Cuccioli di orso polare a rischio per colpa dell'inquinamento

Ambiente
I cuccioli di orso polare sono la specie più minacciata dall'inquinamento (Getty Images)

Il pericolo maggiore, per i piccoli di questa specie, è rappresentato dai cosidddeti Pop (Persistent organic pollutants): inquinanti organici persistenti. Dodici di queste sostante sono bandite dalla Convenzione di Stoccolma, ma moltri altri componenti nocivi ancora sfuggono all’accordo

Nell’ecosistema artico c’è una specie che più di altre è minacciata dall’inquinamento. Si tratta dei cuccioli di orso polare. Il rischio per loro sarebbe di tre ordini di grandezza superiore alla soglia di sicurezza. Lo rivela, tra le altre cose, lo studio “Risk of Pop mixtures on the Arctic food chain", condotto dai ricercatori dell’Università Bicocca di Milano (dipartimento di Scienze dell'Ambiente e della Terra e dipartimento di Economia, Metodi quantitativi e Strategie di impresa) e pubblicato sulla rivista scientifica ''Environmental Toxicology and Chemistry''. La minaccia ha un nome, un acronimo per la precisione, Pop, Persistent organic pollutants, sostanze inquinanti che si accumulerebbero per lo più nei grassi, di cui il latte degli esemplari femmina di orso polare è particolarmente ricco.

 

I Pop e le conseguenze sugli animali – I Pop sono sostanze chimiche capaci di resistere alla decomposizione, al tempo e alle grandi distanze. Questi agenti inquinanti tendono a spostarsi verso le aree più fredde come possono essere i poli. Le conseguenze dei Pop sugli organismi colpiti sono molteplici: dai danni al sistema endocrino, alla riproduzione fino al corretto sviluppo dei cuccioli. Negli orsi polari, più che in altre specie, queste sostanze avrebbero causato il moltiplicarsi di casi di ermafroditismo. Con la Convenzione di Stoccolma, entrata in vigore nel 2004, ci si è mossi a livello planetario contro queste sostanze. Sarebbero al momento 12 le più pericolose, la “sporca dozzina”, ma l’accordo di Stoccolma è in continua evoluzione e altre materie nocive potrebbero essere ‘messe al bando’ o subire forti limitazioni.

 

Le novità della ricerca – La novità più sostanziale della ricerca riguarda la capacità di fornire una valutazione del rischio complessivo rappresentato dalla combinazione di queste sostanze nocive, di individuare i più pericolosi fra i suoi componenti e ricostruirne l'evoluzione storica dagli anni '70 a oggi. La composizione dei Pop, infatti, è mutata negli anni e il contributo di ''nuovi'' inquinanti ancora non limitati, sarebbe in aumento. Secondo gli studiosi anche la salute umana potrebbe essere messa in pericolo. Il caso del popolo artico degli Inuit ne è un esempio: in passato sono stati esposti ad un rischio paragonabile a quello stimato per gli orsi polari. Negli ultimi anni, però, la situazione sarebbe migliorata grazie a un radicale cambiamento degli stili di vita e ad una alimentazione non più basata sui prodotti della caccia e della pesca locali, ma dipendente in buona parte dalla distribuzione globalizzata.

 

Estendere la Convenzione di Stoccolma - "Questo lavoro è il primo tentativo di quantificare il rischio complessivo dei Pop per l'ecosistema artico - spiega Sara Villa, ricercatrice di Eco-tossicologia all'Università di Milano-Bicocca - e di definire una classifica al fine di evidenziare le sostanze chimiche più pericolose nella miscela". I risultati, aggiunge Marco Vighi, docente dell'ateneo milanese, "dimostrano che le misure di controllo internazionali sono efficaci nel ridurre il rischio per gli ecosistemi, tuttavia è fondamentale estendere l'applicazione della Convenzione di Stoccolma ai Pop esistenti non ancora controllati e ai 'nuovi' contaminanti di recente o futura produzione".

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