In un report, l'associazione rivela che l'area mediterranea può generare, ogni anno, un’economia di 450 miliardi di dollari, anche se copre solo l’1% della superficie degli oceani di tutto il mondo. Ma avverte: "Le ricchezze sono in calo" - LO SPECIALE
Un'economia che genera quanto Algeria, Grecia e Marocco insieme
I numeri dell’economia del Mediterraneo viaggiano su grandi cifre, ma il mare rappresenta solo l’1% della superficie degli oceani di tutto il mondo. Eppure la distesa d’acqua è capace di fornire il 20% del prodotto marino mondiale lordo (Gmp). Questo significa che, se il Mediterraneo fosse un’economia a se stante, sarebbe la quinta della regione, dopo Francia, Italia, Spagna e Turchia, e che sarebbe capace di generare circa quanto l'economia annuale di Algeria, Grecia e Marocco messe insieme. Dei 450 miliardi di Gmp di questo mare, il 92% proviene dal turismo marino e presente sulle coste, mentre il 6% deriva da "servizi diretti abilitati nell’oceano", e il 2% dalla pesca e dall’attività di acquacoltura.
L'avvertimento: ricchezza del Mediterrano "in rapido declino"
Il commissario europeo per l'ambiente, gli affari marittimi e la pesca, Karmenu Vella, ha scritto la prefazione del report e ha avvertito: "Costruire un'Economia Blu per il Mediterraneo dipenderà in gran parte dalla capacità che avremo di garantire la salute del nostro mare, delle sue coste e degli ecosistemi marini e, laddove è possibile, ripristinare quelli degradati. Non possiamo continuare a erodere i beni del Mediterraneo dai quali dipendono cultura ed economia". Il report, infatti, sottolinea come la salute di questo mare sia "in un ripido declino", con un aumento previsto, tra il 2025 e il 2030, di attività in acqua e sulle coste, che andranno dai trasporti marittimi alla creazione di nuove infrastrutture costiere, fino al turismo.
Il futuro del turismo: 500 milioni di arrivi nel 2030
Proprio sul fronte del turismo, il report ha stabilito che, entro il 2030, ci saranno 500 milioni di arrivi di visitatori internazionali nell’area mediterranea, mentre ora si sono superati i 300 milioni. Si prevede che ci sarà una crescita annua del settore del 2,9% nei prossimi dieci anni, con un conseguente aumento anche degli impieghi (16% della popolazione nell’area). Per questo, il Wwf sottolinea che occorre aumentare l’attenzione sugli effetti che il fenomeno porterà sull’ambiente che, come sottolinea l’analisi, è "già sottopressione".
Specie a rischio: dagli squali alle piante acquatiche
Questa nuova analisi, inoltre, sostiene ancora di più l'importanza della conservazione come "una delle maggiori priorità per i leader mediterranei", ricorda il rapporto che si è focalizzato anche sulla flora e la fauna mediterranee e sui rischi che queste corrono. Il Mediterraneo, negli ultimi 50 anni, per esempio, ha perso il 41% della sua popolazione di mammiferi marini, e il 34% di quella totale. Il 53% degli squali, inoltre, sarebbe a rischio di estinzione e allo stesso pericolo è esposta la tartaruga della specie Chelonia mydas ("green tourtle"). Mentre, sul versante della vegetazione marina, i grafici citano il caso della posidonia: questa pianta acquatica ha visto un declino del 34% della sua distribuzione.