La procura indaga su Barberi, Boschi e altri membri della commissione Grandi Rischi per omicidio colposo: nonostante lo sciame sismico e molte riunioni non hanno invitato gli abruzzesi a lasciare le loro case.
GUARDA LO SPECIALE ABRUZZO
L'Aquila, un anno dopo: LE FOTO
Abruzzo, il ritorno alla normalità: LE FOTO
Onna, Paganica: ieri e oggi. LE FOTO
Sono 7 gli indagati della Commissione Grandi Rischi per il filone di inchiesta sulle risultanze della riunione del 31 marzo 2009 all'Aquila, cinque giorni prima del sisma. Il reato contestato è concorso in omicidio colposo per aver sottovalutato gli allarmi sismici che precedettero la drammatica scossa del 6 aprile 2009.
"I responsabili sono persone molto qualificate che avrebbero dovuto dare risposte diverse ai cittadini. - dichiara il Procuratore della Repubblica dell'Aquila, Alfredo Rossini - Non si tratta di un mancato allarme, l'allarme era già venuto dalle scosse di terremoto. Si tratta del mancato avviso che bisognava andarsene dalle case".
Le indagini chiuse nelle settimane scorse dagli agenti della sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica dell'Aquila e dalla Squadra Mobile diretta da Salvatore Gava, sono finalizzate a chiarire se gli esperti ed i rappresentanti della Protezione civile abbiano fornito alla popolazione elementi troppo rassicuranti in rapporto allo sciame.
Tra gli indagati alcuni vertici della Protezione civile, dell'Ingv, sismologi di fama mondiale e tecnici del settore.
Si tratta di Franco Barberi (presidente vicario della commissione nazionale per la prevenzione e previsione dei grandi rischi e ordinario di vulcanologia all'università Roma Tre), Bernardo De Bernardinis (vice capo settore tecnico operativo del dipartimento nazionale di Protezione civile), Enzo Boschi (presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e ordinario di fisica terrestre presso l'università di Bologna), Giulio Selvaggi (direttore del centro nazionale terremoti), Gian Michele Calvi (direttore della fondazione 'Eucentre'), Claudio Eva (ordinario di fisica terrestre presso l'università di Genova) e Mauro Dolce (direttore dell'ufficio Rischio sismico del dipartimento di Protezione civile e ordinario di tecnica delle costruzioni presso l'università Federico II di Napoli).
Il filone - l'accusa per tutti è omicidio colposo - è stato aperto dopo la denuncia presentata da una trentina di cittadini secondo i quali la riunione della commissione Grandi Rischi fatta a l'Aquila a cinque giorni dal tragico sisma aveva diffuso ottimismo e false rassicurazioni ai cittadini anche attraverso i messaggi di tecnici ed amministratori.
Il fascicolo in mano ai magistrati aquilani, titolari dell'inchiesta è molto voluminoso e raccoglie non solo studi di settore in materia di prevenzione dei terremoti ma anche le interviste rilasciate da politici e appartenenti alla Protezione civile subito dopo la chiusura della riunione. "Si tratta di un filone molto importante - ha commentato il procuratore capo Alfredo Rossini - che è stato portato a conclusione in maniera che gli indagati possano portare avanti le loro difese con serenità e con tutto il tempo necessario. Speriamo di arrivare ad un risultato conforme a quello che la gente si aspetta. Questo è un lavoro serio".
Guarda anche:
L'Aquila, un anno dopo: che cosa (non) è cambiato
L'Aquila, un anno dopo: LE FOTO
Abruzzo, il ritorno alla normalità: LE FOTO
Onna, Paganica: ieri e oggi. LE FOTO
Sono 7 gli indagati della Commissione Grandi Rischi per il filone di inchiesta sulle risultanze della riunione del 31 marzo 2009 all'Aquila, cinque giorni prima del sisma. Il reato contestato è concorso in omicidio colposo per aver sottovalutato gli allarmi sismici che precedettero la drammatica scossa del 6 aprile 2009.
"I responsabili sono persone molto qualificate che avrebbero dovuto dare risposte diverse ai cittadini. - dichiara il Procuratore della Repubblica dell'Aquila, Alfredo Rossini - Non si tratta di un mancato allarme, l'allarme era già venuto dalle scosse di terremoto. Si tratta del mancato avviso che bisognava andarsene dalle case".
Le indagini chiuse nelle settimane scorse dagli agenti della sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica dell'Aquila e dalla Squadra Mobile diretta da Salvatore Gava, sono finalizzate a chiarire se gli esperti ed i rappresentanti della Protezione civile abbiano fornito alla popolazione elementi troppo rassicuranti in rapporto allo sciame.
Tra gli indagati alcuni vertici della Protezione civile, dell'Ingv, sismologi di fama mondiale e tecnici del settore.
Si tratta di Franco Barberi (presidente vicario della commissione nazionale per la prevenzione e previsione dei grandi rischi e ordinario di vulcanologia all'università Roma Tre), Bernardo De Bernardinis (vice capo settore tecnico operativo del dipartimento nazionale di Protezione civile), Enzo Boschi (presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e ordinario di fisica terrestre presso l'università di Bologna), Giulio Selvaggi (direttore del centro nazionale terremoti), Gian Michele Calvi (direttore della fondazione 'Eucentre'), Claudio Eva (ordinario di fisica terrestre presso l'università di Genova) e Mauro Dolce (direttore dell'ufficio Rischio sismico del dipartimento di Protezione civile e ordinario di tecnica delle costruzioni presso l'università Federico II di Napoli).
Il filone - l'accusa per tutti è omicidio colposo - è stato aperto dopo la denuncia presentata da una trentina di cittadini secondo i quali la riunione della commissione Grandi Rischi fatta a l'Aquila a cinque giorni dal tragico sisma aveva diffuso ottimismo e false rassicurazioni ai cittadini anche attraverso i messaggi di tecnici ed amministratori.
Il fascicolo in mano ai magistrati aquilani, titolari dell'inchiesta è molto voluminoso e raccoglie non solo studi di settore in materia di prevenzione dei terremoti ma anche le interviste rilasciate da politici e appartenenti alla Protezione civile subito dopo la chiusura della riunione. "Si tratta di un filone molto importante - ha commentato il procuratore capo Alfredo Rossini - che è stato portato a conclusione in maniera che gli indagati possano portare avanti le loro difese con serenità e con tutto il tempo necessario. Speriamo di arrivare ad un risultato conforme a quello che la gente si aspetta. Questo è un lavoro serio".
Guarda anche:
L'Aquila, un anno dopo: che cosa (non) è cambiato