Le guerre in Africa uccidono anche i grandi mammiferi
AmbienteI conflitti comporterebbero dei costi non solo per gli uomini, ma anche per l’ambiente secondo un nuovo studio dell’Università di Princeton. In 60 anni, oltre il 70% delle aree protette del continente sono state toccate da combattimenti armati
Le guerre in Africa non uccidono solo gli uomini, ma anche i grandi mammiferi del continente. In 60 anni oltre il 70% delle aree protette africane sarebbero diventate terreno di scontro armato, questo avrebbe portato alla morte di numerosi elefanti, ippopotami, giraffe e altri grandi mammiferi. A dirlo è un nuovo studio dell’Università di Princeton pubblicato sulla rivista "Nature". La buona notizia, secondo gli esperti, è che il declino non sarebbe irreversibile.
Mammiferi africani uccisi da 60 anni di conflitti
I ricercatori hanno esaminato le tendenze di 253 popolazioni di animali che rappresentano 36 specie, dalle antilopi agli elefanti, in 126 aree protette di 19 paesi. Dai risultati è emerso che il 71% delle aree protette africane ha subito uno o più conflitti dal 1946 al 2010. Circa un quarto di questi si sarebbero protratti in media per 9 o più anni. Ci sono, però, diversi contesti in cui il conflitto è andato avanti anche per più di 20 anni. È il caso, ad esempio, del Ciad, della Namibia e del Sudan. In particolare, la ricerca ha preso in esame la regione del parco Gorongosa, in Monzambico. Qui, tra il 1977 e il 1992, l'area è stata attraversata da soldati, milizie antigovernative e rifugiati. Durante i primi anni del duemila la popolazione di elefanti sarebbe diminuita di oltre il 75% e cali simili sarebbero stati registrati anche tra ippopotami e zebre. L'aspetto fondamentale è che nessuna di queste popolazioni è completamente scomparsa. Grazie a misure di conservazione, si legge nella ricerca, dal 2004 la fauna selvatica del parco ha raggiunto l'80% della popolazione antecedente al conflitto.
Le molteplici minacce della guerra
Le minacce della guerra per la fauna selvatica sono molteplici e il conflitto, secondo lo studio, è risultato un fattore determinante per il declino dei grandi mammiferi africani. Nella maggior parte dei casi, infatti, questi animali vengono cacciati per sfamare sia i guerriglieri che la popolazione, ma anche allo scopo di procurarsi denaro attraverso la vendita di risorse preziose come l'avorio. Nessun declino però, specificano i ricercatori, sarebbe irreversibile. "Con le politiche e le risorse giuste - ha spiegato uno degli autori, Josh Daskin - dovrebbe essere possibile invertire il declino e ripristinare gli ecosistemi funzionali, anche in aree storicamente soggette a conflitti". Non bisogna trascurare l'effetto di sensibilizzazione che questo lavoro potrebbe avere. "Ci auguriamo - ha aggiunto Daskin - che i nostri dati e le nostre conclusioni contribuiscano allo sforzo di dare la priorità a queste aree per l'attenzione e i finanziamenti dei loro governi e delle ONG internazionali".