'Ndrangheta, così la cosca controllava l’ortomercato di Milano
CronacaSecondo i pm, Antonio Piromalli, tra le 33 persone arrestate ieri, aveva un ruolo centrale nelle attività in Lombardia della famiglia originaria di Gioia Tauro. Il sindaco Sala: "Intervenire e capire con tempestività"
“Antonio Piromalli assumeva il controllo dell’Ortomercato di Milano attraverso la creazione di una complessa rete di imprese e l’ausilio di una serie di affiliati e fiancheggiatori, coordinati con la finalità di dominare il mercato ortofrutticolo di Milano, facendo leva sul metus mafioso esercitato dalla sua persona”. Sono queste, secondo il Corriere della Sera, le parole che usano i pm nelle oltre 2mila pagine del decreto di fermo di 33 presunti esponenti della cosca Piromalli di Gioia Tauro, uno dei gruppi storici della criminalità organizzata calabrese. Il controllo della cosca non si fermava solo in Calabria: le indagini avrebbero fatto emergere interessi anche nel capoluogo lombardo e negli Stati Uniti. Le accuse principali per i fermati sono associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, intestazione fittizia di beni, auto riciclaggio. L’operazione “Provvidenza”, condotta dai carabinieri del Ros sotto le direttive della Dda di Reggio Calabria, ha portato anche al sequestro di beni per un valore complessivo di 40 milioni di euro.
Infiltrazioni nell’Ortomercato di Milano - La cosca Piromalli, secondo quanto rilevato da investigatori e magistrati, sarebbe penetrata non solo nel tessuto economico della piana di Gioia Tauro, ma avrebbe raggiunto anche un “radicale controllo sugli apparati imprenditoriali, nei settori immobiliare e agroalimentare, con riferimento anche al mercato ortofrutticolo di Milano”. Infiltrazioni della 'ndrangheta, quindi, sarebbero state riscontrate anche nell'ambiente dei mercati all'ingrosso di Milano, gestiti da una società partecipata dal Comune, la Sogemi. Il sindaco Giuseppe Sala ha subito dichiarato che all'Ortomercato “bisogna intervenire e capire con molta tempestività”. L’Ortomercato era già finito, nel 2007, al centro dell’inchiesta sul clan Morabito e, come scrive il Corriere, “da allora protagonista di una letteratura di propaganda che lo descrive ripulito dal malaffare e bonificato dalle infiltrazioni mafiose”.
Interessi anche negli Usa - L'attività d'indagine avrebbe fatto emergere anche gli interessi della cosca negli Stati Uniti, in cui venivano trasferiti ingenti quantitativi soprattutto di prodotti alimentari (in particolare di olio) stabilendone a monte il prezzo di vendita, i quantitativi da esportare e le somme da incassare in base al quantitativo di merce venduto. Fondamentali si sarebbero rivelati gli accertamenti dell'Agenzia delle dogane, da cui sarebbe risultata l'esistenza di condotte illecite in ambito commerciale, fiscale e doganale, con contestuale riciclaggio di denaro.
Il ruolo centrale di Antonio Piromalli - Le indagini avrebbero dimostrato anche il ruolo centrale di Antonio Piromalli, uno dei 33 fermati, nelle attività della cosca: omonimo del nonno paterno, macellaio ucciso negli anni ’60 a Gioia Tauro in una delle tante faide per il dominio del territorio e degli affari illeciti, ha 45 anni. “Dal momento in cui Antonio Piromalli lascia per fine pena il carcere – ha detto in una conferenza stampa Federico Cafiero de Raho, procuratore della Repubblica di Reggio Calabria – viene costantemente seguito dai carabinieri del Ros di Roma e di Reggio Calabria, che riescono a ricostruire minuziosamente tutti i suoi contatti ed i suoi spostamenti. Soprattutto a Milano, dove si trasferisce per volere del padre Giuseppe”. Quest'ultimo, Pino, 72 anni, detenuto al 41 bis da oltre vent'anni, è uno dei capi storici del gruppo criminale e avrebbe deciso di inviare il figlio nel capoluogo lombardo per fargli gestire, attraverso operazioni messe in atto nel cuore finanziario del Paese, le attività di riciclaggio dei proventi della cosca.