Riciclaggio, l’ex senatore Di Girolamo patteggia 5 anni

Cronaca
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L’esponente del Pdl, coinvolto nell’inchiesta Fastweb e Telecom Sparkle, ha concordato la pena: restituirà anche 4 milioni e 700 mila euro. In cella dal 3 marzo scorso, ha ottenuto gli arresti domiciliari

LA MAXI TRUFFA CORRE SUL FILO DEL TELEFONO

L'ex senatore Nicola Di Girolamo (Pdl), coinvolto a Roma nell'inchiesta su un maxiriciclaggio da due miliardi di euro, ha concordato con la procura di patteggiare una pena di cinque anni e di restituire quattro milioni e 700 mila euro, provento dell'attività di riciclaggio a lui destinato. Nel pomeriggio, su richiesta del pool di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, Di Girolamo ha ottenuto gli arresti domiciliari.

Il via libera agli arresti domiciliari è arrivato questa mattina dal gip Maria Luisa Paolicelli che ha preso atto dell'istanza presentata dalla difesa dell'ex parlamentare e del parere favorevole concesso dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. L’ex senatore ha lasciato dunque il carcere di Rebibbia, dove era detenuto dal 3 marzo scorso.

Di Girolamo era stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di ingenti somme di denaro effettuato a livello internazionale e, con riferimento alla sua elezione a senatore con il voto degli italiani all'estero, per violazione della legge elettorale e per scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso. Nei suoi confronti, la procura di Roma aveva sollecitato e ottenuto il giudizio immediato.

Da quando è finito in manette, l'ex senatore si è sottoposto a numerosi interrogatori, risultando alla fine uno dei pochissimi indagati ad aver collaborato all'inchiesta. Ai magistrati della procura, oltre ad aver svelato il meccanismo della frode fiscale messa in atto da alcuni ex dirigenti di Fastweb e Telecom Italia Sparkle, con la regia dell'imprenditore napoletano Gennaro Mokbel e di alcuni suoi stretti collaboratori (come Carlo Focarelli e Marco Toseroni), Di Girolamo ha anche parlato dell'affare Digint, società che faceva parte del gruppo Finmeccanica e che (sospettano gli inquirenti) serviva per creare fondi neri all'estero.

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