Cnr: la nebbia può peggiorare l'inquinamento atmosferico

Ambiente
La diminuzione delle frequenza di nebbia potrebbe portare ad un miglioramento della qualità dell'aria (foto: archivio Getty Images)
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Lo rivela uno studio condotto nell'area della Val Padana durante i mesi invernali, quelli più critici per quanto riguarda le concentrazioni di particolato nell'aria

La nebbia può contribuire a peggiorare l'inquinamento atmosferico in una determinata area. La sua presenza avrebbe un impatto sulla concentrazione di particolato rendendola più tossica. A renderlo noto è stato il Consiglio nazionale delle richerche (Cnr) che, a seguito dell'allarme inquinamento delle ultime settimane, ha diffuso i risultato di uno studio svolto nella Val Padana dai ricercatori dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Cnr di Bologna, in collaborazione con la University of Southern California e pubblicato sulla rivista "Atmospheric Chemistry and Physics".

Lo studio sulla Val Padana

I ricercatori hanno studiato l'area della Val Padana durante i mesi invernali, quelli più critici per quanto riguarda la concentrazione di particolato. Nei bassi strati dell'atmosfera, infatti, si formerebbero estese coltri di nebbia che finirebbero per infulenzare e modificare concentrazioni e caratteristiche del particolato. "Le goccioline di nebbia - spiega Stefano Decesari dell'Isac-Cnr - catturano particelle di aerosol, provocandone in parte la deposizione, in parte modificandone la composizione chimica, per poi rilasciarle nell'atmosfera, quando la nebbia si dissipa". La nebbia agirebbe come un reattore capace di modificare le caratteristiche di tossicità delle sostanze chimiche contenute nel particolato atmosferico, compresi anche diversi agenti inquinanti.

L'impatto della nebbia sull'inquinamento

I risultati della ricerca hanno rivelato come, nelle cellule di tessuto polmonare, il potenziale ossidativo delle sostanze presenti nelle goccioline di nebbia sia più che raddoppiato rispetto a quello delle particelle di particolato sulle quali le stesse goccioline si sono formate. Gli esperti ritengono che il potenziale ossidativo sia responsabile di importanti danni biologici e associato a numerose patologie croniche. "La diminuzione storica della frequenza di nebbia verificatasi negli ultimi trent'anni nelle regioni del bacino padano potrebbe quindi aver portato - conclude Decesari - a un miglioramento della qualità dell'aria di questi territori, confermando il complesso legame che intercorre tra cambiamenti del clima e inquinamento atmosferico".

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