Nell'ambito dell'operazione "Leonina Societas" affiliati al clan Emanuello sono finiti in carcere con l'accusa d'aver messo le mani sugli appalti e sulla squadra calcistica locale
Sette persone sono finite in manette, il 24 maggio, tra Gela, Caltanissetta, Chieti e Cuneo nel corso dell'operazione antimafia "Leonina Societas". Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse nei riguardi di Giuseppe Alabiso, Angelo Cavaleri, Gianluca Gammino, Paolo Portelli, Emanuele Sciascia, Filippo Sciascia e Giuseppe Stimolo, ritenuti affiliati al clan mafioso degli Emanuello. I reati ipotizzati sono tentato omicidio, associazione mafiosa, lesioni aggravate, estorsione tentata e consumata, porto e detenzione abusiva di arma da fuoco. Al momento dell'arresto il 56enne Giuseppe Alabiso, che è un medico odontoiatra, s'è sentito male ed è stato portato in ospedale. Il professionista è accusato d'aver fornito alla mafia preziose informazioni sulle disponibilità economiche delle persone da sottoporre a estorsione. Avrebbe inoltre rilasciato agli uomini del clan Emmanuello false attestazioni sul loro stato di salute, al fine di favorirne gli esiti processuali.
L'operazione ha preso il via da un tentato omicidio avvenuto a Gela il 2 settembre 1998, quando l'ingegnere Fabrizio Lisciandra, presidente della squadra di calcio locale - all'epoca chiamata Juveterranova -, rimase ferito a una gamba per una mera casualitò. All'epoca s'era pensato a un avvertimento mafioso, ma le indagini hanno appurato che Daniele Emmanuello, l'allora capo mafioso della zona, voleva che Lisciandro rassegnasse le dimissioni da presidente della società calcistica, per imporre un proprio gruppo.
L'operazione ha preso il via da un tentato omicidio avvenuto a Gela il 2 settembre 1998, quando l'ingegnere Fabrizio Lisciandra, presidente della squadra di calcio locale - all'epoca chiamata Juveterranova -, rimase ferito a una gamba per una mera casualitò. All'epoca s'era pensato a un avvertimento mafioso, ma le indagini hanno appurato che Daniele Emmanuello, l'allora capo mafioso della zona, voleva che Lisciandro rassegnasse le dimissioni da presidente della società calcistica, per imporre un proprio gruppo.