Maestra vittima di revenge porn licenziata, la sentenza: “Ci fu intento denigratorio”

Piemonte

Lo scrive il magistrato nelle motivazioni della sentenza che ha portato a due condanne per il caso della maestra d'asilo che nel 2018 perse il lavoro dopo la diffusione non voluta di immagini intime

Una vicenda in cui "l'intento denigratorio" nei confronti della persona offesa si mescola ad aspetti "morbosi" e "pruriginosi". Questo il quadro che emerge dalle motivazioni della sentenza con cui il giudice del tribunale di Torino, Modestino Villani, ha pronunciato due condanne per il caso della maestra d'asilo che nel 2018 perse il lavoro dopo la diffusione non voluta di immagini intime. (LA VICENDA - LA SENTENZA - IL REVENGE PORN)

La vicenda e le motivazioni della sentenza

Il processo ha riguardato la direttrice dell'istituto, condannata a un anno e un mese, e una delle mamme, condannata a un anno. La giovane insegnante aveva mandato delle foto a un ragazzo che frequentava all'epoca, il quale le divulgò, senza avvertirla, su una chat di amici. Quando la notizia si sparse l'insegnante fu indotta a dimettersi. Nel passa-parola, che coinvolse la direttrice e le mamme dei piccoli frequentatori dell'istituto, il contenuto delle immagini fu ingigantito, con linguaggio crudo ed esplicito, fino a tentare di far passare la maestra come "persona capace di porre in essere atti di pornografia con diversi partecipanti immortalati in più video", cosa non vera, per "esporla al pubblico biasimo". Il giudice ha annotato anche la conversazione in cui una donna, non imputata, ha chiesto "con insistenza" e "palese interesse pruriginoso" di avere i video. La mamma, imputata, le mandò solo uno screenshot "dando soddisfazione alla morbosa curiosità" descrivendo un gesto inesistente. Nella sentenza si dà atto comunque che la direttrice fu "spinta a compiere il reato dal desiderio di proteggere la propria attività lavorativa, circostanza che può indubbiamente averne offuscato le capacità valutative". Per questo la pena finale è stata ridotta.

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