Diritti tv: indagato anche Pier Silvio Berlusconi
CronacaIl pm De Pasquale ha concluso l'indagine Mediatrade-Rti. Tra i destinatari dell'atto, il premier, suo figlio e Fedele Confalonieri con altre 9 persone, accusate a vario titolo di appropriazione indebita e frode fiscale. Mediaset: “Contestazioni assurde"
C'e' anche Pier Silvio Berlusconi, il figlio del premier, tra gli indagati nell'inchiesta Mediatrade-Rti per la quale oggi il pm di Milano Fabio De Pasquale ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini. Pier Silvio Berlusconi, è stato consigliere di amministrazione e vice presidente di Mediatrade.
Mediaset in una nota parla di contestazioni assurde e ribadisce che: "I diritti cinematografi oggetto dell'inchiesta sono stati acquistati a prezzi di mercato e che tutti i bilanci e le dichiarazioni fiscali della società sono stati redatti nella più rigorosa osservanza dei criteri di trasparenza e delle norme di legge". Inoltre il gruppo televisivo sottolinea che "la documentazione dimostrerà la totale estraneità di Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi alle accuse ipotizzate di frode fiscale". Infine, si legge ancora nella nota, "che si tratta di un procedimento in cui Mediaset è semmai parte lesa si ritorce infatti contro la società stessa e i suoi massimi dirigenti".
La chiusura delle indagini prelude alla richiesta di rinvio a giudizio e a un nuovo processo. L'inchiesta è nata da uno stralcio da quella principale avvenuto nel 2007, anno in cui Berlusconi venne indagato per concorso in appropriazione indebita.
In precedenza, nel corso dell'indagine Mediaset, nell'ottobre 2005, la Guardia di Finanza aveva perquisito gli uffici di Rti, società controllata da Mediaset e che ha incorporato Mediatrade, la controllata chel gruppo che dal '99 aveva sostituito la maltese Ims nell'acquisto dei diritti tv. Sempre nell'ottobre di quell'anno, in Svizzera, vennero sequestrati sui conti di una società con sede a Hong Kong di Agrama, ritenuto dagli inquirenti "socio occulto" del premier, una somma in franchi svizzeri equivalente a circa 100 milioni di euro. Originariamente i reati contestati per questo filone andavano dal 2000 al 2005.
Gli indagati sono in tutto 12, tra cui anche il banchiere Paolo Del Bue, il produttore Frank Agrama, tre dirigenti di Mediaset e due cittadini di Hong Kong. I reati contestati, a vario titolo, sono: concorso in appropriazione indebita, frode fiscale e riciclaggio, contestati vanno fino allo scorso anno. Nei confronti del premier Silvio Berlusconi è stato ipotizzato il reato di appropriazione indebita, come all'inizio dell'indagine, mentre per il figlio Pier Silvio e Confalonieri quello di frode fiscale.
Sulla vicenda è intervenuto anche il parlamentare e legale di Berlusconi, Niccolò Ghedini: "La Procura di Milano ancora una volta continua nella pervicace volontà di sottoporre a processo Silvio Berlusconi. Le contestazioni mosse hanno dell'incredibile, sia per il contenuto delle stesse, sia per gli anni a cui si riferiscono, periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benché minima possibilità di incidere sull'azienda". "Estendere l'incolpazione a Piersilvio Berlusconi -continua Ghedini- colpevole evidentemente di essere figlio di Silvio Berlusconi, è poi del tutto sconnesso da qualsiasi logica e da qualsiasi realtà fattuale essendo già da tempo dimostrata in atti, con documenti e testimonianze, la sua totale estraneità ai fatti contestati. L'ennesimo procedimento, che non potrà che risolversi in una declaratoria di insussistenza dei fatti, alla vigilia di una delicata competizione elettorale e proprio quando si stanno discutendo le riforme della giustizia, non può non destare -conclude il legale- una straordinaria indignazione".
Mediaset in una nota parla di contestazioni assurde e ribadisce che: "I diritti cinematografi oggetto dell'inchiesta sono stati acquistati a prezzi di mercato e che tutti i bilanci e le dichiarazioni fiscali della società sono stati redatti nella più rigorosa osservanza dei criteri di trasparenza e delle norme di legge". Inoltre il gruppo televisivo sottolinea che "la documentazione dimostrerà la totale estraneità di Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi alle accuse ipotizzate di frode fiscale". Infine, si legge ancora nella nota, "che si tratta di un procedimento in cui Mediaset è semmai parte lesa si ritorce infatti contro la società stessa e i suoi massimi dirigenti".
La chiusura delle indagini prelude alla richiesta di rinvio a giudizio e a un nuovo processo. L'inchiesta è nata da uno stralcio da quella principale avvenuto nel 2007, anno in cui Berlusconi venne indagato per concorso in appropriazione indebita.
In precedenza, nel corso dell'indagine Mediaset, nell'ottobre 2005, la Guardia di Finanza aveva perquisito gli uffici di Rti, società controllata da Mediaset e che ha incorporato Mediatrade, la controllata chel gruppo che dal '99 aveva sostituito la maltese Ims nell'acquisto dei diritti tv. Sempre nell'ottobre di quell'anno, in Svizzera, vennero sequestrati sui conti di una società con sede a Hong Kong di Agrama, ritenuto dagli inquirenti "socio occulto" del premier, una somma in franchi svizzeri equivalente a circa 100 milioni di euro. Originariamente i reati contestati per questo filone andavano dal 2000 al 2005.
Gli indagati sono in tutto 12, tra cui anche il banchiere Paolo Del Bue, il produttore Frank Agrama, tre dirigenti di Mediaset e due cittadini di Hong Kong. I reati contestati, a vario titolo, sono: concorso in appropriazione indebita, frode fiscale e riciclaggio, contestati vanno fino allo scorso anno. Nei confronti del premier Silvio Berlusconi è stato ipotizzato il reato di appropriazione indebita, come all'inizio dell'indagine, mentre per il figlio Pier Silvio e Confalonieri quello di frode fiscale.
Sulla vicenda è intervenuto anche il parlamentare e legale di Berlusconi, Niccolò Ghedini: "La Procura di Milano ancora una volta continua nella pervicace volontà di sottoporre a processo Silvio Berlusconi. Le contestazioni mosse hanno dell'incredibile, sia per il contenuto delle stesse, sia per gli anni a cui si riferiscono, periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benché minima possibilità di incidere sull'azienda". "Estendere l'incolpazione a Piersilvio Berlusconi -continua Ghedini- colpevole evidentemente di essere figlio di Silvio Berlusconi, è poi del tutto sconnesso da qualsiasi logica e da qualsiasi realtà fattuale essendo già da tempo dimostrata in atti, con documenti e testimonianze, la sua totale estraneità ai fatti contestati. L'ennesimo procedimento, che non potrà che risolversi in una declaratoria di insussistenza dei fatti, alla vigilia di una delicata competizione elettorale e proprio quando si stanno discutendo le riforme della giustizia, non può non destare -conclude il legale- una straordinaria indignazione".