Quando la piazza cede alla violenza

Cronaca
Terzigno
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Storie di guerriglia urbana, da Terzigno a Cagliari: "La gente vuole essere consultata", spiega il sociologo Nevola, "e se non ha voce in capitolo, alza il tono della protesta". Il problema sono gli estremisti, dice Chittaro, ex colonnello dei carabinieri

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di Pamela Foti

Sassaiole da una parte, fumogeni dall’altra. Lancio di bottiglie, molotov, manganellate, auto bruciate. Un manifestante rischia di perdere l’occhio dopo essere stato colpito da un candelotto, un agente viene ferito da una pietra che gli procura una frattura alla mandibola. Visi insanguinati, qualche ferito. E’ il bilancio delle manifestazioni degli ultimi giorni che da Napoli a Cagliari, passando per i cortei studenteschi del nord del Paese, restituiscono alla cronaca scene di guerriglia urbana.

“Il volto della piazza è cambiato, è finita l’epoca della partecipazione politica degli Anni ’70 che lottava per temi di carattere nazionale. Oggi la protesta è legata al territorio, è profondamente localizzata e si fa portavoce di un disagio di carattere pubblico” dichiara a Sky.it Gaspare Nevola, professore di Scienze Politiche della Facoltà di Sociologia di Trento. Sono tempi, i nostri, dominati dalla politica del Not In My Back Yard (NYMBY), non nel mio cortile, continua Nevola nella sua analisi. In questo preciso momento politico, poi, “assistiamo a un maggiore dispiegamento delle forze di polizia perché c’è una crescente domanda di ordine e sicurezza da parte del cittadino. E la politica ha bisogno di consenso” sostiene il politologo.
“La società, però, è dissociata: quando il problema non tocca da vicino, chiede tranquillità e rassicurazioni da parte delle autorità, quando coinvolge in prima persona, urla il suo disagio per essere ascoltata. Non posso escludere, inoltre, che si cerchi lo scontro per attirare l’attenzione”.
E sono tante le proteste di piazza a non essere passate sotto silenzio.

Tezigno sta vivendo giorni di tensione, degenerati in violenza e cariche delle forze dell’ordine quando i cittadini hanno saputo che, nonostante le promesse, si è deciso di andare avanti con la costruzione di una seconda discarica.

A Cagliari, il 19 ottobre, è intervenuta la polizia in tenuta anti sommossa per disperdere i pastori del Movimento guidato da Felice Floris in lotta per il prezzo del latte e per il generale stato di crisi del settore, che a loro volta hanno reagito con il lancio di pietre e il blocco della strada con i cassonetti della spazzatura.
E poi ancora scontri tra studenti e polizia a Milano l’8 ottobre durante la manifestazione contro il ddl Gelmini sulla riforma dell'istruzione e tafferugli a Torino la settimana precedente, scaturiti da un mancato accordo sul tracciato del corteo organizzato dal mondo della scuola.

Ma non sono le forme di protesta ad essere cambiate, sostiene Andrea Chittaro, ex colonnello dei carabinieri che per oltre 10 anni si è occupato di ordine pubblico sulla piazza di Milano. Piuttosto, “si propongono ciclicamente fenomeni di piazza che hanno un forte impatto sociale e che presentano picchi di criticità quando si prendono decisioni”.

Scorrendo le pagine della memoria, riaffiorano le immagini degli scontri a Roma del 7 luglio durante l’imponente corteo di aquilani arrivato nelle strade della capitale per chiedere la sospensione delle tasse. Oppure le battaglie del movimento No Tav e dei comitati contro la costruzione dell'alta velocità e del collegamento Torino-Lione.
Nel corso della protesta del mese di febbraio, che ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, due agenti sono rimasti feriti mentre un giovane ha riportato un ematoma tra il cervello e la meninge.

“Esistono iniziative estemporanee” dichiara Chittaro, ovvero momenti in cui improvvisamente sale la tensione e la situazione degenera, ma il vero problema nasce quando “nel sistema si intromettono frange estremiste”.
Al fianco di un buon 90% di manifestanti che scende in piazza per esprimere il proprio dissenso, spiega, possono sfilare “gruppi di antagonisti che agiscono con lo scopo di far degenerare la situazione. Sono persone organizzate e schierate ideologicamente. Ma non hanno una bandiera politica”. E’ in queste occasioni, dunque, “che la piazza diventa difficile da gestire perché se da una parte le forze di polizia devono garantire la libertà di manifestare, dall’altra devono assicurare l’ordine pubblico”.

La questione, invece, secondo il professore di Scienze Politiche alla facoltà di Sociologia di Trento Gaspare Nevola, sta nel fatto che troppo spesso le manifestazioni a carattere locale sono considerate solo questioni di ordine pubblico. “Si tratta di eventi che esprimono una precisa volontà politica. La gente vuole essere consultata se sotto casa si decide di costruire una discarica o una linea dell’alta velocità. E se non ha voce in capitolo, alza il tono della protesta”. Perché è attraverso l’azione che si esprime un disagio, sostiene ancora Nevola.
“I cittadini sono frustrati e delusi e hanno bisogno di nuove forme di dialogo con le istituzioni. Il popolo non si sente più sovrano e rivendica il suo scettro. La matrice di queste mobilitazioni di piazza è sempre più locale, ma la forma è estesa. E lo dimostra il moltiplicarsi di questi eventi”.

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