Impianti fognari non a norma, l'Italia rischia multe Ue nel 2017

Ambiente
Lavori nel sottosuolo (Getty Images)
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I ritardi nell'adeguamento agli standard comunitari potrebbero portare a nuove condanne del nostro Paese da parte della Corte di giustizia europea per il mancato rispetto della direttiva sulle acque reflue

Sono quasi mille le località italiane che hanno impianti fognari non in regola con l'attuale normativa europea e rischiano di portare il nostro Paese a nuove condanne da parte della giustizia europea. È quanto rivelato dall'Ansa in base a una serie di informazioni raccolte a Bruxelles.

 

Da nord a sud - Fra le località italiane sotto osservazione da parte della Commissione Ue ci sarebbero anche note mete turistiche e grandi città nostrane: da Cefalù a Courmayeur, da Rapallo a Trieste, da Napoli a Roma, da Ancona a Pisa, sono centinaia i luoghi nei quali il malfunzionamento dei collettori di scarico rischierebbe di provocare gravi danni all'ambiente e alla salute dei cittadini. Il problema, che tocca il nostro Paese da nord a sud, sarebbe particolarmente concentrato in Sicilia, Calabria, Campania e Lombardia dove si troverebbero circa i due terzi dei siti non a norma. Le carenze sollevate escluderebbero, per ora, solo il Molise - l'unica regione senza procedure d'infrazione Ue - che scarica le sue acque reflue nelle regioni confinanti di Puglia e Abruzzo.

 

Problemi legali - La situazione rischia di portare il nostro Paese ancora una volta davanti alla Corte di giustizia europea e al pagamento di ingenti multe nel 2017, per il mancato rispetto della direttiva europea 271/1991 sul trattamento delle acque reflue urbane. La normativa, che impone ai Paesi membri di restituire all'ambiente l'acqua pulita, ha segnato di fatto l'inizio del braccio di ferro tra Roma e Bruxelles su questa questione. Una problematica sostanzialmente poco considerata dall'Italia per nove anni, fino all'emanazione di una nuova direttiva, nel 2000, con la quale veniva imposto, sotto la pressione di multe per 482 milioni di euro, il raggiungimento del buono stato delle acque entro il 2015. I successivi inadempimenti hanno portato a una prima procedura d'infrazione, nel 2004, riguardante 80 località, conclusasi nel luglio del 2012 con una sentenza di condanna emessa dalla Corte Ue. Lo scorso 8 dicembre la Commissione ha deferito nuovamente l'Italia alla Corte accusandola di non aver rispettato la sentenza del 2012 e chiedendo che venisse applicata una doppia sanzione: una multa forfettaria di 62,6 milioni di euro più una penalità di 347mila euro al giorno.

 

Le altre condanne - La seconda azione incentrata su 27 località è scattata nel 2009 e ha portato, nel 2014, a una sentenza di condanna della Corte che, ora, potrebbe comminare un secondo deferimento con multa. Infine si è registrata una terza procedura d'infrazione su ben 852 agglomerati urbani (di cui 175 in Sicilia, 130 in Calabria e 110 in Campania). Risale al marzo 2015 l'ultimatum lanciato al governo di Roma per mettersi in regola. Intanto si fanno sempre più concrete le previsioni di alcune fonti di Bruxelles che intravedono l'ennesimo deferimento, nel 2017, alla Corte di giustizia.

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