"Un pedofilo mi ha rubato l'identità su Facebook"

Cronaca
La vignetta è di Mario Natangelo, che ha curato le illustrazioni del libro
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La storia di Massimiliano, un insegnante messo alla gogna per aver molestato i suoi studenti attraverso il social network: un orco era entrato nel suo profilo e si fingeva lui. La vicenda è tra quelle raccontate nel libro "Io ti fotto", di Morello e Tecce

PEDOFILIA: leggi l'inchiesta di Sky.it

LE INTERCETTAZIONI ESCLUSIVE :
- ADESCAMENTO ON LINE
- CONVERSAZIONI TRA PEDOFILI


di Marco Morello e Carlo Tecce


"È stato un incubo, un terribile incubo". Massimiliano, a un certo punto, smette di parlare. Tiene la cornetta lontana dalla bocca, non so se stia piangendo o semplicemente si sia perso inseguendo un pensiero. Me lo immagino con gli occhi fissi in un punto, quegli stessi occhi verdi, sereni e svegli, che ho visto sul suo profilo su Facebook. Non lo ha cancellato, il suo profilo. È ancora lì, nonostante la bacheca sia bloccata e l’ultimo post, "Fai schifo, vergognati", risalga a un po’ di tempo fa. Nonostante abbia rischiato l’arresto per colpa di quelle pagine, abbia quasi perso il lavoro, gli amici e la compagna. "Il sollievo", mi aveva scritto in una mail pochi giorni prima di fissare un appuntamento telefonico, "è tutto lì, in quel quasi. Se non fosse saltata fuori la verità, ora, probabilmente, sarei in carcere. O comunque sarei tacciato per sempre di pedofilia".

Riavvolgiamo il nastro, dall’inizio: Massimiliano insegna in una scuola media nella provincia di una grande città del Nord. La sua storia non è uscita sui giornali, ci chiede tutti gli accorgimenti possibili per mantenere l’anonimato. Massimiliano ha un ottimo rapporto con i suoi studenti, che spesso lo porta ad annullare lo spazio tra la cattedra e i banchi. Si vedono fuori dall’orario scolastico per organizzare seminari, gite o assemblee, fare volontariato, semplicemente "scambiare quattro chiacchiere all’ombra di un albero". "Amo il mio lavoro", dice, "proprio perché ti permette di trasmettere qualcosa, di guidare qualcuno. Ti arricchisce enormemente, almeno l’ho sempre pensata così".

Su Facebook Massimiliano ha tanti amici: colleghi, conoscenti, ex compagni di scuola, come tutti. Ha anche i suoi studenti, una ventina, e una sessantina di loro amici, conosciuti in feste e seminari. "Sai com’è", racconta, "non è che conosci per davvero tutti quelli che ti chiedono l’amicizia. Se un ragazzo o una ragazza di tredici, quattordici anni mi domandava di aggiungerlo potevo presumere che ci fossimo visti da qualche parte. Non è che passassi il mio tempo su Facebook, ci entravo al massimo due o tre volte a settimana, giusto per rispondere alle richieste o alle notifiche. Chi doveva dirmi qualcosa di certo non utilizzava la chat o la messaggistica interna, mi chiamava o mi scriveva. Pensi che trovavo così molesti gli avvisi di aggiornamento del social network che li avevo disattivati". In pratica se qualcuno gli mandava un messaggio privato, commentava una sua foto o scriveva sulla sua bacheca, Massimiliano non ne era informato.

Da un giorno all’altro Massimiliano si accorge che qualcosa non va. Sente un clima pesante intorno a sé, ma proprio non riesce a immaginare da cosa possa dipendere. Gli studenti lo guardano in modo strano, qualcuno non si presenta più alle sue lezioni, quasi tutti disertano le sue attività extrascolastiche. Lui non capisce, cerca di vederci chiaro, ma dall’altra parte ottiene solo risposte a mezza bocca o imbarazzati silenzi. Marco, invece, è un ragazzo di quattordici anni, anche se sembra più grande. È uno sportivo, un nuotatore, tant’è che sul suo profilo ha messo una foto in costume, con il chiaro intento di esibire il suo fisico ben definito. Una sera Massimiliano lo contatta nella chat di Facebook. "Professore, è la prima volta che la vedo qui", scrive Marco, che frequenta un’altra sezione ma, come altri, ha avuto contatti con quell’insegnante tanto simpatico, disponibile e preparato. Chiacchiere varie sulla scuola, le materie, il calcio, il futuro. Poi il clima si fa strano, Marco non è più tranquillo come all’inizio della chiacchierata telematica: Massimiliano comincia a riempire il ragazzo di complimenti per il suo fisico, gli fa domande molto personali sulle sue esperienze sessuali, gli chiede addirittura di mandargli una foto di nudo integrale in cambio di 50 euro di ricarica sul telefonino. Quello, allora, interrompe subito la comunicazione.

Quella stessa sera un paio di amici di Facebook di Massimiliano si vedono recapitare messaggi strani, carichi di doppi sensi ammiccanti. Poche sere più tardi un altro ragazzino, stavolta della classe del professore, lo incontra in chat. I complimenti sono subito spinti, il giovane, dopo qualche reticenza, accetta di mostrarsi in cam su un servizio di messaggistica molto noto, ma non appena la accende trova nell’inquadratura un pene in erezione. La notizia stavolta si sparge in fretta, arriva alla presidenza e ai genitori del ragazzino, che parlano, a giusto titolo, di molestie e chiedono la testa di Massimiliano.

"Sono stato convocato con urgenza. Pensavano fossi un pedofilo, io non avevo idea di cosa stessero parlando. Mi sentivo mancare la terra sotto i piedi, non facevo altro che ripetere che si trattava di un errore, un assurdo errore. La mia fortuna è stata quella di trovare dei carabinieri intelligenti. Si sono resi conto che quel mio comportamento, oltre che incredibilmente stupido, sarebbe stato suicida. Mi hanno chiesto se potevano controllare il mio computer e ho acconsentito subito". Intanto la notizia è di dominio pubblico. "Mi guardavano tutti malissimo, in paese. Avevo voglia di sprofondare. È una sensazione terribile. Sapevo che non c’entravo niente con quella storia ma mi sentivo ugualmente, terribilmente a disagio. Terribilmente solo". Ancora, nessuno affronta Massimiliano a muso duro, ma la sua bacheca di Facebook, il luogo immateriale da cui tutto è partito, si riempie di insulti. "Vergognati!", "Fai schifo!", "Per quelli come te dovrebbero riaprire i campi di concentramento". E gentilezze simili.

Le connessioni a Internet in quella zona non sono tantissime, per accedere ai dati del traffico web, per fortuna, le autorità non impiegano troppo tempo. Si scopre che un computer, in gergo un altro IP, ha avuto accesso al profilo di Massimiliano. "Una persona che conosco, che per ragioni lavorative frequenta la scuola, abita in un paese vicino ed è brava con i computer. Nel suo hanno trovato di tutto: foto e filmini, oltre appunto alle tracce degli accessi alla mia pagina in quelle sere che sono stati adescati i ragazzi. Non si tratta di un insegnante, ci tengo a precisarlo", si limita ad aggiungere visto che il processo è alle battute iniziali al momento dell’intervista.

Massimiliano è stato un feticcio, la marionetta di una persona che lo ha usato per assecondare le sue pulsioni, per creare un contatto con dei ragazzi che conosceva, ma che altrimenti sarebbe stato complicato e pericoloso avvicinare. È una storia finita bene, ma che sarebbe potuta andare molto peggio. "E se non si fosse limitato a una chat? Se avesse dato appuntamento a uno degli alunni in un posto isolato con una scusa qualsiasi?" si chiede Massimiliano abbassando la voce di colpo. "Di sicuro, fidandosi di me, il ragazzo avrebbe accettato". Poi allontana la bocca del telefono e non parla più.

© Copyright 2010 Ponte alle Grazie, Adriano Salani Editore, Milano

Tratto da Marco Morello, Carlo Tecce, Io ti fotto, Ponte alle grazie, p. 224, euro 14.

Marco Morello è un giornalista catanzarese. Nato a Milano nel 1982, vive a Roma. Ha scritto per Panorama, Affari & Finanza della Repubblica, il sito web del Sole 24 Ore, il Giornale, il Corriere dello Sport, First e altri periodici. Per brevi periodi è stato anche a Rainews24 e all’agenzia Agi. Ha contribuito con racconti e inchieste a Mediocri (2008) e Peccatori (2009) di Antonello Caporale.

Carlo Tecce è un giornalista del Fatto Quotidiano e collaboratore di Micromega. Irpino, nato a Castelfranci nel 1985, vive a Roma. Ha scritto per La Gazzetta dello Sport, il Guerin Sportivo, Il Mattino e l’Unità. Ha raccontato il sistema di Raffaele Lombardo in Sicilia e i circoli sportivi romani per Mediocri (2008) e il suo terremoto e le ragazze di Papi in Peccatori (2009) di Antonello Caporale.



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