da loro riferita o espresso, data la funzione svolta, assumono una rilevanza tutt'affatto diversa da quelli provenienti dalla generalità dei cittadini". Il pg ha precisato che questo non significa limitare la libertà di pensiero dei magistrati, ma "si vuol solo segnalare la necessità di riserbo, equilibrio e prudenza, ai quali deve essere improntato il comportamento di magistrati anche al di fuori dell'esercizio delle funzioni". Esposito ha poi sottolineato i rischi che le dichiarazioni rese dai pm alla stampa possono avere in termini di risarcimento, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea sui canoni del giusto processo.
Le parole di Lupo, presidente della Cassazione - L'apertura dell'anno giudiziario "cade in una fase particolarmente delicata e critica della vita del Paese, in cui sembrano prevalere contrapposizioni, frammentazioni e interessi settoriali" ma "i magistrati continueranno ad adempiere alle loro funzioni con serenità e con impegno". E' quanto spiega nella sua relazione Ernesto Lupo, presidente della Corte Suprema di Cassazione. Tutto questo nonostante le tante "difficoltà d'ordine strutturale: il crescente aumento della domanda di giustizia penale, non bilanciato da qualche segnale di rallentamento della domanda di giustizia civile; l'anacronistica distribuzione geografica degli uffici giudiziari; la carenza di strutture e risorse; le difficolta' e la lentezza che patisce il processo di informatizzazione; la scopertura di organici". Uno scenario nel quale - conclude Lupo - è necessario fortificare il senso della dimensione comune e della coesione collettiva come presupposto per uscire dalle difficoltà".
Allarme criminalità organizzata - L'espansione della 'ndrangheta è una "emergenza nazionale" e per affrontarla serve un "potenziamento straordinario del settore investigativo e giudiziario, ai quali non possono essere lesinate le necessarie risorse economiche". Lupo segnala la "pressione estorsiva" esercitata a danno delle imprese "impegnate nella costruzione di tratti autostradali calabresi e aggiunge che la penetrazione della 'ndrangheta ha assunto ormai dimensioni interregionali e internazionali, acquisendo le peggiori connotazioni delle altre piu' antiche organizzazioni criminali, anche con tendenza al superamento della dimensione di microcosmi a struttura familiare e localistiche verso la caratterizzazione di cellule interdipendenti e collegate al vertice da strutture sovraordinate".
Indipendenza della magistratura - Occorre mantenere l'obbligatorietà dell'azione penale perché il suo venir meno "altererebbe l'assetto complessivo" dei principi basilari del sistema costituzionale sostiene Lupo, nella sua relazione. "L'indipendenza garantita da questo modello ordinamentale ai magistrati, ha permesso al sistema di giustizia di affermare il primato della legalità nell'esercizio del potere politico, amministrativo ed economico, a prescindere dalle variabili e contingenti maggioranze politiche".
Malagiustizia - "Occorre dare priorità assoluta al tema dei tempi della Giustizia" sottolinea il primo presidente della Cassazione. Lupo ricorda l'ultima 'bacchettata ricevuta dall'Italia, lo scorso 2 dicembre dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, che nell'ultima risoluzione ha ribadito che "i tempi eccessivi nell'amministrazione della giustizia italiana costituiscono un grave pericolo per il rispetto dello stato di diritto, conducendo alla negazione dei diritti consacrati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo". L'allarme per la 'giustizia lumaca' ricorre da tanti anni nelle relazioni sullo stato della Giustizia con dati sempre più allarmanti.