Tra i beni sequestrati dalla direzione antimafia di Palermo ci sono società, fabbricati, stabilimenti industriali e autoveicoli.
Sono riconducibili all'imprenditore di Santa Margherita Belice (Agrigento) Rosario Cascio i beni per 550 milioni di euro sequestrati ieri dalla Direzione investigativa antimafia e dal Gico della Guardia di finanza di Palermo. Un immenso patrimonio immobiliare e societario ricostruito dagli inquirenti, con il coordinamento della Dda di Palermo. Cascio, 75 anni, residente a Partanna (Trapani), è considerato uno dei cassieri del superlatitante Matteo Messina Denaro.
Tra i beni sequestrati, 15 ditte individuali e società di capitali operanti prevalentemente nel settore edilizio; 200 appezzamenti di terreno situati nelle province di Trapani e Agrigento; 90 fabbricati (appartamenti, magazzini e autoparchi); 9 stabilimenti industriali, tra cui diversi silos situati nel porto di Mazara del Vallo (Trapani), 120 autoveicoli (tra automobili, pale meccaniche, camion e escavatori); nonchè alcuni beni direttamente riconducibili allo stesso Rosario Cascio e alla moglie e che consistono in 60 appezzamenti di terreno situai nella provincia di Trapani e Agrigento, 80 fabbricati (ville, appartamenti, palazzine, autorimesse e magazzini) situati nella province di Agrigento e Trapani; 50 veicoli di differenti cilindrate e una imbarcazione da diporto.
L'operazione è stata illustrata oggi nei locali della Procura di Palermo alla presenza, tra gli altri, del procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato, del direttore centrale della Dia - Direzione investigativa antimafia - generale Antonio Girone, del comandante regionale della guardia di finanza, Domenico Achille, del comandante provinciale delle fiamme gialle di Palermo, generale Carlo Ricozzi, e dei vertici della Dia di Palermo.
Per Scarpinato "occorre aggredire sistematicamente il patrimonio di boss e gregari di Cosa nostra. Questo l'imperativo che ci siamo posti negli ultimi anni come Procura di Palermo e il lavoro sin qui svolto lo possiamo giudicare più che soddisfacente". "Grazie a una sinergia tra magistratura, Dia e guardia di finanza - ha detto Scarpinato - si e' riusciti a scardinare un potente apparato imprenditoriale - mafioso riconducibile a una storica "famiglia" molto vicina al latitante Matteo Messina Denaro. Gli accertamenti tecnico bancari hanno consentito di acquisire materiale altamente probatorio per contestare all'indagato l'illecita acquisizone del patrimonio sottoposto oggi a serquestro". Secondo le accuse, l'imprenditore Rosario Cascio avrebbe gestito attività economiche e lavori in subappalto, "nonchè interessi imprenditoriali - è stato spiegato dagli inquirenti - per conto di esponenti mafiosi, assicurandosi il controllo monopolistico del mercato del calcestruzzo e del movimento terra. Con la forza intimidatrice, derivante dallo status di mafioso, Cascio avrebbe imposto, unitamente ad altri soggetti, tale controllo sugli altri operatori economici del settore, che con prezzi estremamente concorrenziali tentatvano di inserirsi nelle forniture".
Tra i beni sequestrati, 15 ditte individuali e società di capitali operanti prevalentemente nel settore edilizio; 200 appezzamenti di terreno situati nelle province di Trapani e Agrigento; 90 fabbricati (appartamenti, magazzini e autoparchi); 9 stabilimenti industriali, tra cui diversi silos situati nel porto di Mazara del Vallo (Trapani), 120 autoveicoli (tra automobili, pale meccaniche, camion e escavatori); nonchè alcuni beni direttamente riconducibili allo stesso Rosario Cascio e alla moglie e che consistono in 60 appezzamenti di terreno situai nella provincia di Trapani e Agrigento, 80 fabbricati (ville, appartamenti, palazzine, autorimesse e magazzini) situati nella province di Agrigento e Trapani; 50 veicoli di differenti cilindrate e una imbarcazione da diporto.
L'operazione è stata illustrata oggi nei locali della Procura di Palermo alla presenza, tra gli altri, del procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato, del direttore centrale della Dia - Direzione investigativa antimafia - generale Antonio Girone, del comandante regionale della guardia di finanza, Domenico Achille, del comandante provinciale delle fiamme gialle di Palermo, generale Carlo Ricozzi, e dei vertici della Dia di Palermo.
Per Scarpinato "occorre aggredire sistematicamente il patrimonio di boss e gregari di Cosa nostra. Questo l'imperativo che ci siamo posti negli ultimi anni come Procura di Palermo e il lavoro sin qui svolto lo possiamo giudicare più che soddisfacente". "Grazie a una sinergia tra magistratura, Dia e guardia di finanza - ha detto Scarpinato - si e' riusciti a scardinare un potente apparato imprenditoriale - mafioso riconducibile a una storica "famiglia" molto vicina al latitante Matteo Messina Denaro. Gli accertamenti tecnico bancari hanno consentito di acquisire materiale altamente probatorio per contestare all'indagato l'illecita acquisizone del patrimonio sottoposto oggi a serquestro". Secondo le accuse, l'imprenditore Rosario Cascio avrebbe gestito attività economiche e lavori in subappalto, "nonchè interessi imprenditoriali - è stato spiegato dagli inquirenti - per conto di esponenti mafiosi, assicurandosi il controllo monopolistico del mercato del calcestruzzo e del movimento terra. Con la forza intimidatrice, derivante dallo status di mafioso, Cascio avrebbe imposto, unitamente ad altri soggetti, tale controllo sugli altri operatori economici del settore, che con prezzi estremamente concorrenziali tentatvano di inserirsi nelle forniture".