Chi salverà la lingua italiana? I gruppi di Facebook
CronacaSul social network esistono tante pagine, seguitissime, in difesa dell'italiano. Gli utenti puntano il dito contro le abbreviazioni e gli "orrori" grammaticali. "Pò" e "qual'è" i più diffusi. L'esperto: "È sciatteria, la nostra lingua non è in pericolo"
di Valeria Valeriano
“Salviamo la lingua italiana”. Da chi arriva quest’appello? Non da stimati linguisti o illustri filologi. Ma da schiere di utenti su Facebook. Sul social network le pagine in difesa dell’italiano sono tante. Una vera rivolta contro gli accenti e gli apostrofi sbagliati, le h messe a caso, le k e le x usate come abbreviazioni, i congiuntivi inesistenti. I membri dei gruppi dedicati alla grammatica sono numerosi e attivi. Un esercito di amanti della lingua pronti a postare consigli, a discutere sulle forme più corrette, a pubblicare errori e strafalcioni letti qua e là. “L'Italiano non è una malattia!” è una pagina che piace a più di sessantaquattromila persone. “Un minuto di silenzio per la grammatica che ogni giorno muore su Facebook” ha quasi ventitremila membri. Accanto a questi grandi gruppi ne esistono altri frequentati da meno gente ma sempre zelanti. Come il “Gruppo per la difesa della lingua italiana: l'Italiano non è un SMS”, che raccoglie più di duemila persone.
Ma lui, l’italiano, ha davvero bisogno di essere difeso? “Gli amatori della lingua sono molto duri – risponde la professoressa Vera Gheno, collaboratrice dell’Accademia della Crusca e docente a contratto dell’Università di Firenze –. I linguisti, invece, hanno una visione meno disperata. L’italiano non è in pericolo, regge benissimo. Il suo stato di salute è ottimo, come testimonia anche la diffusione sempre crescente all’estero”.
Navigando un po’ su Facebook, però, non sembra che la nostra lingua scoppi di salute. Gli svarioni grammaticali campeggiano su molte bacheche: nei commenti, sugli status, soprattutto nei titoli di pagine o link da condividere. Alcune “perle” sono raccolte dagli utenti in spazi come “Insegnare la grammatica italiana a chi crea gruppi” (piace a più di trentaquattromila persone) o “Se non conosci la grammatica italiana non creare gruppi!!” (quasi tredicimila membri).
“C’è una certa sciatteria nello scrivere”, ammette la professoressa Gheno. Lei conosce bene il linguaggio utilizzato su internet. Sia perché l’ha studiato a fondo, sia perché è una navigatrice assidua. “A volte sento dire che sul web è in corso una grave corruzione della lingua italiana, una violenza continua – dice la docente –. Io non sono d’accordo. Ogni mezzo ha un suo stile comunicativo fatto anche di vezzi. Quello usato negli sms e su internet è solo un tipo di italiano”. Da abolire o evitare? “No – risponde la professoressa –, da limitare ai contesti giusti. I giovani oggi conoscono due forme di italiano: quello scolastico, avulso dalla realtà, e quello trasandato. Bisogna insegnare loro che la nostra lingua ha infinite varietà. L’importante non è parlare sempre bene, come un libro stampato, ma saper distinguere la situazione comunicativa ed adeguarsi ad essa. Come è sbagliato usare un linguaggio basso in un contesto formale, lo è anche usare un italiano alto in un contesto informale”.
Nello stile telematico, però, non tutti gli errori sono concessi. “Distinguiamo due livelli – spiega la professoressa Gheno –. Nel primo troviamo le k, le x, i cmq, i nn e tutte le altre abbreviazioni”. La cosiddetta “scrittura a codice fiscale”, tanto odiata su Facebook soprattutto in gruppi come “Io non scrivo con le kappa - Campagna contro l'utilizzo delle kappa”. “Ma io non la considero un errore grave – dice la docente –, più un vezzo comunicativo. Le k e le x spesso non sono sbagli ma scelte precise. Servono a risparmiare tempo o soldi. L’importante è non usarle fuori dal contesto telematico”. Discorso diverso per altri tipi di gaffe. “Qui – prosegue la professoressa – arriviamo al secondo livello: gli errori che non possono mai essere giustificati e che denotano una mancanza di basi grammaticali”. I più diffusi? “Il «pò», gli articoli indeterminativi con apostrofi sbagliati, il «qual’è»”.
Proprio contro questi “orrori” linguistici si scagliano pagine come “Valutare progetti di vita con le persone che scrivono PO' con apostrofo” (cinquemila “mi piace” in pochi mesi) o “Salviamo «qual è» dall'apostrofo” (seguito da quasi ventimila persone). Altri gruppi, invece, si schierano a sostegno del congiuntivo. “Ragazze che considerano un congiuntivo più sexy di un orologio di lusso” piace a circa quarantatremila utenti, “Il congiuntivo non è una malattia degli occhi” a più di novantaseimila, “Lottiamo contro la scomparsa del congiuntivo” ha novantanovemila membri. “La difesa dell’italiano sul web è una cosa nobile, un fenomeno interessante – commenta la professoressa Gheno –. Finché c’è la coscienza dell’errore va tutto bene. Attenzione, però, a chi dispensa consigli linguistici sbagliati o a chi, nel tentativo di correggere gli altri, cade in svarioni più gravi”. Come quest’utente che, aprendo una discussione, propone: “Insegnamo il congiuntivo a Gerry Scotti”. “È sempre meglio, nel dubbio, andare a controllare su fonti autorevoli – suggerisce la docente –. Ad esempio sul Dop”.
Perdere qualche secondo per sfogliare un dizionario, anche online, per non rischiare di perdere qualcosa di più importante. Scrivere in modo scorretto, infatti, può avere conseguenze negative anche in amore. Non ci credete? Chiedete alle quasi cinquemila persone che apprezzano “Ero attratto da te, prima di vedere i tuoi errori di battitura nei tuoi sms” o alle ventimila che popolano “Scartare corteggiatori e potenziali amanti per gli errori grammaticali.”. Un consiglio per migliorare il modo di scrivere e non rischiare di perdere possibili partner? “Leggere più libri”, dice la professoressa Gheno. E se non avete tempo e voglia potete sempre ampliare il vostro vocabolario iscrivendovi a “Arricchisci il tuo lessico con parole forbite”. A cosa vi possono servire i termini nuovi? Magari, come consigliano quasi duecentotredicimila persone, a “Sfoggiare un linguaggio forbito in risposta a miserabili insulti”.
“Salviamo la lingua italiana”. Da chi arriva quest’appello? Non da stimati linguisti o illustri filologi. Ma da schiere di utenti su Facebook. Sul social network le pagine in difesa dell’italiano sono tante. Una vera rivolta contro gli accenti e gli apostrofi sbagliati, le h messe a caso, le k e le x usate come abbreviazioni, i congiuntivi inesistenti. I membri dei gruppi dedicati alla grammatica sono numerosi e attivi. Un esercito di amanti della lingua pronti a postare consigli, a discutere sulle forme più corrette, a pubblicare errori e strafalcioni letti qua e là. “L'Italiano non è una malattia!” è una pagina che piace a più di sessantaquattromila persone. “Un minuto di silenzio per la grammatica che ogni giorno muore su Facebook” ha quasi ventitremila membri. Accanto a questi grandi gruppi ne esistono altri frequentati da meno gente ma sempre zelanti. Come il “Gruppo per la difesa della lingua italiana: l'Italiano non è un SMS”, che raccoglie più di duemila persone.
Ma lui, l’italiano, ha davvero bisogno di essere difeso? “Gli amatori della lingua sono molto duri – risponde la professoressa Vera Gheno, collaboratrice dell’Accademia della Crusca e docente a contratto dell’Università di Firenze –. I linguisti, invece, hanno una visione meno disperata. L’italiano non è in pericolo, regge benissimo. Il suo stato di salute è ottimo, come testimonia anche la diffusione sempre crescente all’estero”.
Navigando un po’ su Facebook, però, non sembra che la nostra lingua scoppi di salute. Gli svarioni grammaticali campeggiano su molte bacheche: nei commenti, sugli status, soprattutto nei titoli di pagine o link da condividere. Alcune “perle” sono raccolte dagli utenti in spazi come “Insegnare la grammatica italiana a chi crea gruppi” (piace a più di trentaquattromila persone) o “Se non conosci la grammatica italiana non creare gruppi!!” (quasi tredicimila membri).
“C’è una certa sciatteria nello scrivere”, ammette la professoressa Gheno. Lei conosce bene il linguaggio utilizzato su internet. Sia perché l’ha studiato a fondo, sia perché è una navigatrice assidua. “A volte sento dire che sul web è in corso una grave corruzione della lingua italiana, una violenza continua – dice la docente –. Io non sono d’accordo. Ogni mezzo ha un suo stile comunicativo fatto anche di vezzi. Quello usato negli sms e su internet è solo un tipo di italiano”. Da abolire o evitare? “No – risponde la professoressa –, da limitare ai contesti giusti. I giovani oggi conoscono due forme di italiano: quello scolastico, avulso dalla realtà, e quello trasandato. Bisogna insegnare loro che la nostra lingua ha infinite varietà. L’importante non è parlare sempre bene, come un libro stampato, ma saper distinguere la situazione comunicativa ed adeguarsi ad essa. Come è sbagliato usare un linguaggio basso in un contesto formale, lo è anche usare un italiano alto in un contesto informale”.
Nello stile telematico, però, non tutti gli errori sono concessi. “Distinguiamo due livelli – spiega la professoressa Gheno –. Nel primo troviamo le k, le x, i cmq, i nn e tutte le altre abbreviazioni”. La cosiddetta “scrittura a codice fiscale”, tanto odiata su Facebook soprattutto in gruppi come “Io non scrivo con le kappa - Campagna contro l'utilizzo delle kappa”. “Ma io non la considero un errore grave – dice la docente –, più un vezzo comunicativo. Le k e le x spesso non sono sbagli ma scelte precise. Servono a risparmiare tempo o soldi. L’importante è non usarle fuori dal contesto telematico”. Discorso diverso per altri tipi di gaffe. “Qui – prosegue la professoressa – arriviamo al secondo livello: gli errori che non possono mai essere giustificati e che denotano una mancanza di basi grammaticali”. I più diffusi? “Il «pò», gli articoli indeterminativi con apostrofi sbagliati, il «qual’è»”.
Proprio contro questi “orrori” linguistici si scagliano pagine come “Valutare progetti di vita con le persone che scrivono PO' con apostrofo” (cinquemila “mi piace” in pochi mesi) o “Salviamo «qual è» dall'apostrofo” (seguito da quasi ventimila persone). Altri gruppi, invece, si schierano a sostegno del congiuntivo. “Ragazze che considerano un congiuntivo più sexy di un orologio di lusso” piace a circa quarantatremila utenti, “Il congiuntivo non è una malattia degli occhi” a più di novantaseimila, “Lottiamo contro la scomparsa del congiuntivo” ha novantanovemila membri. “La difesa dell’italiano sul web è una cosa nobile, un fenomeno interessante – commenta la professoressa Gheno –. Finché c’è la coscienza dell’errore va tutto bene. Attenzione, però, a chi dispensa consigli linguistici sbagliati o a chi, nel tentativo di correggere gli altri, cade in svarioni più gravi”. Come quest’utente che, aprendo una discussione, propone: “Insegnamo il congiuntivo a Gerry Scotti”. “È sempre meglio, nel dubbio, andare a controllare su fonti autorevoli – suggerisce la docente –. Ad esempio sul Dop”.
Perdere qualche secondo per sfogliare un dizionario, anche online, per non rischiare di perdere qualcosa di più importante. Scrivere in modo scorretto, infatti, può avere conseguenze negative anche in amore. Non ci credete? Chiedete alle quasi cinquemila persone che apprezzano “Ero attratto da te, prima di vedere i tuoi errori di battitura nei tuoi sms” o alle ventimila che popolano “Scartare corteggiatori e potenziali amanti per gli errori grammaticali.”. Un consiglio per migliorare il modo di scrivere e non rischiare di perdere possibili partner? “Leggere più libri”, dice la professoressa Gheno. E se non avete tempo e voglia potete sempre ampliare il vostro vocabolario iscrivendovi a “Arricchisci il tuo lessico con parole forbite”. A cosa vi possono servire i termini nuovi? Magari, come consigliano quasi duecentotredicimila persone, a “Sfoggiare un linguaggio forbito in risposta a miserabili insulti”.