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Torino, ricattano compagna di scuola con foto: iniziato il processo

Piemonte

La vicenda risale al 2017, quando uno dei due imputati ha avuto un rapporto sessuale con la ragazza nei bagni di un istituto scolastico, minacciandola poi di diffondere una immagine a luci rosse. La vittima: "Pensavo fosse uno scherzo. Poi ho iniziato ad avere paura"

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È iniziato il processo a Torino che vede imputati due 20enni accusati di avere sottoposto una compagna di scuola a ricatti sessuali. La vicenda è cominciata nel giugno del 2017 quando, in un periodo di corsi di recupero, uno dei due giovani ha avuto un rapporto sessuale con la ragazza nei bagni di un istituto scolastico e le ha scattato una foto, poi utilizzata nei mesi successivi per ricattarla in cambio di vari favori, come lo svolgimento dei compiti o il pagamento di alcune consumazioni come le pizze.

La famiglia della vittima si è costituita parte civile

L'inchiesta, coordinata dal pm Valentina Sellaroli, ha preso le mosse dopo la denuncia di una docente, che era stata allertata da altri ragazzi. La giovane, oggi 21enne, aveva avuto difficoltà nel rendimento scolastico ed era stata bocciata prima dell'esame di maturità. La famiglia si è costituita parte civile.

La testimonianza della ragazza

Durante l’udienza, la vittima ha raccontato che la vicenda all’inizio le sembrava uno scherzo tra amici. Poi, però, quando la storia è trapelata, ha cominciato ad "avere paura" e a "non riuscire più a studiare". "Pensavo che stesse guardando il cellulare, solo dopo mi ha detto che aveva preso l’immagine", ha detto la 21enne. "Scherzando, lui e l'amico mi dicevano che se non avessi fatto qualcosa per loro l'avrebbero mandata alla mia sorellina di 11 anni. Per 'qualcosa' intendevano uscire, fare i compiti, pagare la pizza". La giovane era anche costretta a chiamare il ricattatore "il mio padrone", ma "era per scherzare", ha voluto chiarire.

La denuncia

A novembre la fotografia cominciò a circolare nella scuola, ma i compagni di classe informarono i loro rappresentanti e una docente presentò una denuncia. "Avevo paura - ha aggiunto la ragazza -. I miei genitori non sapevano nulla. Nel febbraio 2018 la professoressa ha informato mio padre in un colloquio. Mia madre l'ha saputo lo scorso gennaio quando ci è stato notificato l'inizio del processo". La vittima ha poi ribadito che a causa di questa storia "non riuscivo più a studiare. Non ero concentrata abbastanza. E alla fine non sono stata ammessa alla maturità. Avevo paura che i miei lo venissero a sapere. Ma la classe già sapeva, e io ero imbarazzata". Anche secondo gli imputati la vicenda va inquadrata come uno scherzo: entrambi, in aula, hanno fatto presente che la ragazza ha continuato a frequentare il gruppo fino a pochi mesi fa.