Una notte a L’Aquila, dove la movida sgomita fra le macerie
CronacaDal cuore della città quasi vuoto ai pub nei container, dal centro sociale con gli sfollati a quello commerciale ritrovo degli adolescenti. Tra voglia di svago e un po’ di amarezza: “E’ tutto spento, chiuso, dimenticato. E noi che facciamo?”. LE FOTO
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Tutte le foto della città prima e dopo il sisma
di Greta Sclaunich
“Dopo dove si va?”. Da nessuna parte.
“Boss”, l’unico locale storico dell’Aquila riaperto dopo il sisma, chiude alle 22:30. Gli altri bar del centro si contano sulle dita di una mano, chiudono presto e i prezzi sono piuttosto alti.
I portici di Corso Vittorio Emanuele, i più frequentati della città prima del 6 aprile 2009? Sono chiusi, sbarrati da travi, reti e impalcature che servono a puntellare soffitti e colonne. Le piazze? Alcune sono inaccessibili al pubblico, altre sono aperte ma non ci sono più fontane, panchine o scalinate dove ritrovarsi. Di aperto a oltranza, di giorno e di notte, c’è solo “Casematte”, il centro sociale del collettivo “3e32” che ha aperto i battenti in un paio di edifici nel grande parco dell’ex ospedale psichiatrico, chiuso da anni.
Chi cerca la movida deve spostarsi in via della Croce Rossa, uno stradone dove ci sono bar, locali e pizzerie. Tutti inaugurati dopo il terremoto e tutti ospitati in container e prefabbricati. Oppure, come i giovanissimi, darsi appuntamento nel centro commerciale “L’aquilone”, tra un supermercato e una vetrina addobbata a festa.
“Vedi tutte queste viuzze? Una volta c’erano bar, ristoranti, gelaterie, localini di tutti i tipi. Ci si trovava in piazza Palazzo o davanti al Duomo e si decideva dove andare. Ora tutto è spento, chiuso, dimenticato. E noi che facciamo?”. Caterine G., 20 anni, è fuori dal “Boss” con gli amici. Elencano le tappe (obbligate) dell’Aquila by night: Nerocaffè, “che prima era una profumeria ed ora un bar caffetteria”, il teatro, “ma noi giovani lo frequentiamo poco”, il cinema multisala di Pettina “perché quello che stava in centro è ancora chiuso dall’aprile 2009”, il parco del Castello “solo prima del tramonto, dopo meglio di no: ha una brutta fama”.
Poi basta. Ricordano il bar "Tropical", “il più bello di tutti, stava in piazza dei Gesuiti” e nominano il "Magoo". Si sono già dimenticati dov’era, non riescono ad accordarsi sull’indirizzo esatto: la memoria fa brutti scherzi, anche se dal sisma è passato solo un anno e mezzo.
Ricordano invece piazza Palazzo, luogo di ritrovo per eccellenza degli universitari. Una “specie” in via d’estinzione: l’ateneo aquilano è rimasto aperto ma il numero degli iscritti è passato dai 29mila pre-sisma ai 21mila attuali. Pochi di questi vivono in città, tanti preferiscono fare i pendolari dai paesi vicini o addirittura da Roma.
“Ringrazio Berlusconi per la case nuove ma gli chiedo anche quand’è che potrò di nuovo passeggiare con la mia fidanzata per un centro degno di questo nome”: Marco R., 20 anni, studente di Scienze Motorie è arrabbiato ma tutto sommato fiducioso. Il suo tempo libero, come tanti coetanei, lo passa a giocare a rugby, lo sport aquilano per eccellenza: “Ci tocca adattarci ma io non voglio che la mia vita resti così”.
Lorenzo C, coetaneo e compagno di squadra, gli fa eco: “Prima dicevano che ci volevano dieci anni per rimettere a posto L’Aquila. Poi sono diventati 15, poi 20. Il centro è sempre chiuso e noi siamo stufi dei pullman di turisti che vengono qui solo per fotografare le macerie”.
Il proprietario del “Boss” chiude le grandi ante di legno del locale, il venerdì sera prosegue altrove: c’è chi va in pizzeria per un bicchiere di vino, chi ingaggia una battaglia di palle di neve sulla via deserta, chi si sposta alle “Casematte”.
Creato dal collettivo “3e32”, il centro sociale “Casematte” si trova a due passi dalla basilica di Collemaggio. Un bar (che all’occorrenza diventa sala prove), un centro multimediale con pc e collegamento wifi aperto a tutti, qualche roulotte parcheggiata accanto dove vivono quelli che non sono riusciti ad entrare nelle graduatorie per le case nuove costruite dal Governo. Soprattutto, un calendario ricco di eventi: concerti, cene, aperitivi. E tanto spazio per la discussione: “Noi vogliamo dire la nostra e avere voce in capitolo sulla ricostruzione. Il centro è stato fondato proprio per questo già all’indomani del sisma: lo sapevi che nelle tendopoli era proibito organizzare assemblee? Così ci siamo trasferiti qui”. Mattia Lolli, 27 anni, una società appena fondata per lo sviluppo delle energie rinnovabili, è uno degli organizzatori. Il loro scopo è aggregare i giovani. Sembra ci stiano riuscendo: “Di solito qui vengono ragazzi tra i 20 ed i 30 anni che non si riconoscono nei locali di via della Croce Rossa, ma ultimamente arrivano anche adolescenti sui 13-14 anni”.
Certo, per i giovanissimi l’alternativa è solo una: il centro commerciale “L’aquilone” appena fuori dal centro, grandi spazi, parcheggio immenso e dentro negozi, bar e supermercato. Una scelta che i più grandi biasimano ma in fondo comprendono: per chi non ha l’auto e si muove con i bus spesso è più facile raggiungere il centro commerciale che L’Aquila stessa.
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di Greta Sclaunich
“Dopo dove si va?”. Da nessuna parte.
“Boss”, l’unico locale storico dell’Aquila riaperto dopo il sisma, chiude alle 22:30. Gli altri bar del centro si contano sulle dita di una mano, chiudono presto e i prezzi sono piuttosto alti.
I portici di Corso Vittorio Emanuele, i più frequentati della città prima del 6 aprile 2009? Sono chiusi, sbarrati da travi, reti e impalcature che servono a puntellare soffitti e colonne. Le piazze? Alcune sono inaccessibili al pubblico, altre sono aperte ma non ci sono più fontane, panchine o scalinate dove ritrovarsi. Di aperto a oltranza, di giorno e di notte, c’è solo “Casematte”, il centro sociale del collettivo “3e32” che ha aperto i battenti in un paio di edifici nel grande parco dell’ex ospedale psichiatrico, chiuso da anni.
Chi cerca la movida deve spostarsi in via della Croce Rossa, uno stradone dove ci sono bar, locali e pizzerie. Tutti inaugurati dopo il terremoto e tutti ospitati in container e prefabbricati. Oppure, come i giovanissimi, darsi appuntamento nel centro commerciale “L’aquilone”, tra un supermercato e una vetrina addobbata a festa.
“Vedi tutte queste viuzze? Una volta c’erano bar, ristoranti, gelaterie, localini di tutti i tipi. Ci si trovava in piazza Palazzo o davanti al Duomo e si decideva dove andare. Ora tutto è spento, chiuso, dimenticato. E noi che facciamo?”. Caterine G., 20 anni, è fuori dal “Boss” con gli amici. Elencano le tappe (obbligate) dell’Aquila by night: Nerocaffè, “che prima era una profumeria ed ora un bar caffetteria”, il teatro, “ma noi giovani lo frequentiamo poco”, il cinema multisala di Pettina “perché quello che stava in centro è ancora chiuso dall’aprile 2009”, il parco del Castello “solo prima del tramonto, dopo meglio di no: ha una brutta fama”.
Poi basta. Ricordano il bar "Tropical", “il più bello di tutti, stava in piazza dei Gesuiti” e nominano il "Magoo". Si sono già dimenticati dov’era, non riescono ad accordarsi sull’indirizzo esatto: la memoria fa brutti scherzi, anche se dal sisma è passato solo un anno e mezzo.
Ricordano invece piazza Palazzo, luogo di ritrovo per eccellenza degli universitari. Una “specie” in via d’estinzione: l’ateneo aquilano è rimasto aperto ma il numero degli iscritti è passato dai 29mila pre-sisma ai 21mila attuali. Pochi di questi vivono in città, tanti preferiscono fare i pendolari dai paesi vicini o addirittura da Roma.
“Ringrazio Berlusconi per la case nuove ma gli chiedo anche quand’è che potrò di nuovo passeggiare con la mia fidanzata per un centro degno di questo nome”: Marco R., 20 anni, studente di Scienze Motorie è arrabbiato ma tutto sommato fiducioso. Il suo tempo libero, come tanti coetanei, lo passa a giocare a rugby, lo sport aquilano per eccellenza: “Ci tocca adattarci ma io non voglio che la mia vita resti così”.
Lorenzo C, coetaneo e compagno di squadra, gli fa eco: “Prima dicevano che ci volevano dieci anni per rimettere a posto L’Aquila. Poi sono diventati 15, poi 20. Il centro è sempre chiuso e noi siamo stufi dei pullman di turisti che vengono qui solo per fotografare le macerie”.
Il proprietario del “Boss” chiude le grandi ante di legno del locale, il venerdì sera prosegue altrove: c’è chi va in pizzeria per un bicchiere di vino, chi ingaggia una battaglia di palle di neve sulla via deserta, chi si sposta alle “Casematte”.
Creato dal collettivo “3e32”, il centro sociale “Casematte” si trova a due passi dalla basilica di Collemaggio. Un bar (che all’occorrenza diventa sala prove), un centro multimediale con pc e collegamento wifi aperto a tutti, qualche roulotte parcheggiata accanto dove vivono quelli che non sono riusciti ad entrare nelle graduatorie per le case nuove costruite dal Governo. Soprattutto, un calendario ricco di eventi: concerti, cene, aperitivi. E tanto spazio per la discussione: “Noi vogliamo dire la nostra e avere voce in capitolo sulla ricostruzione. Il centro è stato fondato proprio per questo già all’indomani del sisma: lo sapevi che nelle tendopoli era proibito organizzare assemblee? Così ci siamo trasferiti qui”. Mattia Lolli, 27 anni, una società appena fondata per lo sviluppo delle energie rinnovabili, è uno degli organizzatori. Il loro scopo è aggregare i giovani. Sembra ci stiano riuscendo: “Di solito qui vengono ragazzi tra i 20 ed i 30 anni che non si riconoscono nei locali di via della Croce Rossa, ma ultimamente arrivano anche adolescenti sui 13-14 anni”.
Certo, per i giovanissimi l’alternativa è solo una: il centro commerciale “L’aquilone” appena fuori dal centro, grandi spazi, parcheggio immenso e dentro negozi, bar e supermercato. Una scelta che i più grandi biasimano ma in fondo comprendono: per chi non ha l’auto e si muove con i bus spesso è più facile raggiungere il centro commerciale che L’Aquila stessa.