Il figlio dell'ex sindaco di Palermo depone in aula al processo al generale dei carabinieri Mario Mori, accusato di favoreggiamento: c'era accordo per immunità a Provenzano. L'avvocato del premier Niccolò Ghedini e Nicola Mancino rispondono con la querela
"Parte del denaro di mio padre, negli anni 70, fu investito in una grossa operazione edilizia realizzata nella periferia di Milano chiamata 'Milano2"'.
E ancora: "Avevo saputo da mio padre che Provenzano godeva di una sorta di 'immunità' territoriale che gli permetteva di muoversi liberamente" durante la sua latitanza "grazie a un accordo che aveva stipulato mio padre stesso". Questi alcuni passaggi della deposizione di Massimo Ciancimino a Palermo al processo Mori.
Pronta la replica di Niccolò Ghedini, avvocato del premier e parlamentare Pdl, che ha anche annunciato querela: "Le dichiarazioni di Ciancimino su Milano 2 sono del tutto prive di ogni fondamento fattuale e di ogni logica, e sono smentibili documentalmente in ogni momento. Argomentare gli asseriti finanziamenti mafiosi è evidentemente diffamatorio, il che - conclude - sarà facilmente comprovabile nelle appropriate sedi giudiziarie". Le parole di Ciancimino hanno provocato anche la reazione di Nicola Mancino, vicepresidente del Csm e ministro dell'Interno all'epoca dei fatti descritti da Cancimino: "Per quanto mi riguarda, ribadisco che all'epoca delle stragi io, della trattativa, niente ho mai saputo e, per questo motivo, ho presentato alle Procure della Repubblica di Palermo e di Caltanissetta un esposto-denuncia nei confronti di Ciancimino jr".
Ma il racconto di Massimo Ciancimino continua. "Scoprii che la persona che conoscevo come 'signor Lo Verde' era Bernardo Provenzano negli anni Ottanta mentre mi trovavo dal barbiere a Palermo - racconta Ciancimino jr - Sfogliando una rivista, mi pare 'Epoca', vidi una sua foto e nella didascalia c'era scritto che si trattava del boss latitante Bernardo Provenzano. Quando ne parlai con mio padre, lui mi disse: 'Stai attento con il signor Lo Verde, perché da questa situazione non ti salva nessuno'. Mio padre dava a Provenzano del tu, mentre lui chiamava mio padre 'ingegnere', anche se in realtà gli mancavano due materie alla laurea".
Il periodo cui fa riferimento è il maggio del 1992, cioé pochi giorni prima della strage di Capaci e via D'Amelio.
Sono queste le parole di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo che da tempo ha cominciato a collaborare con la giustizia. Oggi infatti è il giorno della deposizione nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone, a Palermo, per il processo al generale dei carabinieri ed ex capo del Ros Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato nei confronti del super boss di mafia, Bernardo Provenzano.
Ciancimino jr parla anche di un altro boss della mafia, Totò Riina. "Mio padre conosceva Riina da quando erano ragazzi. Tra loro il rapporto è sempre stato teso. Mio padre non lo stimava e preferiva Provenzano".
Nel corso della deposizione il collaboratore di giustizia lancia anche un'accusa nei confronti dei servizi segreti.
"Nel maggio del 2009 ho ricevuto la visita di un uomo dei servizi segreti, nella mia casa di Bologna, e mi accusò di essere venuto meno agli impegni presi. Mi ha chiaramente intimidito dicendomi che la strada che avevo cominciato a percorrere non mi avrebbe dato alcun beneficio". Gli 007, come sostenuto da Ciancimino junior, non avrebbero gradito la sua decisione di iniziare a fare le dichiarazioni ai magistrati sulla presunta trattativa tra Stato e mafia dopo le stragi del '92.
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E ancora: "Avevo saputo da mio padre che Provenzano godeva di una sorta di 'immunità' territoriale che gli permetteva di muoversi liberamente" durante la sua latitanza "grazie a un accordo che aveva stipulato mio padre stesso". Questi alcuni passaggi della deposizione di Massimo Ciancimino a Palermo al processo Mori.
Pronta la replica di Niccolò Ghedini, avvocato del premier e parlamentare Pdl, che ha anche annunciato querela: "Le dichiarazioni di Ciancimino su Milano 2 sono del tutto prive di ogni fondamento fattuale e di ogni logica, e sono smentibili documentalmente in ogni momento. Argomentare gli asseriti finanziamenti mafiosi è evidentemente diffamatorio, il che - conclude - sarà facilmente comprovabile nelle appropriate sedi giudiziarie". Le parole di Ciancimino hanno provocato anche la reazione di Nicola Mancino, vicepresidente del Csm e ministro dell'Interno all'epoca dei fatti descritti da Cancimino: "Per quanto mi riguarda, ribadisco che all'epoca delle stragi io, della trattativa, niente ho mai saputo e, per questo motivo, ho presentato alle Procure della Repubblica di Palermo e di Caltanissetta un esposto-denuncia nei confronti di Ciancimino jr".
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Il periodo cui fa riferimento è il maggio del 1992, cioé pochi giorni prima della strage di Capaci e via D'Amelio.
Sono queste le parole di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo che da tempo ha cominciato a collaborare con la giustizia. Oggi infatti è il giorno della deposizione nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone, a Palermo, per il processo al generale dei carabinieri ed ex capo del Ros Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato nei confronti del super boss di mafia, Bernardo Provenzano.
Ciancimino jr parla anche di un altro boss della mafia, Totò Riina. "Mio padre conosceva Riina da quando erano ragazzi. Tra loro il rapporto è sempre stato teso. Mio padre non lo stimava e preferiva Provenzano".
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"Nel maggio del 2009 ho ricevuto la visita di un uomo dei servizi segreti, nella mia casa di Bologna, e mi accusò di essere venuto meno agli impegni presi. Mi ha chiaramente intimidito dicendomi che la strada che avevo cominciato a percorrere non mi avrebbe dato alcun beneficio". Gli 007, come sostenuto da Ciancimino junior, non avrebbero gradito la sua decisione di iniziare a fare le dichiarazioni ai magistrati sulla presunta trattativa tra Stato e mafia dopo le stragi del '92.
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