Secondo una sentenza della Suprema Corte gli aspiranti genitori che chiedono in adozione solo minori di determinate etnie non possono ricevere in affidamento i bambini. Per i giudici i servizi sociali devono dare una formazione adeguata alle coppie
Niente bambini alle coppie di aspiranti genitori che, nelle procedure delle adozioni internazionali, dichiarano davanti al giudice di volere solo minori di determinate etnie.
In questi casi il magistrato, non solo non deve convalidare decreti di adozione che contengono simili esclusioni discriminatorie, ma deve mettere in discussione la capacità stessa della coppia razzista a candidarsi per l'adozione in generale.
Lo ha deciso la Cassazione nella sentenza 13332 appena pubblicata e riferita al caso di una coppia siciliana che voleva adottare solo bimbi di razza europea.
Con il deposito di questa decisione le Sezioni Unite della Cassazione hanno accolto il parere della Procura della Suprema Corte che, come si era appreso lo scorso 28 aprile, aveva chiesto che fossero messe al bando dal nostro ordinamento i decreti di adozione contenenti indicazioni sull'etnia dei minori.
La Procura di piazza Cavour era stata sollecitata da un esposto dell'Aibi - Associazione amici dei bambini - che da anni lotta contro i decreti razzisti.
"Il giudice - sottolinea la sentenza scritta dal consigliere Maria Rosaria San Giorgio - oltre ad escludere la legittimità delle limitazioni poste dai richiedenti alla disponibilità all'adozione in funzione dell'etnia del minore, dovrà porsi il problema della compatibilità della relativa indicazione con la configurabilità di una generale idoneità all'adozione".
Insomma, coloro che vogliono solo bimbi "europei" non hanno le carte in regola per fare mamma e papà.
Inoltre, la Cassazione batte il tasto sulla necessità che i servizi sociali diano formazione adeguata alle coppie che intraprendono le procedure di adozione internazionale per guidarle verso "una più profonda consapevolezza del carattere solidaristico, e non egoistico, della scelta dell'adozione e prevenire opzioni di impronta discriminatoria".
Con il sostegno psicologico - aggiunge la Suprema Corte - si possono aiutare le coppie a superare le difficoltà di accogliere "un bimbo che non sia a propria immagine", o le paure di quanti dicono 'no' al bimbo 'diverso' "per il timore di fenomeni di xenofobia che espongano a rischio l'integrazione del minore nell'ambiente sociale e creino in lui problemi di adattamento".
Ad ogni modo, la Cassazione non ammette che le coppie possano esprimere "preferenze" per "determinate caratteristiche genetiche" del bambino che vorrebbero. Anche in considerazione del fatto che, in generale, tutti i bambini abbandonati hanno alle spalle una storia già "profondamente tormentata" e, ancor più degli altri bimbi, necessitano di papà e mamme con "peculiari doti di sensibilità".
In questi casi il magistrato, non solo non deve convalidare decreti di adozione che contengono simili esclusioni discriminatorie, ma deve mettere in discussione la capacità stessa della coppia razzista a candidarsi per l'adozione in generale.
Lo ha deciso la Cassazione nella sentenza 13332 appena pubblicata e riferita al caso di una coppia siciliana che voleva adottare solo bimbi di razza europea.
Con il deposito di questa decisione le Sezioni Unite della Cassazione hanno accolto il parere della Procura della Suprema Corte che, come si era appreso lo scorso 28 aprile, aveva chiesto che fossero messe al bando dal nostro ordinamento i decreti di adozione contenenti indicazioni sull'etnia dei minori.
La Procura di piazza Cavour era stata sollecitata da un esposto dell'Aibi - Associazione amici dei bambini - che da anni lotta contro i decreti razzisti.
"Il giudice - sottolinea la sentenza scritta dal consigliere Maria Rosaria San Giorgio - oltre ad escludere la legittimità delle limitazioni poste dai richiedenti alla disponibilità all'adozione in funzione dell'etnia del minore, dovrà porsi il problema della compatibilità della relativa indicazione con la configurabilità di una generale idoneità all'adozione".
Insomma, coloro che vogliono solo bimbi "europei" non hanno le carte in regola per fare mamma e papà.
Inoltre, la Cassazione batte il tasto sulla necessità che i servizi sociali diano formazione adeguata alle coppie che intraprendono le procedure di adozione internazionale per guidarle verso "una più profonda consapevolezza del carattere solidaristico, e non egoistico, della scelta dell'adozione e prevenire opzioni di impronta discriminatoria".
Con il sostegno psicologico - aggiunge la Suprema Corte - si possono aiutare le coppie a superare le difficoltà di accogliere "un bimbo che non sia a propria immagine", o le paure di quanti dicono 'no' al bimbo 'diverso' "per il timore di fenomeni di xenofobia che espongano a rischio l'integrazione del minore nell'ambiente sociale e creino in lui problemi di adattamento".
Ad ogni modo, la Cassazione non ammette che le coppie possano esprimere "preferenze" per "determinate caratteristiche genetiche" del bambino che vorrebbero. Anche in considerazione del fatto che, in generale, tutti i bambini abbandonati hanno alle spalle una storia già "profondamente tormentata" e, ancor più degli altri bimbi, necessitano di papà e mamme con "peculiari doti di sensibilità".