Secondo l'archietto Zampolini, nel 2004 l'arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe avrebbe venduto all'allora ministro delle Infrastrutture un immobile di quattro piani per un quarto del suo valore reale
Inchiesta appalti: l'album fotografico
L’attuale arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, l’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi e un palazzo di quattro piani in via dei Prefetti a Roma, a cinquanta metri dalla Camera. Sono gli elementi del nuovo caso che emerge dall’inchiesta di Perugia sulla “cricca” e sugli immobili ceduti a politici a prezzi agevolati nell’ambito della vicenda degli appalti per i “grandi eventi”. Lo riporta il Corriere della Sera, citando un verbale dell’architetto Angelo Zampolini.
Zampolini ha dichiarato che era un monsignore a gestire le case romane in affitto per conto di Propaganda Fide, in stretto contatto con Angelo Balducci e Diego Anemone. Il prelato, secondo Zampolini, “si occupava delle assegnazioni, mentre i contratti di vendita erano firmati dal cardinale Crescenzio Sepe. Nel 2004 fu proprio lui a cedere all’allora ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi il palazzo di via dei Prefetti”.
Per gli inquirenti, l’immobile fu venduto all’ex ministro su pressione di Balducci a un quarto del suo valore reale. Lunardi ha sempre negato di aver beneficiato di un tale sconto e di aver ricevuto trattamenti di favore.
Ma gli inquirenti continuano a seguire la pista degli immobili venduti o affittati a prezzi stracciati a politici e funzionari statali in cambio di appalti alle società della “cricca”. Molte di queste case appartengono al Vaticano e sono state spesso ristrutturate dall’azienda di Anemone. Ci sono anche i due immobili, in via della Vite e via delle Quattro Fontane, dove “Antonio Di Pietro prese due appartamenti”, racconta sempre Zampolini. Nel primo appartamento c’era la sede del giornale dell’Italia dei valori e gli inquirenti stanno accertando se l’affitto versato fosse inferiore a quello dichiarato. Nel secondo vive il tesoriere del partito, Silvana Mura (Di Pietro ha smentito di aver usufruito di queste case). Il suo contratto è firmato da monsignor Francesco Di Muzio, capo dell’ufficio amministrativo di Propaganda Fide. Potrebbe essere lui il prelato chiamato in causa da Zampolini, ma i magistrati stanno verificando anche la posizione di monsignor Massimo Cenci, nominato da Sepe sottosegretario e delegato alla gestione degli immobili da affittare.
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