Il caso riguarda il mancato inserimento nel bilancio di un debito di cinque milioni di euro, contratto dal Comune nei confronti della società Ream
La condanna a nove mesi dell'ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, è stata chiesta dalla procura generale al processo d'appello Ream. In primo grado, nel settembre 2020, Appendino era stata condannata a sei mesi per un capo d'accusa di falso ideologico relativo al 2016. Invece, all'assessore Sergio Rolando furono inflitti sei mesi (ora il procuratore generale chiede nove mesi anche per lui), all'allora capo di gabinetto Paolo Giordana otto mesi.
Il processo
Il caso riguarda il mancato inserimento nel bilancio di un debito di cinque milioni di euro, contratto dal Comune nei confronti della società Ream. Inoltre, secondo il Pg le irregolarità che accompagnarono la vicenda Ream furono dettate dal desiderio di evitare una "catastrofe contabile".
Appendino: "Agito nell'interesse della città"
"Abbiamo agito in totale buona fede nell'interesse del Comune, poi da una perizia è emerso che abbiamo sbagliato tecnicamente ma siamo convinti di aver perseguito o cercato di perseguire gli interessi della città". Lo ha detto l'ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, lasciando il palazzo di giustizia del capoluogo piemonese. Nel corso dell'udienza, a porte chiuse perché il processo si svolge con rito abbreviato, Appendino ha spiegato di "aver raccontato quanto accaduto in quei giorni, che ci ha visto come ben sapete affrontare la definizione del bilancio. Lo abbiamo chiarito per quanto possibile, ma non possiamo entrare nei dettagli perché è a porte chiuse".
Nel corso dell'udienza Appendino, da quanto trapelato, avrebbe sostenuto di non sapere di commettere un falso e che nessuno diceva che c'era questo rischio. Appendino ha difeso la correttezza del suo operato. Quanto alle presunte pressioni esercitate sui revisori dei conti per il posticipo dal 2017 al 2018 del pagamento di 5 milioni alla società Ream, ha spiegato di essersi limitata a far rilevare quello che le sembrava "un errore materiale" e una "contraddizione" da correggere: si trattava di scrivere nel documento "2018" o di "non scrivere niente". Non c'era nessun "disastro contabile", così come accertato dagli stessi periti nel corso del processo Ream, nelle casse del Comune di Torino. E' quanto è stato ribadito durante l'udienza di oggi del processo.
"Nessun disastro contabile"
"Leggo - ha continuato l'ex sindaca - che il movente del presunto falso in bilancio sarebbe dovuto all'esigenza da parte dell'amministrazione di evitare un 'disastro contabile'. Sento il bisogno di precisare che i periti nominati del tribunale hanno oggettivamente e tassativamente escluso tale ipotesi sottolineando anzi la piena capienza delle casse comunali a far fronte al debito Ream di 5 milioni". Il procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi nel corso della sua requisitoria ha dedicato un breve cenno alla situazione finanziaria del Comune nella parte in cui ha parlato di un possibile "movente" del caso Ream, prendendo comunque atto delle conclusioni dei periti. "Se c'è un movente - ha ribadito - è di natura soggettiva".
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