Sei mesi di moratoria per gli sviluppatori di applicazioni che sottraggono informazioni all’insaputa degli utenti: è questa la risposta del social network all’inchiesta del Wall Street Journal. Una dozzina i programmatori banditi
di Federico Guerrini
Tolleranza zero e una moratoria di sei mesi, con forti limitazioni nell’utilizzo del sito per chi ha infranto le regole. È quello che promette Facebook nei confronti degli sviluppatori di applicazioni per la piattaforma che infrangano i suoi termini d’uso, rivelando a terze parti dati personali degli utenti.
Una decina di giorni fa, un’inchiesta del Wall Street Journal aveva rivelato come gran parte delle applicazioni Facebook, comprese le più famose come Farmville, Texas HoldEm Poker, Causes, Mafia Wars, raccogliessero le informazioni personali degli utenti per rivenderle a società specializzate come la californiana RapLeaf, che a sua volta le girava agli inserzionisti.
La cosa grave è che fra le informazioni in vendita c’era anche l’identificativo utente, quel codice numerico che consente di individuare a chi è intestata una certa pagina Facebook. RapLeaf, che ora che è stata colta in flagrante ha promesso di cancellare tutti i dati, poteva così creare profili dettagliati del comportamento di una certa persona, con tanto di nome e cognome e associare questi dati ad altre informazioni raccolte su Internet.
Mike Vernal, ingegnere e portavoce di Facebook, con un post sul blog per gli sviluppatori del social network, ridimensiona in parte le accuse del quotidiano americano; secondo Vernal, ad aver violato le regole sarebbero “meno di una dozzina di applicazioni, per lo più piccole, nessuna delle quali è nella top ten dei programmi più usati sul sito”.
Per costoro è prevista l’interdizione di un semestre dall’accesso a “tutti i canali di comunicazione di Facebook” e l’obbligo di sottoporre i propri futuri prodotti a un rigoroso esame prima di poter essere immessi sulla piattaforma. Non si tratterebbe dunque di una sospensione completa dal sito, come hanno scritto alcuni commentatori ma, come afferma più correttamente il blog Inside Facebook, del blocco dell’invio di notifiche, inviti o messaggi in bacheca; la punizione consisterebbe dunque nell’impossibilità degli sviluppatori di farsi pubblicità sul network con il passaparola.
Inside Facebook rivela inoltre che le software house “sospese” non sarebbero poi tanto insignificanti: i redattori del blog ne hanno identificate cinque, che messe insieme possono contare su un bacino di utenza di circa 50 milioni di iscritti. L’Electronic Frontier Foundation (Eff), da sempre molto critica nei confronti del sito in blu, ma che di recente aveva in parte rivisto la propria posizione alla luce degli sforzi di Zuckerberg per migliorare la gestione della propria riservatezza da parte degli iscritti, parla di “promesse infrante”.
Richard Esguerra in un post sul sito di Eff ricorda come il fatto che le applicazioni potessero mettere a rischio la privacy fosse stato rivelato già a maggio. In quell’occasione i responsabili del sito erano corsi velocemente ai ripari, ma il fatto che solo pochi mesi dopo un’altra inchiesta riveli problemi simili, evidenzia quello che Eff e altre associazioni hanno sempre sottolineato: i software di terze parti che girano sulla piattaforma sono il vero punto debole di Facebook.
Una soluzione per il facebookiano preoccupato, comunque, ci sarebbe: recarsi nella pagina delle impostazioni sulla privacy, selezionare il menù “applicazioni” e poi scegliere “disattiva tutte le applicazioni della piattaforma”.
Tolleranza zero e una moratoria di sei mesi, con forti limitazioni nell’utilizzo del sito per chi ha infranto le regole. È quello che promette Facebook nei confronti degli sviluppatori di applicazioni per la piattaforma che infrangano i suoi termini d’uso, rivelando a terze parti dati personali degli utenti.
Una decina di giorni fa, un’inchiesta del Wall Street Journal aveva rivelato come gran parte delle applicazioni Facebook, comprese le più famose come Farmville, Texas HoldEm Poker, Causes, Mafia Wars, raccogliessero le informazioni personali degli utenti per rivenderle a società specializzate come la californiana RapLeaf, che a sua volta le girava agli inserzionisti.
La cosa grave è che fra le informazioni in vendita c’era anche l’identificativo utente, quel codice numerico che consente di individuare a chi è intestata una certa pagina Facebook. RapLeaf, che ora che è stata colta in flagrante ha promesso di cancellare tutti i dati, poteva così creare profili dettagliati del comportamento di una certa persona, con tanto di nome e cognome e associare questi dati ad altre informazioni raccolte su Internet.
Mike Vernal, ingegnere e portavoce di Facebook, con un post sul blog per gli sviluppatori del social network, ridimensiona in parte le accuse del quotidiano americano; secondo Vernal, ad aver violato le regole sarebbero “meno di una dozzina di applicazioni, per lo più piccole, nessuna delle quali è nella top ten dei programmi più usati sul sito”.
Per costoro è prevista l’interdizione di un semestre dall’accesso a “tutti i canali di comunicazione di Facebook” e l’obbligo di sottoporre i propri futuri prodotti a un rigoroso esame prima di poter essere immessi sulla piattaforma. Non si tratterebbe dunque di una sospensione completa dal sito, come hanno scritto alcuni commentatori ma, come afferma più correttamente il blog Inside Facebook, del blocco dell’invio di notifiche, inviti o messaggi in bacheca; la punizione consisterebbe dunque nell’impossibilità degli sviluppatori di farsi pubblicità sul network con il passaparola.
Inside Facebook rivela inoltre che le software house “sospese” non sarebbero poi tanto insignificanti: i redattori del blog ne hanno identificate cinque, che messe insieme possono contare su un bacino di utenza di circa 50 milioni di iscritti. L’Electronic Frontier Foundation (Eff), da sempre molto critica nei confronti del sito in blu, ma che di recente aveva in parte rivisto la propria posizione alla luce degli sforzi di Zuckerberg per migliorare la gestione della propria riservatezza da parte degli iscritti, parla di “promesse infrante”.
Richard Esguerra in un post sul sito di Eff ricorda come il fatto che le applicazioni potessero mettere a rischio la privacy fosse stato rivelato già a maggio. In quell’occasione i responsabili del sito erano corsi velocemente ai ripari, ma il fatto che solo pochi mesi dopo un’altra inchiesta riveli problemi simili, evidenzia quello che Eff e altre associazioni hanno sempre sottolineato: i software di terze parti che girano sulla piattaforma sono il vero punto debole di Facebook.
Una soluzione per il facebookiano preoccupato, comunque, ci sarebbe: recarsi nella pagina delle impostazioni sulla privacy, selezionare il menù “applicazioni” e poi scegliere “disattiva tutte le applicazioni della piattaforma”.