Campione d'Italia, la procura chiede il fallimento del casinò

Cronaca
La sede del Casinò di Campione d'Italia (Getty Images)
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La società che gestisce la casa da gioco avrebbe accumulato debiti con il Comune e con alcune banche. Gli inquirenti continuano a indagare per peculato

Il Casinò di Campione d'Italia rischia di chiudere. La Procura della Repubblica di Como ha chiesto il fallimento per insolvenza. Potrebbe quindi cessare l'attività una delle quattro case da gioco  italiane, la più grande d'Europa.

I debiti e le indagini per peculato

I guai del casinò sono iniziati con un calo delle presenze e con un esposto, presentato lo scorso giugno, da Roberto Salmoiraghi, all'epoca consigliere di minoranza e oggi sindaco di Campione. Salmoiraghi chiedeva di fare luce sui conti della casa da gioco: la società che gestisce il casinò, infatti, è partecipata al 100% dal Comune di Campione d'Italia e dovrebbe garantire all'amministrazione pubblica un contributo di 700mila euro ogni dieci giorni, che non viene versato da mesi. Ne è nata un'inchiesta della procura comasca, che indaga sull'ipotesi di peculato. Il credito accumulato dal Comune ammonterebbe a circa 30 milioni di franchi svizzeri (al cambio circa 25 milioni di euro). Ma l'amministrazione non sarebbe l'unico creditore: ci sarebbero debiti nei confronti delle banche per un'altra trentina di milioni di franchi. L'inchiesta va avanti. Le cifre che pesano sul bilancio del casinò sono tali da aver convinto la procura, dopo le perquisizioni del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Como, avvenute lo scorso novembre per acquisire documenti contabili, a chiedere il fallimento.

La storia del Casinò

L'intera cittadina, enclave italiana in territorio svizzero, guarda con interesse e preoccupazione all'evoluzione della vicenda. Anche perché dal Casinò dipende buona parte della sua economia: i residenti sono poco meno di duemila e i dipendenti circa 400. Il Casinò di Campione è fresco di secolo: è stato fondato nel 1917, anche se rimase chiuso dal 1919 al 1933. Nel 2007, anche grazie agli elevati incassi, la struttura si è trasferita in una nuova sede, progettata dall’archistar Mario Botta e costata circa 120 milioni di euro.

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