Continua a suscitare polemiche il caso di un donatore, respinto a un ospedale di Milano perché omosessuale. Protesta l' Arcigay, mentre la maggior parte dei medici afferma: serve una legge chiara
Si accende la polemica dopo il rifiuto dell'Ospedale Gaetano Pini di Milano di far donare un ragazzo che si era dichiarato omosessuale (ma con un rapporto stabile). Il ministro della Salute Ferruccio Fazio è corso ai ripari, chiedendo immediatamente un parere al Consiglio Superiore di Sanità per chiarire gli ambiti interpretativi della legislazione nazionale. Dal ministero hanno spiegato che la richiesta di Fazio "è quella di chiarire gli ambiti interpretativi delle norme europee e nazionali in merito ai 'comportamenti a rischio' che possono determinare l'esclusione permanente o temporanea dalla donazione del sangue". E lo stesso titolare del dicastero ha tenuto a precisare che sulla vicenda "non vanno fatte strumentalizzazioni e che il volontariato è un bene prezioso da sostenere".
La legge italiana da tempo aveva eliminato la dicitura 'categoria a rischio' (nella quale erano inclusi i gay), preferendo quella di 'comportamenti a rischio'. Tale categoria viene a eliminare di fatto la discriminazione nei riguardi degli omosessuali, lasciando al medico la facoltà di decidere caso per caso in base alla possibilità di rischio infezione. Ma la scelta dell'ospedale milanese ha, nei fatti, rispolverato un'annosa questione.
A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato l'ematologo ed ex ministro della Salute, Girolamo Sirchia: "Non c'è solo Milano a escludere i gay dalla donazione di sangue: c'è la maggior parte dell'Italia e quasi tutte le nazioni del mondo, dagli Usa all'Europa intera, esclusa la Spagna. E questo perché "la letteratura scientifica mondiale specifica che i rapporti omosessuali sono comportamenti a rischio". Secondo Sirchia, inoltre, "oggi, in mancanza di chiare norme, in Italia c'è qualcuno che accetta donazioni dai gay. Ma la legge è abbastanza ambigua, perché dice che non possono essere assoggettati a prelievo i candidati donatori che sono ad alto rischio o a rischio più elevato del normale; però non dice quali sono questi rischi. Sappiamo però dalla letteratura che queste persone sono a più alto rischio, quindi li escludiamo".
Espressioni bollate come "imbarazzanti" dalla Lila (Lega italiana per la lotta contro l'Aids), che attacca anche il ministro Fazio, colpevole di non essere stato in grado di decidere e di aver preso tempo girando la spinosa questione al Css. Critica verso il comportamento del ministro anche il capogruppo del Pd in commissione Sanità del Senato, Fiorenza Bassoli, che giudica la richiesta al Css "superflua e discriminatoria", perché "la stessa preoccupazione dovrebbe esserci anche nei confronti delle donazioni da eterosessuali". Senza contare le proteste dell'Arcigay, che giustamente rileva: "Non è la categoria a dover essere discriminata, ma il comportamento dei singoli".
La legge italiana da tempo aveva eliminato la dicitura 'categoria a rischio' (nella quale erano inclusi i gay), preferendo quella di 'comportamenti a rischio'. Tale categoria viene a eliminare di fatto la discriminazione nei riguardi degli omosessuali, lasciando al medico la facoltà di decidere caso per caso in base alla possibilità di rischio infezione. Ma la scelta dell'ospedale milanese ha, nei fatti, rispolverato un'annosa questione.
A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato l'ematologo ed ex ministro della Salute, Girolamo Sirchia: "Non c'è solo Milano a escludere i gay dalla donazione di sangue: c'è la maggior parte dell'Italia e quasi tutte le nazioni del mondo, dagli Usa all'Europa intera, esclusa la Spagna. E questo perché "la letteratura scientifica mondiale specifica che i rapporti omosessuali sono comportamenti a rischio". Secondo Sirchia, inoltre, "oggi, in mancanza di chiare norme, in Italia c'è qualcuno che accetta donazioni dai gay. Ma la legge è abbastanza ambigua, perché dice che non possono essere assoggettati a prelievo i candidati donatori che sono ad alto rischio o a rischio più elevato del normale; però non dice quali sono questi rischi. Sappiamo però dalla letteratura che queste persone sono a più alto rischio, quindi li escludiamo".
Espressioni bollate come "imbarazzanti" dalla Lila (Lega italiana per la lotta contro l'Aids), che attacca anche il ministro Fazio, colpevole di non essere stato in grado di decidere e di aver preso tempo girando la spinosa questione al Css. Critica verso il comportamento del ministro anche il capogruppo del Pd in commissione Sanità del Senato, Fiorenza Bassoli, che giudica la richiesta al Css "superflua e discriminatoria", perché "la stessa preoccupazione dovrebbe esserci anche nei confronti delle donazioni da eterosessuali". Senza contare le proteste dell'Arcigay, che giustamente rileva: "Non è la categoria a dover essere discriminata, ma il comportamento dei singoli".