“La Cina censura online Winnie the Pooh: prende in giro il presidente”
MondoSecondo il Financial Times, il nome dell’orso è considerato “contenuto illegale” sul social network Sina Weibo. Alcune immagini animate sarebbero poi scomparse da WeChat. In passato, il personaggio era stato accostato ironicamente a Xi Jinping in alcune foto
Winnie the Pooh sarebbe stato bannato dalle piattaforme social cinesi. La notizia, pubblicata dal Financial Times e ripresa anche da Guardian, Sky News e Time, parla di una censura messa in atto a causa di presunti riferimenti derisori al presidente Xi Jinping, accostato in più di un’occasione al famoso orsetto creato da A. A. Milne.
Winnie the Pooh “contenuto illegale”
Secondo il Financial Times, nelle ultime ore i post che citavano il nome cinese del celebre orso dei cartoni animati, “Little Bear Winnie”, sarebbero stati censurati su Sina Weibo, una piattaforma ibrido tra Facebook e Twitter molto usata in Cina, mentre una serie di immagini animate con l'orsetto sarebbe stata rimossa dall'app di messaggistica WeChat. A chi prova a postare il nome di Winnie the Pooh compare invece un messaggio che definisce il contenuto “illegale”, anche se sembra che alcuni utenti siano riusciti ad aggirare il blocco.
Le foto incriminate
Pechino non ha fornito alcuna spiegazione ufficiale, così come Sina Weibo, ma gli osservatori, spiega il Financial Times, suggeriscono che la censura sia legata a un precedente collegamento tra il presidente cinese e Winnie the Pooh: nel 2013 una foto di Xi Jinping a passeggio con Barack Obama era stata accostata a un’immagine dell’orso e del suo amichetto Tigger. Ed è accaduto ancora l’anno dopo, quando il presidente ha incontrato il primo ministro giapponese Shinzo Abe: i due quella volta sono diventati Winnie the Pooh e Ih-Oh, l’asinello triste. E ancora nel 2015 una foto di Xi Jinping su una macchina da parata è stata accostata a una dell’orso su un’auto giocattolo.
L’ascesa della censura in Cina
Come spiega il quotidiano, il blocco di Winnie the Pooh è solo l’ultimo gradino di un’escalation di censure che ha aggiunto alle cose vietate nel Paese anche parlare del presidente. La scorsa settimana, dopo la morte del dissidente cinese e Premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo su Sina Wiebo sono state bloccate le lettere “RIP”. Inoltre, le restrizioni alla libertà online hanno messo in allarme le multinazionali, preoccupate dalle ultime notizie sulla volontà del governo di bloccare i servizi Vpn che permettono l’accesso a Google e ad altre piattaforme comunemente usate dalle aziende straniere.
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