Nuovo sbiancamento massiccio della barriera corallina australiana

Ambiente

Il fenomeno, che si ripete per la terza volta negli ultimi cinque anni, sta attaccando anche la porzione meridionale della formazione che finora era rimasta illesa. La causa principale è legate all’aumento delle temperature registrata a febbraio

Il più grande nemico della barriera corallina australiana è tornato. La grande formazione che si trova di fronte alle coste nord orientali del continente ha subito il terzo massiccio sbiancamento in cinque anni, dopo quelli del 2016 e del 2017. Ne dà notizia l'Agenzia responsabile del Parco Marino della Grande Barriera Corallina (GBRMPA) in un comunicato, nel quale spiega di aver rilevato un fenomeno molto accentuato che verrà monitorato nelle prossime settimane.

Causa dello sbiancamento le temperature eccessive

Lo sbiancamento, spiega l’Agenzia, è stato osservato dai ricercatori del Centro di eccellenza per gli studi della barriera corallina della James Cook University, che stanno conducendo dei sorvoli su tutta l'area per valutare il fenomeno. Lo studio, che verrà portato a termine nelle prossime settimane, ha già evidenziato che si è verificato un esteso sbiancamento sia nelle aree più vicine alla costa della Barriera al nord, che al sud. Quest’ultima zona era rimasta incolume dai precedenti episodi di sbiancamento. La causa di questo fenomeno, spiega il GBRMPA, è dovuto alle temperature elevate che si sono registrate nel continente nel mese di febbraio, che hanno inevitabilmente avuto un effetto anche sulle acque marine.

Il fenomeno dello sbiancamento

Il fenomeno dello sbiancamento si verifica quando, per effetto delle acque più calde, i coralli espellono le alghe che vivono nei loro tessuti e donano loro il caratteristico colore (zooxanthellae). Questo evento rende le formazioni estremamente fragili. Nel 2016, il 93% dei coralli della grande barriera corallina è stato soggetto a sbiancamento, e il 22% è poi morto. Alcune aree sono state colpite in modo severo dallo sbiancamento e hanno visto la morte di gran parte dei coralli presenti, con numeri che si aggirano tra il 50 e il 90% a seconda della zona.

Greenpeace: "promuovere la riduzione delle emissioni"

Se le temperature non tornano alla normalità entro le 6-8 settimane, avverte l’Agenzia, gran parte dei coralli morirà. Per questa ragione Greenpeace Australia chiede al governo federale, nel momento in cui vengono prese misure di stimolo all'economia per far fronte all’emergenza coronavirus, di non sostenere l'industria del carbone e promuovere la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. "I cambiamenti climatici – spiega Giorgia Monti, campagna Mare di Greenpeace Italia - stanno minacciando questo ecosistema unico, mettendo a rischio le comunità locali e gli operatori turistici che dipendono dalla conservazione della barriera corallina, ancora di più in questo momento in cui il covid-19 mette a rischio il loro lavoro". Per evitare la distruzione di questo tesoro è necessario quindi, secondo Monti, "dimezzare le emissioni di gas serra e tutelare le zone più sensibili dei nostri mari è l'unico modo di evitare che ecosistemi così preziosi scompaiano con gravi conseguenze anche per l'uomo".

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