La crisi incide sulle nascite: 100mila bambini in meno in otto anni

Salute e Benessere
Tra il 2008 e il 2016 c'è stata una decisa flessione delle nascite (Getty Imagese)
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Le rilevazioni Istat hanno visto diminuire ancora la natalità in Italia: 1,34 la media dei figli per donna nel 2016

Nel 2016 sono nati oltre centomila bambini in meno rispetto al 2008. In quell'anno le nascite erano state circa 576mila, mentre otto anni dopo appena 474mila. Il numero medio di figli per donna è sceso da 1,46 del 2010 a 1,34 nel 2016, secondo i dati Istat.

La crisi delle nascite

Di crisi della natalità e di sicurezza del percorso nascita si è parlato al Congresso della Società Italiana di Pediatria in corso a Napoli, nell'ambito di una tavola rotonda dal titolo "Nascere oggi in Italia". "La diminuzione della natalità è determinata da molti fattori ma le considerazioni economiche, legate all'aumento della povertà e alla disoccupazione giovanile hanno indubbiamente un ruolo importante", ha spiegato Mario De Curtis, ordinario di Pediatria della Sapienza di Roma e direttore di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Umberto I. "Abbiamo osservato una riduzione dell'8% del total fertility rate, il tasso di fecondità generale calcolato su donne in età fertile, dal 2011 al 2015. Nello stesso periodo il tasso di disoccupazione è passato dal 7% al 13%", ha aggiunto Carla Guerriero, del Centro per gli studi in economia e finanze (Csef) dell'Università Federico II di Napoli, autrice di una relazione insieme alla collega Annalisa Scognamiglio.

Aumenta l'età al primo parto

Dai dati Istat emerge anche l'aumento dell'età media di chi diventa mamma per la prima volta: oggi più di un terzo delle madri ha il primo figlio a un'età media di 35 anni e piu' dell'8% a 40 o oltre. "Dobbiamo interrogarci su questi dati, chiedendoci ad esempio se è sufficientemente noto tra la popolazione che la donna raggiunge il picco massimo di fertilità tra i 18 e i 28 anni e che, dopo i 35, la capacità riproduttiva declina irrimediabilmente", ha spiegato il Presidente Sip Alberto Villani. "Dobbiamo chiederci se abbiamo investito abbastanza in campagne per una maternità cosciente, in cui venga detto chiaramente che esiste un'età in cui la donna è fertile. Oltre a questo servono anche concreti aiuti alle donne perché possano sentirsi sicure, protette e felici di divenire madri. Serve soprattutto un cambiamento culturale che valorizzi la maternità nella nostra società: chi ha figli non deve sentirsi penalizzata nella vita e nel lavoro".

Partorire in sicurezza

Un altro importante capitolo è stato dedicato alla sicurezza di partorienti e nascituri. "In Italia i tassi di mortalità infantile sono tra i più bassi al mondo", spiega Mario De Curtis. "Ma l'età avanzata delle donne al parto, associata all'aumento del ricorso a tecniche di riproduzione medicalmente assistita, ha portato a un aumento delle gravidanze multiple e delle nascite pretermine (prima di 37 settimane di gestazione), che spesso possono associarsi a complicanze. Nelle regioni meridionali la mortalità infantile continua ad essere del 30% più elevata rispetto al centro nord e la mortalità dei bambini stranieri nel primo anno di vita è più alta (4,3 per mille), rispetto a quella dei bambini italiani (2,9 permille). Sarebbe estremamente importante migliorare l'organizzazione e l'assistenza perinatale nelle regioni meridionali del nostro Paese e dare una maggiore attenzione alla cura delle donne immigrate in gravidanza".

Centri nascita troppo piccoli

Un altro punto critico riguarda i luoghi dove le donne italiane partoriscono: a sette anni dall'Accordo Stato-regioni, che ha previsto la progressiva razionalizzazione e riduzione dei piccoli punti nascita, sono ancora 118 le "piccole maternità" sul territorio nazionale, che corrispondono al 24% del totale. "Di queste sono 80 le strutture sotto i 500 parti all'anno", ha spiegato Serena Battilomo, della Direzione generale prevenzione sanitaria del ministero della Salute. "Centri nascita con bassi volumi di attività sono meno sicuri per la madre e per il bambino per molti motivi non dipendenti dalla preparazione scientifica e dalla professionalità del personale sanitario. Sermplicemente questi centri hanno una casistica inferiore e pertanto non vi è la stessa esperienza nell'affrontare situazioni di emergenza e non si hanno a disposizione strumenti diagnostico terapeutici adeguati a situazioni complesse", ha ribadito il Presidente della Società Italiana di Neonatologia Mauro Stronati. "Bisogna proseguire con l'attuazione del piano di riduzione e accorpamento dei punti nascita e con la definitiva eliminazione di quelli con numero di nati all'anno inferiore a 500".

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