Gli avvocati di Olindo Romano e Rosa Bassi hanno chiesto l’assoluzione per i loro assistiti di fronte alla corte d’assise d’appello di Milano elencando "prove contraddittorie" come motivazioni. L'indignazione di Frigerio, testimone oculare della strage
Dubbi, prove contraddittorie, ricostruzioni ambigue, confessioni estorte e un testimone oculare inattendibile. Sono questi gli elementi messi in campo dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in primo grado alla strage di Erba, ma vittime, per i suoi legali, di un errore giudiziario. Insinuazioni che non scalfiscono il ricordo granitico di Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage dell'11 dicembre 2006.
"Sono bestie sanguinarie", non usa mezzi termini nei confronti di chi, a colpi di spranghe e coltelli, è accusato di aver ammazzato Raffaella Castagna, il figlio Youssef di soli due anni, la nonna del piccolo, Paola Galli e la moglie di Frigerio, Valeria Cherubini. Lui, il vicino di casa accorso di fronte al fumo che stava per invadere la corte di via Diaz, si è salvato solo perché creduto morto. Sul suo corpo i segni di quella sera sono ancora visibili: il profondo taglio alla gola che gli ha reciso una corda vocale, il braccio sinistro protetto da un tutore e la gamba che muove a fatica.
La sua voce è flebile, ma senza tentennamenti: "La verità - dice - non è quella che dicono loro, ma è la mia e io non ho paura di ripeterla". In aula, davanti alla Corte d'Assise di Como, ascoltato come testimone aveva puntato il dito, senza esitazione, contro Olindo e Rosa. "Provo vero odio -spiega-, non li perdonerò mai".
Nico D'Ascola, l'avvocato della difesa, ha elencato le "ombre" sulla strage e chiesto la perizia psichiatrica per i suoi assistiti. "E' assolutamente necessaria", ha ripetuto prima di chiedere l'assoluzione. Il 20 aprile è attesa la sentenza.
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"Sono bestie sanguinarie", non usa mezzi termini nei confronti di chi, a colpi di spranghe e coltelli, è accusato di aver ammazzato Raffaella Castagna, il figlio Youssef di soli due anni, la nonna del piccolo, Paola Galli e la moglie di Frigerio, Valeria Cherubini. Lui, il vicino di casa accorso di fronte al fumo che stava per invadere la corte di via Diaz, si è salvato solo perché creduto morto. Sul suo corpo i segni di quella sera sono ancora visibili: il profondo taglio alla gola che gli ha reciso una corda vocale, il braccio sinistro protetto da un tutore e la gamba che muove a fatica.
La sua voce è flebile, ma senza tentennamenti: "La verità - dice - non è quella che dicono loro, ma è la mia e io non ho paura di ripeterla". In aula, davanti alla Corte d'Assise di Como, ascoltato come testimone aveva puntato il dito, senza esitazione, contro Olindo e Rosa. "Provo vero odio -spiega-, non li perdonerò mai".
Nico D'Ascola, l'avvocato della difesa, ha elencato le "ombre" sulla strage e chiesto la perizia psichiatrica per i suoi assistiti. "E' assolutamente necessaria", ha ripetuto prima di chiedere l'assoluzione. Il 20 aprile è attesa la sentenza.
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