La brigatista rossa condannata all'ergastolo in Cassazione per concorso nell'omicidio del giuslavorista Marco Biagi si è suicidata nel penitenziario romano di Rebibbia. Il suo avvocato a SKY TG24: era prevedibile
La neobrigatista Diana Blefari è stata trovata impiccata e morta nel carcere femminile di Rebibbia a Roma. Lo scorso 27 ottobre, la Prima sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna all'ergastolo per la neobrigatista, accusata di concorso nell'omicidio del giuslavorista Marco Biagi, avvenuto a Bologna il 19 marzo 2002. Anche la Procura della Cassazione aveva chiesto la conferma del verdetto emesso lo scorso 9 gennaio dalla Corte di assise di appello di Bologna che aveva inflitto all'imputata il carcere a vita.
La neo brigatista si è impiccata ieri sera, attorno alle 22.30, utilizzando lenzuola tagliate e annodate. La donna - secondo quanto si è appreso - era in cella da sola, detenuta nel reparto isolamento del carcere Rebibbia femminile. Ad accorgersi quasi subito dell'accaduto sono stati gli agenti di polizia penitenziaria che avrebbero sciolto con difficoltà i nodi delle lenzuola con cui la neo brigatista si è impiccata in cella e avrebbero provato a rianimarla senza però riuscirvi.
Il gup del tribunale di Roma, Pierfrancesco De Angelis, lo scorso aprile, aveva disposto una perizia psichiatrica per verificare la capacità di stare in giudizio e quella di intendere e di volere di Diana Blefari Melazzi, dopo che la terrorista aveva aggredito nel maggio dello scorso anno un agente di polizia del carcere romano di Rebibbia dove stava scontando la pena inflittale. L'episodio, secondo i suoi legali, sarebbe stato uno dei tanti dovuti alle particolari condizioni psicologiche in cui versava la detenuta dopo la condanna all'ergastolo a Bologna. "E' una morte annunciata", ha detto la legale della terrorista a SKY TG24, mentre pare che la Blefari avesse iniziato a collaborare con la giustizia e proprio ieri abbia avuto un incontro con gli inquirenti.