Il Pontefice ha visitato oggi la Sinagoga della capitale: "Riconoscere l'unico Signore, contro la tentazione di costruirsi altri idoli, di farsi vitelli d'oro, mentre nel nostro mondo molti non conoscono Dio o lo ritengono superfluo"
"Il silenzio di Pio XII di fronte alla Shoah duole ancora come un atto mancato: forse non avrebbe fermato i treni della morte, ma avrebbe trasmesso un segnale, una parola di estremo conforto, di solidarietà umana per i nostri fratelli trasportati verso i camini di Auschwitz". E' quanto non manca di sottolineare il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici a Papa Benedetto XVI, nel discorso di accoglienza alla Sinagoga di Roma.
"In attesa di un giudizio condiviso -prosegue- auspichiamo con il massimo rispetto che gli storici abbiano accesso agli archivi del Vaticano che riguardano quel periodo e tutte le vicende successive al crollo della Germania nazista".
Pacifici, al tempo stesso, ricorda che in quei tragici anni "numerosi religiosi si adoperarono, a rischio della loro vita, per salvare dalla morte certa migliaia di ebrei, senza chiedere nulla in cambio. Io stesso - ricorda con commozione - sono qui a parlare perché mio padre trovò rifugio nel convento delle suore di Santa Marta a Firenze". Inoltre, "numerosi sono stati i gesti e gli atti di riconciliazione compiuti dai pontificati di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II: dalla 'Nostra Aetatè alla visita di Benedetto XVI in Israele e allo Yad Vashem, questi atti testimoniano che il dialogo tra ebrei e cattolici, seppur talvolta difficoltoso, può e deve continuare".
Del resto, osserva Pacifici, "il peso della storia si fa sentire anche sull'evento di oggi, con ferite ancora aperte che non possiamo ignorare. Per questo, guardiamo con rispetto anche a coloro che hanno deciso di non essere fra noi". Ma, assicura il presidente della comunità ebraica di Roma, "quello odierno è un evento che lascerà un segno profondo nelle relazioni tra il mondo ebraico e quello cristiano: non solo sul piano religioso ma soprattutto per la ricaduta che auspichiamo possa avere tra le persone nella società civile".
GUARDA ANCHE:
Papa, Peres: ho fiducia anche se non andiamo d'accordo su tutto
"In attesa di un giudizio condiviso -prosegue- auspichiamo con il massimo rispetto che gli storici abbiano accesso agli archivi del Vaticano che riguardano quel periodo e tutte le vicende successive al crollo della Germania nazista".
Pacifici, al tempo stesso, ricorda che in quei tragici anni "numerosi religiosi si adoperarono, a rischio della loro vita, per salvare dalla morte certa migliaia di ebrei, senza chiedere nulla in cambio. Io stesso - ricorda con commozione - sono qui a parlare perché mio padre trovò rifugio nel convento delle suore di Santa Marta a Firenze". Inoltre, "numerosi sono stati i gesti e gli atti di riconciliazione compiuti dai pontificati di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II: dalla 'Nostra Aetatè alla visita di Benedetto XVI in Israele e allo Yad Vashem, questi atti testimoniano che il dialogo tra ebrei e cattolici, seppur talvolta difficoltoso, può e deve continuare".
Del resto, osserva Pacifici, "il peso della storia si fa sentire anche sull'evento di oggi, con ferite ancora aperte che non possiamo ignorare. Per questo, guardiamo con rispetto anche a coloro che hanno deciso di non essere fra noi". Ma, assicura il presidente della comunità ebraica di Roma, "quello odierno è un evento che lascerà un segno profondo nelle relazioni tra il mondo ebraico e quello cristiano: non solo sul piano religioso ma soprattutto per la ricaduta che auspichiamo possa avere tra le persone nella società civile".
GUARDA ANCHE:
Papa, Peres: ho fiducia anche se non andiamo d'accordo su tutto