Viaggio nell'Isola che preferisce le prostitute agli operai

Cronaca
sette

Milano, voci dallo storico quartiere che scendeva in piazza contro i viados e oggi, mentre si dibatte sul disegno di legge Carfagna, li rimpiange

DI PAMELA FOTI E CHIARA RIBICHINI

Giugno, 1997. Manifestazione di protesta nel quartiere che da anni chiede interventi antidegrado. In piazza contro i viados. Fiaccolata in via Pola.
Così scriveva il Corriere della Sera denunciando le tensioni tra i residenti del quartiere Isola di Milano e il traffico di prostituzione che ha reso famosa quella zona di città.
Oggi, a più di 10 anni di distanza e dopo il
disegno di legge Carfagna che introduce il reato di prostituzione in strada, siamo andati a vedere com’è la situazione.
“Preferivo i viados alla martellata dell’operaio!” ci dice un padre di famiglia esasperato dai continui lavori a strade, piazze e palazzi.  
Il quartiere Isola infatti è in piena trasformazione. Cantieri aperti per la costruzione della linea 5 della metropolitana. Per la ‘città della moda’. Per la costruzione della nuova sede della Regione Lombardia.
“Il vero problema sono i cantieri. Non i trans” racconta Raffaele, 34enne che lavora in un bar della zona. “Alla fine non fanno niente di male. Al massimo vedi qualcuno che corre nudo dietro al cliente che non ha pagato” ci dice quasi divertito. E lui di scene del genere ne ha viste. 
Già, perché i travestiti nel quartiere Isola ci sono sempre stati.
“Sam, ti hanno fermata?”. “No, mi hanno solo controllato i documenti”. “Io non li ho i documenti, Mi hanno scippata ieri”. E’ mezzanotte. La polizia è appena passata da via Pola e i due transessuali che incontriamo sono preoccupati.
“Tra un po’ io qua non ci posso più stare” dice Sam. Ha poco più di 30 anni, e nata e vive a Milano. Le mani curate, i lineamenti delicati e un naso perfetto, non proprio naturale. Seduta al volante della sua berlina nera, si racconta mentre continua a spazzolare la lunga parrucca di capelli neri. “Tanto le multe ai trans brasiliani non le fanno – dice mentre si sistema la frangetta – Quelle si mettono a piangere e strillare, fanno finta di tagliarsi le vene e minacciano i poliziotti di attaccargli l’Aids e così quelli se ne vanno”.
Sa che proprio qualche giorno fa, l’11 settembre, il Consiglio dei ministri ha approvato il
ddl contro la prostituzione del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, che introduce il reato di esercizio della prostituzione in “luogo pubblico”. Ma crede che le sanzioni sia le lucciole che i clienti (da 200 fino a 3000 euro) e l’arresto da 5 a 15 giorni non servano a nulla.
A Milano da 10 anni esiste un’ordinanza che porta la firma del vicesindaco Riccardo De Corato: stabilisce una multa per i clienti con la scusa dell’intralcio al traffico pari a 166 euro, che entro la fine di settembre dovrebbe salire a 500. “Se nel quartiere Isola c’è meno prostituzione sia femminile che maschile è perché ogni notte tre pattuglie perlustrano la zona. Ecco perché abbiamo raggiunto questo risultato” ci dice De Corato, che però riferisce di ricevere ancora lamentele da singoli cittadini. “Il traffico della prostituzione dalle vie attorno a Melchiorre Gioia si è spostato nelle stradine adiacenti a via Cenisio”. E aggiunge: “Il problema c’è, esiste. Nonostante gli importanti risultati non siamo ancora soddisfatti. Continuiamo a lavorare. E con l’arrivo del ddl Carfagna faremo sicuramente meglio”.
Sam dalla strada sostiene che le multe non servono. “Piuttosto, dovrebbero fare una legge per regolamentare questo lavoro” dice mentre si guarda intorno.
“E io ora che faccio? Non è che poi mi arrestano solo perché sono un trans? Ma possono fermarmi anche se sono in discoteca? Io in prigione non ci vado. Vado a lavorare a casa”.
Poi si ferma un attimo, spazzola i capelli (sembra quasi, un tic il suo) e ci dice che per strada cerca sempre di capire che persona ha davanti, “Ma a casa? Che ne so chi arriva a casa. Metto un annuncio e poi?”. Guarda altrove ora Sam. “Qui nel quartiere mi conoscono tutti. Sanno che io non mi spoglio per strada, né lo farò mai. Lavoro sempre vestita. Qui mi vogliono bene. Spesso mi invitano alle feste della zona”.
Oggi in effetti all?Isola non sono lucciole e viado il nemico numero uno. Ma gli operai.
Un fenomeno studiato anche da Christian Novak, docente di Analisi della città e del territorio al Politecnico dei Milano e tra gli autori del libro Milano Cronache dell’abitare, una sorta di atlante del capoluogo lombardo, di carta di identità di una città in mutazione. “C’è una fortissima contrarietà di tutto il quartiere all’intervento edilizio che inevitabilmente ha un forte impatto ambientale, ma anche sulla viabilità. Aumenta il traffico, diminuiscono i parcheggi”.
Ciò che crea maggior disagio qui sono i palazzi che stanno costruendo davanti alle abitazioni. “Il problema è non avere mai la luce”, ci dicono due passanti.
La via è piccola e stretta. La palazzina di tre piani affaccia direttamente sui cantieri. “Tra un po’ vivremo solo di luce riflessa nei vetri dei nuovi palazzoni” ci dice rassegnata una ragazza al citofono di una palazzina di tre piani, che appare soffocata dalle nuove strutture in cemento. 
“Ora non abbiamo più i trans. Ma abbiamo i trapani” racconta la giovane che parla di trivelle e trapani in funzione giorno e notte. Perché il lavoro non si ferma nemmeno con il buio. “I cantieri disturbano noi. E hanno disturbato anche loro (i trans, ndr)” perché da quando sono iniziati i lavori se ne vedono meno in giro. E sulle misure antiprostituzione dice: “Il rischio è che se non possono stare per strada vanno in casa, dove non sono controllati. La strada forse è più facile da controllare. C’è sempre qualcuno che passa”. E l’attenzione torna alle trivelle che scandiscono il ritmo del giorno e della notte. “Prima c’era qualche viado in macchina con lo stereo a volume alto. Magari si sentiva qualche schiamazzo. Ora, invece, gli operai si chiamano urlando da un blocco all’altro. E i trapani sono sempre in funzione”.
In zona dovrebbero aprire altri cantieri ci dice un gruppo di persone che tutte le sere dopo il lavoro si ritrova in un baretto del quartiere per chiacchierare un po’. “Quelle donne per strada non danno fastidio” esordisce il primo. E gli animi si accendono. I quattro uomini seduti attorno a un tavolino tondo di legno hanno tutti una storia da raccontare. “La prostituzione esiste dai tempi dei greci e dei romani- dice il signor Paolo proprietario del fumoso baretto – da 46 anni conviviamo con trans e prostitute e non hanno mai dato fastidio a nessuno”, dimenticando le battaglie di appena 10 anni fa.
L’architetto Novak conferma che “i transessuali hanno sempre fatto parte della vita di quel quartiere, sono in qualche modo radicati nel territorio, mentre i palazzoni sono arrivati da un momento all’altro. Il Progetto Garibaldi-Repubblica è stata un’invasione di campo”.
“Se i trans fanno rumore e danno fastidio, io scendo e loro smettono. Se il casino lo fanno gli operai, mica si fermano. Hanno il permesso di lavorare pure di notte loro! – racconta il padre di un bambino di poco più di anno seduto al tavolo del baretto - Io sono contro le multe” ci dice. “L’unico diavolo che ci va di mezzo è il cliente” – lo interrompe il signor Paolo - La ragazza straniera non pagherà mai. Hanno almeno dieci identità loro” dice tornando dietro al bancone.
Domenico, 60 anni, costretto a lasciare il suo laboratorio nello storico quartiere di Milano per far largo alle nuove costruzioni lamenta: “I palazzinari hanno comprato tutto, e il giro di prostituzione si è spostato da una via all’altra. Ma non è questo il problema. Prima dei viado e delle prostitute c’è il diritto al sonno, alla casa….”
Quelle case però, ci chiediamo, potrebbero rivalutarsi grazie alla riqualificazione dell’intera area? 
No, secondo Novak. “Il mercato immobiliare in quella zona è già molto alto da anni. I prezzi non si alzeranno ancora di più”. In più, “se il ddl Carfagna dovesse diventare legge, i tanti trans che oltre a lavorare abitano all’Isola , finiranno per prostituirsi nelle loro case. La prima conseguenza per chi vive nell’appartamento vicino sarebbe un’inevitabile svalutazione del proprio immobile”. 
Forse anche per questo in tanti hanno ribadito “meglio sotto casa mia che a casa mia”. 
 

 

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