Enzo Bianchi lascia la Comunità di Bose: l’addio su Twitter

Piemonte
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Così l’ex priore della Comunità, che ha deciso di andare a vivere vicino a Torino: “Per alcuni giorni sono stato silente e non vi ho inviato i pensieri emersi nel mio cuore, ma un faticoso, sofferente trasloco me lo ha impedito”

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"Cari amici/e per alcuni giorni sono stato silente e non vi ho inviato i pensieri emersi nel mio cuore ma un faticoso, sofferente trasloco me lo ha impedito: per noi vecchi migrare è uno strappo non pensabile anche perché ci prepariamo all'esodo finale, non a cambiar casa e terra". Con questo tweet, postato ieri sera dopo le 22, Enzo Bianchi annuncia la decisione di lasciare la Comunità di Bose, a Magnano (FOTO), della quale è stato priore sino al gennaio 2017. Lo riporta il quotidiano la Repubblica. L'uomo si è trasferito in un alloggio a Torino.

Chi è Enzo Bianchi

Bianchi, 77 anni, dopo gli studi alla Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Torino, si è recato a Bose (era il 1965), una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l'intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, ha scritto la regola della comunità la quale conta un'ottantina di membri tra fratelli e sorelle di cinque diverse nazionalità ed è presente, oltre che a Bose, anche a Gerusalemme, Ostuni, Assisi, Cellole-San Gimignano e Civitella San Paolo. È stato priore della comunità dalla fondazione fino al 25 gennaio 2017.

La situazione a Bose

Il "trasloco" segue la visita apostolica - svoltasi tra dicembre 2019 e gennaio 2020 - nella quale la Santa Sede ha sancito il suo allontanamento dopo difficoltà di convivenza con i nuovi responsabili e alcuni membri della stessa Comunità. Già prima della visitazione vaticana - prosegue la Repubblica - la comunità di Bose aveva parlato di un "momento di un passaggio che non può non essere delicato e per certi aspetti problematico per quanto riguarda l'esercizio dell'autorità, la gestione del governo e il clima fraterno". Da Bose avevano fatto capire che il lavoro dei tre commissari, padre Guillermo León Arboleda Tamayo (abate e presidente della Congregazione Benedettina Sublacense-Cassinese), padre Amedeo Cencini (consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica), e Anne-Emmanuelle Devêche (abbadessa di Blauvac), si sarebbe dovuto concentrare proprio sull'esercizio dell'autorità, su eventuali abusi verificatisi in merito, nei rapporti fra la vecchia e la nuova leadership.

La nota

"I fratelli e le sorelle di Bose - venne scritto in una nota - esprimono sincera gratitudine a Francesco per questo segno di vicinanza e di sollecitudine paterna, che intende aiutarli, secondo quanto da Lui stesso scritto in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione, a 'meditare più intensamente sulla vostra chiamata e sulla vostra missione, affidandovi allo Spirito Santo per avere saldezza e coraggio nel proseguire con fiducia il camminò e a 'perseverare nell'intuizione iniziale'".

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