Caso Marrazzo, “Cafasso ucciso perché sapeva troppo”

Cronaca
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Lo scrive il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del maresciallo dei carabinieri accusato dell’omicidio del pusher. “Sono innocente” dice dal carcere Nicola Testini ai suoi avvocati

"Una personalità incline a comportamenti censurabili e contrastanti con i doveri inerenti alla funzione esercitata". Così il gip della procura di Roma, Renato Laviola, descrive l'indole di Nicola Testini, il maresciallo dei carabinieri coinvolto nell'inchiesta sul ricatto all'ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, da ieri in carcere a Bari con l’accusa di avere ucciso "in modo premeditato" il pusher Gianguarino Cafasso, utilizzando una dose letale di droga. Il militare sarà interrogato domattina dal gip barese Sergio Di Paola.

Nelle quindici pagine dell'ordinanza di custodia cautelare, il magistrato ricostruisce quanto avvenuto il 12 settembre scorso quando Cafasso morì per overdose in una stanza d'albergo nella zona di via Salaria, a Roma. Il gip scrive che fu lo stesso Testini, che secondo l'accusa consegnò la droga-killer a Cafasso in un parcheggio della sede Rai di Saxa Rubra, a consigliare a Jennifer, il transessuale legato sentimentalmente al pusher, di "non allarmarsi e di chiamare un'ambulanza" per il malore che aveva colpito il compagno.

Cafasso, secondo quanto ricostruito dal magistrato, dopo l'offerta del filmato con le immagini di Marrazzo in compagnia del trans Natalì ad alcune giornaliste del quotidiano Libero, era diventata una persona che "sapeva troppo" ed era "inaffidabile, considerate anche le sue condizioni di abituale consumatore di droga, tanto più che tra il Testini e il Cafasso erano, nell'ultimo periodo, insorti dei contrasti". Inoltre le condizioni fisiche dell'uomo, soggetto obeso, tossicodipendente e diabetico, erano "sicuramente a conoscenza" del maresciallo, per cui "deve ritenersi - scrive Laviola - che la cessione di un quantitativo di droga nella composizione poi rilevata dai consulenti tecnici fosse finalizzata proprio a cagionarne la morte per overdose".

Nel provvedimento di custodia cautelare il magistrato scrive che esiste il pericolo che Testini possa commettere altri delitti "della medesima specie". Delitti che, per il gip, sono stati commessi "con allarmante spregiudicatezza in un contesto di illiceità, meritevole di ulteriori approfondimenti anche in altre sedi avuto riguardo al numero dei soggetti appartenenti all'Arma dei carabinieri coinvolti".

Oltre all'organizzazione del blitz in via Gradoli, per il quale Testini, secondo l'accusa, pur trovandosi in Puglia "deve ritenersi che abbia agito in concorso con il Tagliente e il Simeone, nell'organizzazione dei reati contestati, in posizione di preminenza", tra i reati contestati al maresciallo ci sono anche quattro rapine e la costituzione di una vera e propria associazione a delinquere. Nel capo d'imputazione l'associazione è contestata anche agli altri due carabinieri, già indagati per la sortita in via Gradoli, Carlo Tagliente e Luciano Simeone. Secondo quanto scrive il magistrato, i tre si sarebbero "associati fra loro, con Cafasso e con altri soggetti al momento non identificati, allo scopo di commettere più delitti di spaccio e rapine".

Colpi che sarebbero stati compiuti, tra il gennaio 2007 e il luglio 2009, ai danni di transessuali con la scusa di svolgere perquisizioni "arbitrarie". Bottino di queste rapine denaro in contanti, cellulari, profumi, computer portatili, una playstation. Secondo gli inquirenti i militari avrebbero tentato di incastrare il compagno di una trans, già nell'agosto del 2004, facendo mettere della droga sotto la sua macchina.

Intanto, dal carcere, il maresciallo dei carabinieri Nicola Testini si dichiara innocente. “Contro di me accuse assurde" ha ripetuto ai suoi avvocati che lo hanno incontrato nel carcere di Bari dove domani sarà interrogato, per rogatoria, dal gip. I legali Valerio Spigarelli e Marina Lo Faro stanno in queste ore leggendo le carte per preparare la difesa: "Dover andare davanti a un giudice che nulla sa di questa storia è un problema ulteriore - ha spiegato Spigarelli -. Comunque ci riserveremo di esercitare il diritto di difesa in modo reale e non virtuale". Quanto alle contestazioni avanzate al suo assistito, Spigarelli non ha dubbi: "Non viene dimostrato nulla. E' una sommatoria confusa di elementi discutibili. L'accusa di omicidio, in relazione alla morte di Cafasso, si realizza dando per scontato troppe cose. Proveremo l'innocenza di Testini".

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